Sequestrati e forzati a entrare in Israele

Quello che segue è il toccante comunicato stampa di Freedom Flotilla Italia per sensibilizzare circa l’ennesimo atto di pirateria internazionale della marina militare israeliana, che ha impedito alla nave francese Dignité – che si trovava in acque internazionali – di raggiungere Gaza e l’ha costretta a dirottare sul porto israeliano di Ashdod.

Sequestrati e forzati ad entrare in Israele
Comunicato stampa, 19 Luglio 2011

Sequestrati in acque extraterritoriali 16 cittadini di diversa nazionalità. L’azione non è stata commessa da pirati somali ma dalla marina israeliana. Tra i sequestrati ci sono deputati, medici, professori, giornalisti, attivisti per la pace (vedi lista passeggeri, foto e brevi biografie).

Che fine ha fatto Jérôme Gleizes, professore di Economia, direttore della rivista Ecorev, Capo della TCE in Europa? E con lui la dottoressa Jacqueine Le Corre, partita per portare aiuto sanitario alla popolazione di Gaza? Il deputato onorario del Parlamento francese Jean Claude Lefort, il capo dell’associazione ecologica Keep it Blue Jo Le Guen, l’editore Yamin Makri, la vice presidente dell’AFPS Claude Léostic, già sgradita a Israele per aver sostenuto le ragioni di Arafat, Oummeya Naoufel Seddik,il tunisino oppositore di Ben Ali? E Thomas Sommer-Houdeville, e Yannick Voisin e Hilaire Folacci e Stéphan Corriveau? E il musicista ebreo di fama internazionale Dror Feiler, anche lui imbarcatosi per rompere l’assedio, dove sarà in questo momento? Insieme al professore ateniese Vangelis Pissias, o ai giornalisti Ayyache Derradji, Amira Hass, Stéphane Guida? Quale trattamento riserverà loro Israele?

Il silenzio complice di governi importanti e di governi deboli, e la benevolenza di mass media che utilizzano aggettivazioni improprie per ridurre la portata delittuosa dei suoi reati, purtroppo consente a Israele di fare ogni cosa. Alcune agenzie pro-assedio hanno addirittura diramato la notizia che la nave Dignité è stata «pacificamente fermata». Pacificamente? non più di quanto possa essere pacifico sfilare un portafoglio con destrezza o “persuadere” qualcuno con l’ostentazione di sovrabbondanti equipaggiamenti militari a seguire una diversa rotta. Ci vergogniamo di assistere al signorsì dei nostri governanti e al silenzio-assenso dei nostri mass media, per questo abbiamo chiesto a tutta la società civile e sinceramente democratica di ritrovarsi in ogni città davanti ai consolati e alle ambasciate israeliane per esigere il rilascio della nave e dei suoi passeggeri e per ribadire che l’assedio di Gaza deve finire.

Chiediamo che i mass media non si lascino imbavagliare, ma che svolgano il compito di informazione corretta e di denuncia democratica che in tante occasioni, dignitosamente, rivendicano.

Oggi, 20 luglio, a Roma, manifestazione alle ore 18 davanti all’ambasciata israeliana in via Michele Mercati per il rilascio dei 16 attivisti sequestrati. Sarà presente anche Vauro, testimone diretto imbarcatosi sulla «Stefano Chiarini» e costretto a tornare in Italia.

Altre manifestazioni in tutta Italia.

Ufficio stampa Freedom Flotilla Italia
333.5601759 – 338.1521278

CONTACTS POUR LA CAMPAGNE « UN BATEAU FRANÇAIS POUR GAZA ».
Maxime Guimberteau – +33 (0)6 98 90 18 87
Julien Rivoire – +33 (0)6 09 62 05 44

>>> L’immagine di questo articolo è una vignetta di Carlos Latuff.

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Freedom Flotilla 2: nave francese Dignité fermata da commandos israeliani e dirottata in Israele

La nave francese Dignité, l’unica imbarcazione della Freedom Flotilla 2 che era riuscita a lasciare i porti greci e a navigare verso Gaza è stata assaltata dai commandos israeliani e portata a Ashdod, in Israele.

Al momento dell’assalto, la Dignité navigava in acque internazionali.

Leggi il comunicato stampa di Freedom Flotilla Italia.

>>> L’immagine di questo articolo è di Carlos Latuff.

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Uscire dalla crisi: idee per un modello economico alternativo al liberismo

 

Gli articoli che elenco a mo’ di indice in questa pagina (miei e altrui, interni ed esterni al blog) sono accomunati dal fatto che propongono una critica del modello economico oggi dominante (quello liberista), vero responsabile delle crisi economiche e finanziarie che si susseguono ininterrotte (almeno) dal 2008, degli attacchi speculativi capaci di portare gli Stati sull’orlo del fallimento (default), del prevalere delle agenzie di rating e dalle decisioni di organismi internazionali sulle esigenze dei popoli.

Sono, per di più, articoli che non si limitano alla critica, ma ricercano e propongono un modello economico “altro” da opporre al semplice mercato. Senza immaginare per forza la rivoluzione armata del proletariato (anche perché nel frattempo siamo diventati quasi tutt* pacifisti), si tratta di camminare verso ideali di equità e sostenibilità, anche ambientale, ovvero in direzione contraria rispetto a quella tracciata dai tanti “maghi” della finanza che, alla borsa o nelle istituzioni, tentano far rivivere la leggenda di Dooh Nibor (Robin Hood al contrario – si legga il nome da destra a sinistra), il fuorilegge che ruba ai poveri per mettere in saccoccia.

In ordine alfabetico (e, se il singolo autore è citato più di una volta, dal più nuovo al più vecchio), articoli comparsi altrove, che ri-pubblico con il consenso degli autori:

Gaetano Azzariti, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Luca Nivarra, La manovra finanziaria di Ferragosto 2011 è incostituzionale. Sottoscrivi l’appello!
Paolo Ferrero
, Una manovra costituente.
Paolo Ferrero
, I nemici li abbiamo in casa. 10 proposte per sconfiggerli.
Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Lettera aperta al governatore della Puglia.
Ugo Mattei, Il referendum cancellato.
Ugo Mattei, Il referendum ha detto no al saccheggio.
Rifondazione comunista – Federazione della sinistra Valle d’Aosta, Lettera di sostegno allo sciopero della Cgil.
Rifondazione comunista – Federazione della Sinistra Valle d’Aosta, Documento PRC – FDS sui tagli alla Valle d’Aosta.
Rifondazione comunista – Federazione della Sinistra Valle d’Aosta, Il decreto del governo visto dalla Valle d’Aosta.
Alessandro Robecchi
, E i topi fingono di abbandonare la nave.
Alessandro Robecchi, Una manovra con stile.
Guido Viale, L’Italia al bowling d’Europa.
Guido Viale, Uragano in arrivo.
Alex Zanotelli, Manovra e armi: il male oscuro (appello).

Articoli originali del blog in ordine di apparizione dal più nuovo al più vecchio (se non preciso il nome dell’autore si tratta di testi miei):

Feccia.
Non lasciamoli fare.
«Repubblica», perché??
.
L’ultima spiaggia.
Tagliare i costi della politica non è fare la rivoluzione.
C’è alternativa
!
Utilità sociale e articolo 41
.
Sotto attacco l’articolo 41 della Costituzione
.
In tempo di crisi un imperativo morale: guardarsi dai curanderos
!
Tra 28 giugno e manovra finanziaria, di Alessandro Pascale.

Link esterni:

Salvatore Cannavò, E se non pagassimo il debito?
Domenico Gallo
, La Costituzione economica, l’ultimo nemico di Berlusconi.
Günter Tews, Grecia. Verso un “genocidio finnziario”.

Racconti e altra “letteratura” sul tema in ordine di apparizione dal più nuovo al più vecchio (se non preciso il nome dell’autore si tratta di testi miei):

Elastico.
Uberto Bosso e il comizio di Testa di Legno.
45,5 miliardi
!
Rai. Per un servizio pubblico privato
.
Il discorso di Barak Obama nel Giardino delle Rose
.
Disorso di fine anno del presidente Berlusconi
.
La leggenda di Dooh Nibor
.
L’hotel pendente di Pisa
.

>>> L’immagine raffigura l’attuale ministro dell’economia nei panni di Dooh Nibor, un Robin Hood al contrario che «ruba ai poveri per mettere in saccoccia».

L’autore della vignetta è Ronnie Bonomelli che, nell’inviarmela, ha tenuto a precisare: «non è che mi soddisfi granché, ad essere sincero… ma ho scoperto che Tremonti proprio non mi esce di matita… che vorrà dire?».

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Crisi e manovra (IV) – I nemici li abbiamo in casa – di Paolo Ferrero

Pubblico, con il permesso dell’autore, un editoriale di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, comparso sul quotidiano Liberazione il 13 luglio 2011 (prima, cioè, che la manovra fosse approvata dal Parlamento). Condivido in tutto le 10 proposte per una manovra alternativa a quella poi approvata e per contrastare la speculazione finanziaria.

Le proposte di Ferrero mostrano, al di là dell’ideologia dominante, quella del pensiero unico liberista, che le politiche economiche sono, dopotutto, delle scelte e che non si può obbedire ai diktat di Confindustria o delle agenzie di rating e nel contempo pretendere di risolvere la crisi. A 10 anni da Genova 2001, è il caso di dire che un’altra economia e un’altra società sono possibili, a patto che non si proceda cocciutamente nella direzione opposta.

I nemici li abbiamo in casa. 10 proposte per sconfiggerli
di Paolo Ferrero
(editoriale di «Liberazione» di mercoledì 13 luglio 2011)

L’attacco speculativo contro l’Italia è arrivato. Se non verrà bloccato determinerà effetti molto pesanti sulla condizione sociale del paese: disoccupazione, ulteriore precarietà, taglio di salari e pensioni, taglio dello stato sociale. Come abbiamo visto per quanto riguarda la Grecia, la speculazione produce danni come una guerra e le politiche europee non costituiscono una difesa ma favoriscono la speculazione. Una guerra economica scatenata dalle classi dominanti – politiche ed economiche – contro i popoli europei al fine di cancellare tutte le conquiste ottenute dal secondo dopoguerra in avanti, sia quelle sociali che quelle democratiche.

La reazione a questo attacco speculativo è la proposta – caldeggiata dal Presidente della Repubblica – di unità tra tutte le forze politiche per approvare la manovra. Si tratta di una prospettiva non solo sbagliata ma dannosa: la manovra, come segnala anche la Cgil, non è rivolta contro la speculazione ma contro i lavoratori e lo stato sociale. L’approvazione della manovra, che è recessiva, aggraverà la situazione, mettendo a disposizione della speculazione ulteriori risorse di cui cibarsi.

Siamo quindi contro ogni forma di patto politico per approvare la manovra e riteniamo necessario opporsi alla manovra in tutti i modi al fine di evitare la sua approvazione. Occorre costruire la mobilitazione sociale contro questa manovra, che è solo l’inizio della stangata che hanno programmato a livello europeo.

Per sconfiggere la speculazione è necessario fare una manovra contro la speculazione e contro gli speculatori, cioè quei delinquenti in giacca e cravatta che vanno sotto il nome di banchieri e finanzieri e che dalla distruzione dell’economia di interi stati stanno guadagnando barche di quattrini: i nostri.

Questa è l’elementare verità che occorre gridare dai tetti in questi giorni in cui la censura verso ogni voce fuori dal coro è totale: per sconfiggere la speculazione occorre combattere la speculazione, non sparare sui popoli. Questa elementare verità si basa su una premessa: sconfiggere la speculazione è possibile. La speculazione viene presentata come un fenomeno naturale, come una specie di tempesta scatenata dagli dei. Gli ideologi del neoliberismo – che vanno sotto il nome di economisti – ci presentano il capitalismo neoliberista come fosse un fenomeno naturale. È una menzogna!

La speculazione è stata volutamente resa possibile dalla deregolamentazione di ogni aspetto dei mercati finanziari a opera dei governi e dei parlamenti. La forza della speculazione non è intrinseca ma è stata creata da decisioni politiche sbagliate assunte in questi anni in nome dell’ideologia neoliberista. La speculazione può essere sconfitta a partire da decisioni politiche che correggano gli errori del passato e costruiscano un nuovo sistema di regole.

Non è un caso che la speculazione stia attaccando l’Europa. Solo in Europa le classi dirigenti di centro destra e di centro sinistra sono state così criminali da costruire – a partire dagli accordi di Maastricht – un sistema finanziario che consegna totalmente in mano degli speculatori i destini delle nazioni e dei popoli. Solo in Europa la Banca Centrale non può acquistare i Titoli di debito degli stati nazionali, obbligandoli a cercare sul mercato – cioè dagli speculatori – le risorse necessarie a finanziarie il debito. Negli Stati Uniti la Federal Reserve può tranquillamente acquistare – come hanno sempre fatto le banche centrali di ogni singolo paese anche in Europa sino all’avvento dell’Euro – i titoli del debito pubblico.

Questa è la prima proposta che avanziamo: a livello europeo si decida che la BCE acquisti subito a al tasso di interesse fissato ufficialmente (1,5%) i titoli degli stati sottoposti ad attacchi speculativi. Questo porrebbe immediatamente fine alla speculazione perché verrebbe a mancare immediatamente la possibilità di speculare al ribasso. Se i governanti europei non assumono questa posizione vuol dire che stanno dalla parte degli speculatori e non delle nazioni che rappresentano. Invece di finanziare gli speculatori (cioè le Banche), la BCE difenda gli stati dalla speculazione!

In secondo luogo è necessario porre da subito una tassa alle transazioni speculative di capitale (denaro contro denaro) in modo da togliere convenienza economica alle manovre speculative (la cosidetta Tobin Tax). La speculazione avviene attraverso piccolissimi guadagni percentuali su masse enormi di denaro. Basta una piccola tassa per togliere convenienza alla speculazione.

In terzo luogo è necessario impedire la vendita di titoli allo scoperto. Forse non tutti sanno che nel mercato azionario italiano è possibile mettere in vendita titoli anche se non si posseggono. Questa è una delle modalità più utilizzate dagli speculatori per fare una speculazione al ribasso (come quella che stanno subendo i titoli di stato in questi giorni). In altri paesi europei – a cominciare dalla Germania – questa pratica è illegale. Che cosa aspetta il Parlamento italiano e rendere illegale anche in Italia questa pratica che ha l’unico scopo di favorire la speculazione?

In quarto luogo la speculazione viene fatta direttamente dalle Banche e dai fondi che da esse dipendono. Una delle modalità è quella di tenere “fuori bilancio” una massa sterminata di “derivati”. Si faccia una norma che impedisca alle banche di gestire i “derivati” fuori bilancio, riportando il complesso dell’attività finanziaria all’interno delle regole fissate e oggi completamente aggirate.

Se queste misure non dovessero bastare l’Italia deve ristrutturare il debito, garantendo per intero i piccoli risparmiatori e allungando unilateralmente i tempi di restituzione e le cifre da restituire alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori. Anche se nessuno ne parla, l’Islanda lo ha fatto con ottimi risultati.

Le 5 proposte sopra esposte servono a bloccare la speculazioni. Ne avanziamo altre 5 che rappresentano una manovra economica alternativa a quella proposta dal governo:
Si faccia immediatamente una tassa sui grandi patrimoni. Una piccola tassa sui grandi patrimoni che superano il milione di euro permetterebbe di abbassare le tasse ai lavoratori, ai pensionati e di dar vita a un reddito sociale per i disoccupati.

Si azzerino le grandi opere (dalla TAV in Val di Susa al Ponte sullo Stretto) e con quelle risorse si faccia un piano per rendere autonomo energeticamente ogni edificio pubblico (pannelli solari su tutti i tetti).

Si obblighino le aziende che de localizzano a restituire i finanziamenti pubblici di cui hanno beneficiato.

Si dimezzi lo stipendio dei parlamentari e si riducano gli enti inutili usando quelle risorse per stabilizzare i precari della pubblica amministrazione.

Si ritiri l’esercito dall’Afghanistan, si smetta di bombardare la Libia, si riducano di un quarto le spese militari e con quei soldi si finanzi lo stato sociale e l’istruzione pubblica.

Più pesante è la crisi e più servono scelte nette. I governanti, europei e italiani, vogliono utilizzare la speculazione come scusa per distruggere i diritti sociali e civili. Noi al contrario vogliamo mettere la mordacchia al capitale finanziario per impedire la speculazione e allargare i diritti sociali e civili.

Questa è la posta in gioco oggi in Italia e in Europa.

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Crisi e manovra (III) – Una manovra con stile – di Alessandro Robecchi

Pubblico, con l’autorizzazione dell’autore, l’articolo Una manovra con stile di Alessandro Robecchi, comparso sul manifesto del 17 luglio 2011.

Voi siete qui – Una manovra con stile
di Alessandro Robecchi

Chiamiamo le cose con il loro nome: la manovra economica varata dal governo è senza ombra di dubbio una manovra di classe. E che classe, gente! Chissà se gli onorevoli indagati, tipo quel simpatico Milanese, si sono presentati a votare la manovra con al polso cinque o sei orologi da migliaia di euro. Ci vuole una certa classe per fare come quel Papa che qualcuno vorrebbe arrestare: qualche macchinone chiuso in garage, la Jaguar regalata all’amica, la fuoriserie lucida per correre a votare i tagli agli asili nido. Classe, gente, non c’è altra parola! E don Silvio, allora? Chiuso nel suo silenzio operoso potrà gioire del fatto che l’Italia non è la Grecia grazie soprattutto ai ticket sanitari e alla bastonatura dei bassi redditi. E, con una certa classe, potrà sorvolare il paese sui due nuovi superelicotteri da cinquanta milioncini della Presidenza del consiglio. Cadauno. O, se preferite, cadano tutti e due!, che sarebbe comprensibile preghiera. Ci vuole una certa classe per tagliare le agevolazioni fiscali alle famiglie più povere in misura doppia che a quelle più ricche. È commovente sapere che gente che vive di consulenze milionarie, che spende un miliardo di euro all’anno per andare a casa con l’autista, trovi il tempo per far pagare ai cittadini la visita al pronto soccorso. La classe non è acqua. E del resto è giusto che l’esempio venga dall’alto, che la classe dirigente e le massime autorità del governo mostrino sensibilità, moderazione nei costumi, propensione al risparmio. Tipo vivere gratis a casa di un amico come ha fatto il ministro dell’economia. Fatelo anche voi e non avrete gli aggravi previsti per i mutui. Ci vuole polso fermo per guidare un paese, ma anche un po’ di stile non guasta, la forma è importante. Chissà come apprezzano gli otto milioni di italiani poveri. Diranno ammirati: però, che manovra di classe!

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L’hotel pendente di Pisa

Il solo hotel pendente al mondo, 5 stelle, 296 scalini, situato in Pisa (Italia). Listino prezzi: bassa stagione, stanza unica, attico con cella campanaria, € 500 a notte, colazione con piccolo supplemento (€20); alta stagione: € 750, supplemento colazione € 25. Tipologia: momumento nazionale ceduto a impresa privata del settore alberghiero per contenere il debito pubblico. Allo Stato il 19% delle entrate.

[tratto da G. Tremonti, «Tra Moody’s e Bruxelles. Mille sistemi creativi per conseguire il rientro del debito dello Stato» Milano, Mondadori, 2011; pp. 375, € 20 + donazione facoltativa per aiutare, responsabilmente, il Paese]

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Crisi e manovra (II) – Il referendum ha detto no al saccheggio – di Ugo Mattei

Seconda puntata del percorso intorno alla manovra di «lacrime e sangue», oggi purtroppo legge, «fortissimamente» voluta da finanza, imprenditori, Quirinale e governo. Dal manifesto del 14 luglio, con il permesso dell’autore, ripubblico un testo di Ugo Mattei, che mette giustamente in evidenza come la privatizzazione dei beni comuni debba essere considerata – per i prossimi 5 anni – incostituzionale, in quanto in contrasto con l’esito referendario.

Il referendum ha detto no al saccheggio
di Ugo Mattei

Il saccheggio torna prepotentemente sulla scena della politica italiana. Sul piano strutturale la manovra finanziaria, nella retorica e nei contenuti, muove importanti passi in direzione ellenica. Sia la Grecia che l’Italia, per far fronte ad uno shock creato ad arte a fini di predazione, dovranno infatti vendere beni pubblici e comuni per ottemperare, come ha detto Tremonti, a richieste pervenute «in lingua inglese». Anche ammesso che questa richiesta internazionale sia pervenuta davvero e non sia stata la solita menzogna per collocare la responsabilità altrove (ricordate quando ci dicevano che la legge Ronchi era comunitariamente obbligatoria e quindi non sottoponibile a referendum?), c’è una differenza profonda fra la Grecia e l’Italia. Se Tremonti fosse stato onesto avrebbe dovuto rispondere semplicemente che in Italia per i prossimi cinque anni privatizzare i servizi pubblici è incostituzionale e non può esser fatto.

Esattamente un mese fa il popolo italiano si pronunciava a maggioranza assoluta per cancellare il cosiddetto decreto Ronchi, che prevedeva stringenti obblighi di privatizzazione del servizio idrico integrato (acqua) e degli altri servizi pubblici di interesse generale (in primis trasporti e raccolta rifiuti). La sua abrogazione esclude per cinque anni la possibilità di porre in essere scelte politiche incoerenti con l’esito referendario. Non si obietti che la volontà del popolo sovrano è stata rispettata escludendo il servizio idrico dal pacchetto delle nuove privatizzazioni, che diventeranno possibili in modo ancor più privo di garanzie formali. In campagna referendaria gli avversari del sì avevano abbondantemente raccontato al popolo italiano che il referendum costituiva una “truffa” perché una campagna interamente condotta a proposito dell’acqua avrebbe travolto, in caso di vittoria, anche gli altri servizi pubblici. Con la questione si era misurata anche la Corte Costituzionale gennaio, orientandosi ad ammettere il referendum contro il Ronchi (e quindi non solo in materia d’acqua) proprio perché il significato politico del quesito era univoco e consisteva nel richiedere agli elettori se intendessero riequilibrare un rapporto fra pubblico e privato che, nel ventennio della fine della storia, aveva, ad avviso dei promotori, eccessivamente favorito quest’ultimo. Il referendum in sostanza chiedeva al popolo sovrano se intendesse “invertire la rotta” sulle privatizzazioni ponendo le basi per un ripensamento del rapporto pubblico-privato capace di farsi carico anche della questione dei beni comuni. Né i promotori avevano mai negato la più ampia portata dei referendum. Anzi molti di noi hanno continuato a chiedere l’immediata ripresa della discussione sul rapporto fra pubblico-privato sulla base della proposta della Commissione Rodotà che ancor oggi giace in Senato. Come noto quella proposta era alla base della redazione dei quesiti sull’acqua.

La maggioranza degli italiani ha deciso che dalla crisi si esce con un settore pubblico forte, ben strutturato ed efficiente, e non indebolito da continue privatizzazioni volte solamente a far cassa al di fuori di qualunque pubblico interesse e prive di uno schema giuridico di riferimento. Dobbiamo attrezzarci per fermare anche questo ennesimo tentativo di saccheggio. Non credo che le opposizioni parlamentari possano servire alla bisogna.

>>> Nell’immagine, l’autore all’Espace Populaire di Aosta. Ugo Mattei, giurista, docente universitario in Italia e negli Stati Uniti, collaboratore del manifesto e promotore dei referendum sull’acqua, è autore, insieme all’antropologa Laura Nader, del libro Il saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali.

>>> Leggi l’articolo Crisi e manovra (I) – un articolo di Guido Viale.

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