Scuola: Calamandrei, Gelmini e lo sciopero del 30 ottobre

 1. Il voto del Senato
 
 Ora che i giochi sembrano fatti, con il Senato della Repubblica che ha trasformato in legge il decreto n. 137 del 1° settembre 2008 (la cosiddetta «riforma Gelmini»), voglio citare anch’io, a modo di epitaffio, il discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso in difesa della Scuola nazionale, l’11 febbraio di 58 anni fa, un testo che ha avuto tanta fortuna, negli ultimi giorni, su blog e giornali. Calamandrei ipotizza un «partito dominante», interessato a instaurare una «larvata dittatura», per giungere alla quale è necessario «trasformare le scuole di Stato in scuole di partito». Un’operazione necessaria per prendere il potere senza cessare, «formalmente», di rispettare «la Costituzione»:
 
 Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza.
 Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
 Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?
 Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali.
 C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata.
 Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).
 Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle.
Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private.
Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito.
Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private.
Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private.
 A "quelle" scuole private.
 


 (P. Calamandrei)


 
 A qualcuno
ricorda qualcosa?
 
 2. E adess
o?
 

 Lo faccio lo sciopero dei Confederali, ci mancherebbe.

 Lo faccio in solidarietà con le ragazze e i ragazzi che in tutt’Italia hanno messo in pratica le lezioni di educazione civica volute dal ministro Gelmini, manifestando, occupando e, in una parola, lottando per i propri diritti, primo fra i quali avere voce in capitolo quando si decidono i destini di un servizio che li riguarda in prima persona.
 E tuttavia, guardate che stranezza: il 29 è approvata la legge e lo sciopero avviene il 30. Il giorno dopo. Quando, in teoria, non c’è più nulla da fare. E questo mi sembra indicativo, purtroppo, della scarsa convinzione con cui i Confederali, una volta di più, difendono i diritti dei lavoratori e le conquiste dello Stato sociale. Sono contento di avere scioperato con i Cobas, piuttosto (sì, ministro Sacconi, due scioperi in un mese!). Ma credo che in queste settimane di mobilitazione, Cgil, Cisl e Uil avrebbero dovuto fare (e non hanno fatto) la loro parte. Ora si conteranno le cifre dell’adesione e si giudicherà dai numeri la salute del sindacato. Come dai numeri dei partecipanti alla manifestazione del 25 ottobre si vuole giudicare lo stato di salute dell’opposizione parlamentare. Ma i numeri non bastano: ci vuole la costanza, perché la resistenza a questo governo sarà una cosa lunga, che dovrà farsi operazione culturale. Soprattutto ora, che si mette un tassello importante nel disegno di sfascio della scuola di tutt*.
 Faccio questo sciopero come un atto dovuto. Ma spero che saranno proprio le ragazze e i ragazzi di cui ho detto a mostrare quella costanza oggi imprescindibile per non arrendersi, per continuare la lotta e sperare l’impossibile. Quella costanza che i Confederali hanno perso.

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2 risposte a Scuola: Calamandrei, Gelmini e lo sciopero del 30 ottobre

  1. Antonella scrive:

    Quello che non capisco è come si possa ignorare e non urlare e non piangere e non disperarsi per quello che ci sta accadento. Per la rassegnazione che fa parte del nostro quoitidiano, per un paese che, a differenza di tutti gli altri rinnega la giustizia, l’uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge, il diritto all’istruzione e (statene certi)tra pochi mesi anche quello alla salute. Siamo qui a guardare ciò che succede a sottolineare se si è votati a destra o a sinistra quando sta venendo a mancare la base della democrazia. Ma che schifo. Che vergogna! come non scandalizzarsi? Come non pensare in questo momento che l’unico rimedio sia quello estremo?

  2. Mario scrive:

    Antonella, sono d’accordo con te, anche se non so bene quale sia il “rimedio estremo”. La disperazione pubblica con lacrime e casseruole in piazza? La rivoluzione? Ma chi la farà la rivoluzione, se siamo tutti ipnotizzati dalle finte emergenze dei telegiornali? Tutto sommato (e questo è il vero dramma), il governo Berlusconi ha consenso nel Paese… Credo che ci sarà da lavorare parecchio per cambiare questa mentalità, e se sarà rivoluzione, sarà rivoluzione culturale! Del resto hai perfettamente ragione: qua ci fanno a pezzi. Letteralmente, perché, come dici, tra pochi mesi toccherà al diritto alla salute… In ogni caso, spero che il movimento studentesco continui a lottare, nonostante il voto di ieri, perché ragazze e ragazzi sono riusciti a procurare al governo Berlusconi la prima vera grana dall’insediamento a oggi. E questo lascia sperare… Se solo quel che è rimasto dell’antiberlusconismo e dell’Italia onesta facesse corpo attorno a loro!

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