Vecchi, donne e bambini – Una lettera a Francesco Cossiga

 
 Signor Cossiga (da me poco stimato, se posso parlar franco),
 ho deciso di mettere mano alla penna, come cittadino, per chiedere a lei, ex Capo dello Stato, ex garante della Costituzione e Presidente della Repubblica «emerito», la ragione di alcune affermazioni per me davvero sconcertanti e, più in generale, quale ritenga debba essere lo scopo dello Stato.
 Sono propenso a credere che questa «lettera aperta» (che pubblico sul mio blog e in altri spazi on line) non le sarà gradita, eppure essa costituisce un tentativo onesto di capire che cosa stia accadendo nei Palazzi del potere e quale sia il modo oggi prevalente d’intendere la funzione della politica e il senso stesso della democrazia.
 Sono un insegnante di scuola media e mi ritengo, per quanto riguarda il mio ambito professionale, un addetto ai lavori. Vivo e lavoro in Valle d’Aosta, una regione all’interno della quale la protesta contro le “innovazioni” del ministro Gelmini è stata finora più contenuta che altrove (una certa chiusura regionale e una situazione di relativa autonomia decisionale dovuta allo Statuto speciale hanno contribuito a mantenere premuta la sordina). Non per questo sono meno convinto che la “riforma” del governo sia un tentativo di smantellare la scuola pubblica, troppo scomoda da tenere sotto controllo quando si desidera trasformare in tante pecorelle obbedienti i cittadini. E non per questo sono meno convinto dell’alto valore formativo che la lotta degli studenti avrà nella costruzione della loro personalità e nell’arricchimento delle loro coscienze e conoscenze. Si tratta, a quanto penso, di un bellissimo esempio di studio applicato dell’educazione civica. Continua a leggere

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Campi rom e moschee solo col referendum

 
 Non bastano le elezioni per essere democrazia.
 Contano i principi.
 L’Italia è una repubblica democratica, che crede nell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e pretende che un reato sia punito con la medesima pena per tutti, senza «aggravanti» o «immunità» legate all’identità del colpevole.
 Quand’anche fosse il Capo dello Stato. O il ministro Alfano.
 L’Italia è una repubblica democratica, che crede nella pace. Ci crede così tanto che manda i suoi soldati in Afghanistan, a sostenerla con le armi.
 L’Italia è una repubblica democratica, e crede che tutti i cittadini siano uguali. Indipendentemente dalla loro appartenenza etnica e culturale. Indipendentemente dalla loro religione.
 Ieri il Senato della Repubblica ha approvato due emendamenti Continua a leggere

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Dal Molin, we can change

 
 Copio e incollo dal sito No Dal Molin un comunicato del Presidio Permanente di Vicenza rilasciato subito dopo la vittoria di Obama nelle elezioni americane. Data la sordità della nostra classe dirigente verso le esigenze della città (e verso la volontà di pace e autonomia dalle scelte di Washington espressa più volte da milioni di persone in tutto il Paese) sarà proprio la nuova Amministrazione Usa a portare una speranza di lieta risoluzione della vicenda Dal Molin? Chissà. L’iniziativa presentata qui sotto (le cartoline da inviare a Obama) costituisce, in ogni caso, l’ennesima prova della fantasia e della capacità d’inventiva di una cittadinanza, quella vicentina, che nella lotta contro la base militare ha saputo farsi comunità e ha avviato uno straordinario percorso di ricerca, destinato, certamente, a migliorare le relazioni e, più in generale, la qualità della vita di un territorio. Un esempio da seguire nella lotta contro i tanti orrori di questa Italia imbarbarita, tenendo ben ferma una certezza: che «il futuro è nelle nostre mani». 



 

 Dal Presidio Permanente:

  
 […] “Dal Molin, yes, we can change” sarà il frontespizio delle migliaia di cartoline che il Presidio Permanente ha già mandato in stampa e che saranno disponibili dalla fine della prossima settimana per essere inoltrate dai cittadini al nuovo Presidente degli Stati Uniti […]
 Elezioni Usa: il commento di Cinzia Bottene
 

 L’America è un posto dove «si può dimostrare il potere della democrazia per riportare la prosperità e la pace»: queste saranno le parole, pronunciate la scorsa notte da Barack Obama, che migliaia di vicentini scriveranno al vincitore delle elezioni presidenziali statunitensi.
 
 “Dal Molin, yes, we can change” sarà il frontespizio delle migliaia di cartoline Continua a leggere

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L’Orlando curioso – storia di un paparazzo (I)

 
 Ha dichiarato Paris Hilton che gli uomini la sfruttano (per il sesso e i soldi). Sull’Isola dei Famosi, intanto, l’ex parlamentare Vladimir Luxuria ha svelato la tresca Belen-Rossano. Leggo pure (non so a che proposito) un auspicio o un proclama che suona: «Basta mignottocrazia». È la pagina iniziale del mio gestore di posta elettronica, che tutti i giorni mi propina questi titoli, con relative foto, se solo voglio aprire il mio account e controllare chi mi ha scritto. E in mezzo alle voci di gossip ci sono, alla rinfusa, altre notizie di cronaca e politica, come se tutto fosse la stessa roba. Non so se quanto ho detto è in qualche modo emblematico della nostra società. Non so se mi devo indignare o pensare che è normale. E in fondo nessuno mi obbliga a cliccare sui pettegolezzi. Però qualche volta m’incuriosisco e clicco. Perciò ho deciso di pubblicare sul blog un… poema in endecasillabi!, che scriverò man mano, dal titolo assai significativo: «L’Orlando curioso», la storia di un paparazzo di nome Orlando, ficcanaso per mestiere.
 
 Intanto, pare che la Commissione europea stia lavorando nell’ombra per introdurre nei 27 Stati dell’Unione l’agricoltura geneticamente modificata, cosa che, stranamente, il mio gestore di posta elettronica non dice. E probabilmente in Italia tornerà il nucleare, tanto per stare allegri, coi suoi pericoli e soprattutto le sue scorie.
 
 Ah! Come avete passato, ieri, l’anniversario della VITTORIA?
  

 Pubblico, a mo’ di assaggio, i primi versi del poema. Per il seguito occorrerà pazientare…
 
 Orlando curioso
 Canto I (1-48)

  

 Le dive, le veline, i grandi attori,
 politicanti e milionari canto,
 col flash dipingo, coi dovuti onori, Continua a leggere

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Roma, 22 novembre – Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne

 
 Rilancio dal blog Femminismo-a-Sud, a mo’ di presentazione della manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne, che si svolgerà a Roma il 22 novembre, con partenza alle ore 14.00 da piazza della Repubblica.
 
 «La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo. La violenza fa parte delle nostre vite quotidiane e si esprime attraverso la negazione dei nostri diritti, la violazione dei nostri corpi, il silenzio.
 Un anno fa siamo scese in piazza in 150.000 per dire NO alla VIOLENZA MASCHILE e ai tentativi di strumentalizzare la violenza sulle donne, da parte di governi e partiti, per legittimare politiche securitarie e repressive e torneremo in piazza anche quest’anno perché i governi cambiano ma le politiche restano uguali e, al giorno d’oggi, peggiorano» [continua a leggere l’articolo].
 
 Per chi tendesse a sottovalutare la portata del fenomeno, magari perché onestamente convinto di vivere in un Paese civile ed evoluto, propongo un «bilancio approssimativo dei femminicidi in Italia nel 2008», reperito sempre su Femminismo-a-Sud e realizzato da Indymedia Piemonte, sito dal quale traggo l’immagine di questo articolo [
«Otaïti», di Francis Picabia].

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30 ottobre: No Gelmini, Aosta, le foto della manifestazione

 
 Innanzitutto una proposta: chi festeggia Halloween può pensare seriamente a mettere la maschera del ministro Gelmini (magari può mettersi d’accordo con gli amici e fare una cosa di gruppo, con le effigi di Silvio, Renato, Maurizio, Roberto e chi più ne ha più ne metta).
 In secondo luogo un sospiro di sollievo per una manifestazione molto partecipata e per la notizia che l’opposizione parlamentare forse farà opposizione per davvero, organizzando un referendum abrogativo contro la legge di "riforma" della scuola.
 Infine, tutta la mia gioia nel vedere le vie del centro di Aosta attraversate da una marea di ragazze e ragazzi delle scuole superiori (ma anche delle medie) e qualche docente (non troppi, per la verità). Ho anche incontrato tanti miei alunni degli scorsi anni, il che mi ha fatto doppiamente piacere. Preciso che ho sempre cercato di non influenzarli, perché non credo sia quello il compito di un insegnante di scuola media. A protestare ci sono arrivati da soli. Pubblico alcune foto della giornata; per ingrandirle, cliccateci sopra.


 PS: Nel pomeriggio ho visto degli striscioni fuori dell’Institut Agricole Régional e mi sono fermato per fotografarli. Un tipo è uscito a chiedermi perché facevo quelle foto, come se fosse vietato usare la macchina fotografica in strada… Gli ho detto che mi piacevano gli striscioni e ho saputo che erano lì per la manifestazione, ma che la scuola non era occupata. Peccato, ho pensato, anche se il buon Maroni ha promesso di denunciare tutti gli occupanti



 


 
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Scuola: Calamandrei, Gelmini e lo sciopero del 30 ottobre

 1. Il voto del Senato
 
 Ora che i giochi sembrano fatti, con il Senato della Repubblica che ha trasformato in legge il decreto n. 137 del 1° settembre 2008 (la cosiddetta «riforma Gelmini»), voglio citare anch’io, a modo di epitaffio, il discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso in difesa della Scuola nazionale, l’11 febbraio di 58 anni fa, un testo che ha avuto tanta fortuna, negli ultimi giorni, su blog e giornali. Calamandrei ipotizza un «partito dominante», interessato a instaurare una «larvata dittatura», per giungere alla quale è necessario «trasformare le scuole di Stato in scuole di partito». Un’operazione necessaria per prendere il potere senza cessare, «formalmente», di rispettare «la Costituzione»:
 
 Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza.
 Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
 Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?
 Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. Continua a leggere

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