Non lasciamoli fare

Non lasciamoli fare, perché sono loro che ci hanno spinti nel baratro economico, esposti alla rovina sociale. Quando un autista non sa guidare, lo si cambia – patente o non patente. Quando non è cosa di autista e sono sbagliati il mezzo, il tragitto, la meta, si scende e si va a piedi, si cambia strada, si consulta la carta geografica o i compagni di viaggio.

Non lasciamoli fare, perché quelli che hanno originato la crisi non possono essere quelli cui viene affidato il compito di curarla, anche perché della crisi si sono avvantaggiatisalvo poche eccezioni – e ora non possono ripetere che siamo sulla stessa barca, per la ragione ovvia che non lo siamo affatto (a meno che non abbiate anche voi un panfilo, nel qual caso lasciate pure perdere questo mio articolo).

Non lasciamoli fare, nemmeno in base al principio che per difendere il lavoro occorre difendere l’impresa, perché – semplicemente – non è vero. O credete realmente che ci sia tutela del lavoro nel difendere gli interessi lobbystici di chi vorrebbe meno garanzie e salari più bassi, promettendo in cambio investimenti che non farà e che non si capisce a che cosa dovrebbero servire? Qual è, in altre parole, il fine del gioco? Far stare meglio tutti, sia pure – se volete – in proporzione al ruolo, oppure limitarsi al conseguimento di utili più alti? Che cosa significa che la tale azienda è “cresciuta”, se per farlo ha tagliato il numero dei propri occupati o ne ha trasformato i contratti (e i diritti) in modo da assicurarsi la più ampia libertà di licenziare – anche senza «giusta causa» – o di non prolungare un ingaggio a tempo molto determinato? Qual è il modello di società cui si va incontro?

Non lasciamoli fare, solo perché il Partito democratico sotto sotto vuol fare le stesse cose, benedicendo i Marchionne, i Montezemolo, i Profumo, invece di tornare a chiedere non dico il socialismo, ma almeno un poco di equità socio-economica.

Non lasciamoli fare, solo perché il Partito democratico vuol fare le stesse cose, dalle grandi opere inutili e impattanti, che in un periodo come questo gridano vendetta al cielo anche solo per il loro costo economico, alle spese militari, a tutto ciò che ultimamente viene nobilitato con il termine «riformismo», un ritorno al passato, molto spesso, a prima delle garanzie e dei diritti conquistati attraverso decenni di lotte dei lavoratori.

Non lasciamoli fare e non temiamo il conflitto. Se gli interessi divergono non c’è alchimia, non c’è «ma anche» che tenga. Lavoratori e imprenditori sono oggi portatori di interessi non solo differenti, ma propriamente opposti. Quanto alle forme del conflitto, riempiamo le piazze con la nostra intelligenza e la nostra fantasia, non ci nascondiamo, abbiamo il coraggio di dire apertamente non solo la nostra sacrosanta indignazione, ma il progetto di economia e di società che abbiamo in mente.

Non lasciamoli fare, perché loro ci mettono poco – hanno i media, i soldi, il potere – per diffondere i loro modelli comportamentali, gli obiettivi che hanno deciso dobbiamo condividere.

Non lasciamoli fare, perché c’è alternativa, perché la crisi esiste solo se la accetti, se accetti regole del gioco scritte a Washington, a Londra, Bruxelles o Pechino, ma che potresti – come Stato – rifiutare, accettando il fallimento di un’impresa o di una banca, a patto di poter intervenire tu in economia, assumere lavoratori, gestire direttamente servizi, ciò che il liberismo ha deciso di vietare, anche se 27 milioni e passa d’italiani non sembrerebbero d’accordo, a giudicare dall’esito del referendum di giugno.

Non lasciamoli fare, neanche dal punto di vista individuale, perché le alternative sono anche nella vita di ognuno. Non accettiamo i ruoli che ci vengono imposti (sfruttati-sfruttatori-consumatori-consumati), non accettiamo forme di controllo sempre più invasive sulla nostra vita, i nostri gusti, le nostre passioni, le nostre abitudini, gli acquisti.

Non lasciamoli fare, boicottiamo i loro prodotti, scegliamo criticamente beni e servizi, facciamo gruppo, coalizziamoci, coltiviamo un orto senza rinchiuderci nel nostro giardino, diffondiamo informazione, cultura, alternative al rincoglionimento televisivo obbligatorio, rifiutiamo di investire i nostri risparmi in borsa (armi, sfruttamento, quant’altro), riduciamo le transazioni a base di denaro, magari riscopriamo il piacere di scambiarci un favore.

Non lasciamoli fare, solo perché quella descritta qui sopra non è ancora la rivoluzione, come se la somma dei comportamenti individuali non importasse, quando – a ben vedere – è questa che dà loro potere e che ci rende fino in fondo schiavi.

Oggi6 settembresi sciopera. Aderisco allo sciopero con entusiasmo, contro una manovra iniqua e con molti tratti di incostituzionalità e contro tutti quelli che – a destra come nella sedicente sinistra parlamentare – hanno detto che scioperare è un errore, che è sbagliato, che non è il momento. Nessun clima di unità nazionale è possibile con chi è responsabile della rovina del Paese, il quale da sempre è alle prese con enormi problemi ma in fondo un poco di stato sociale era riuscito a costruirlo.

Cercheranno di vanificare lo sciopero e le mobilitazioni di oggi, di negarne l’importanza di sminuirne la portata. Cercheranno di isolare questa giornata come un episodio di folklore. Ma non dobbiamo fermarci, dobbiamo riempire le piazze (già detto), dobbiamo tenerli sotto pressione. Non solo Berlusconi, non solo il governo. È tutto il sistema (economico) che bisogna cambiare.

Non lasciamoli fare. Non lasciamoli stare.

>>> Le vignette su Marchionne e quella su Tremoniti-Dooh Nibor (Robin Hood al contrario) sono opera di Ronnie Bonomelli.

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