Campi rom e moschee solo col referendum

 
 Non bastano le elezioni per essere democrazia.
 Contano i principi.
 L’Italia è una repubblica democratica, che crede nell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e pretende che un reato sia punito con la medesima pena per tutti, senza «aggravanti» o «immunità» legate all’identità del colpevole.
 Quand’anche fosse il Capo dello Stato. O il ministro Alfano.
 L’Italia è una repubblica democratica, che crede nella pace. Ci crede così tanto che manda i suoi soldati in Afghanistan, a sostenerla con le armi.
 L’Italia è una repubblica democratica, e crede che tutti i cittadini siano uguali. Indipendentemente dalla loro appartenenza etnica e culturale. Indipendentemente dalla loro religione.
 Ieri il Senato della Repubblica ha approvato due emendamenti all’articolo 18 del ddl 733 («Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»), che subordinano
all’indizione di un referendum popolare la realizzazione di «aree attrezzate alla sosta delle popolazioni nomadi» [leggi campi rom], o quella di «nuovi edifici destinati a funzioni di culto» riservati alle «confessioni religiose che non abbiano stipulato intesa con lo Stato secondo quanto disposto dall’articolo 8 della Costituzione» [leggi moschee].
 Gli abitanti dei comuni interessati dovranno dire se sono d’accordo. Se non lo saranno, niente campi rom, niente moschee.
 Le chiese cattoliche non hanno bisogno di referendum.
 Le basi militari americane si fanno anche contro i referendum.
 Le moschee no, invece.
  

 Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi.
 
 Sono i cinque senatori, i cinque «rappresentanti» del popolo italiano che hanno avanzato la proposta. La storia li giudicherà.
 O forse se li dimenticherà, perché oggi sono troppi i censori e la storia non se li può mica ricordare tutti.
 Allora scriviamo
noi i nomi e mettiamoli alla gogna.
 Sergio Cofferati si appresta a porre il coprifuoco alle osterie di Bologna (alle 22).
 Gianni Alemanno ha sgombrato l’Horus di Roma.
 A Milano clienti e prostitute hanno subito le prime multe.
 Chissà se a Eboli è ancora vietato baciarsi per strada.
 Chissà se Alemanno ha già chiesto ad Amato di fare una commissione per decidere la lunghezza minima consentita delle minigonne.
 Ho visto Walter Veltroni faccia a faccia col ministro Frattini. Parlavano della necessità delle grandi opere, prima fra tutte la TAV. Frattini diceva che per impedire ai manifestanti di bloccare i lavori serviva anche – extrema ratio – la polizia. Veltroni diceva che per fare la TAV non servono le forze dell’ordine, ma i soldi. Del parere degli abitanti dei territori attraversati non ha detto niente nessuno.
 Veltroni diceva anche che le grandi opere mettono in circolo il denaro, fanno crescere il Pil. Frattini annuiva.
 Ma il dissenso esiste e, di questi tempi, è una bella novità. Giovani e adulti condividono le stesse vie e le stesse piazze nelle manifestazioni, nelle lezioni all’aperto, negli scioperi che il ministro Sacconi vorrebbe limitare. Protestano contro lo smantellamento della scuola pubblica, contro la fine dello stato sociale.
 Fanno democrazia partecipativa. Praticano l’educazione civica, come richiesto dal ministro Gelmini.
 Perché «difendere l’accesso ai saperi e l’istruzione […] significa difendere la possibilità di ognuno di noi a opporsi e indignarsi di fronte alle tante imposizioni quotidiane ai danni delle donne e degli uomini che vivono le nostre città, le nostre campagne, le nostre valli e le nostre montagne», come hanno scritto i movimenti No Dal Molin e No TAV al movimento studentesco.
 Perché, come afferma Francesco Raparelli sulla prima pagina del manifesto di oggi, ci troviamo di fronte a un bivio epocale: da una parte «accettare la dismissione delle garanzie pubbliche», dall’altra «riconquistare democraticamente il welfare» e «trasformare questa riconquista in una grande sfida di nuova politica».


 Materiali:
 L’emendamento sui campi rom nel sito del Senato
 L’emendamento sulle moschee nel sito del Senato
 L’articolo 8 della Costituzione italiana.

Questa voce è stata pubblicata in General. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Campi rom e moschee solo col referendum

  1. Eliolibre scrive:

    Ho dedicato un post che contiene un’intervista rilasciata al Secolo XIX, alla morte della grande Miriam Makeba, l’idimenticabile Mama Afrika. Lo trovate quì:
    http://wwwmondolibero.blogspot.com

I commenti sono chiusi.