Funziona davvero la pubblicità sessista?

Fate finta di non aver notato che l’ultimo post pubblicato s’intitola Che cosa ci distingue da Bin Laden? (voglio dire che tutte queste domande retoriche potrebbero far pensare a una specie di rimbambimento pre-senile).

Fate anche finta che la domanda sia vera.

Nel dépliant che pubblico come immagine di questo articolo – un volantino trovato oggi 7 maggio in uno studio fotografico di Aosta – è presentata l’inaugurazione di un negozio di abbigliamento. «Te la do’ gratis» si legge a un certo punto, accanto alla foto di una ragazza che si sta slacciando il bikini. Che cos’è dunque che sarà dato gratis, a chi presenzierà all’inaugurazione? Difficile equivocare: «…una maglietta!», com’è specificato subito dopo.

Naturalmente potremmo limitarci a considerare il tutto una semplice battuta, un fulgido esempio magari di quella satira del costume (da bagno) contro cui è legittimo prendersela solo quando parla male dei politici, in particolare del presidente del consiglio. Il problema è che ormai questo genere d’ironia (ironia?) è diventato un mezzo molto comodo per chi deve (dovrebbe) fare lo sforzo di reclamizzare qualcosa, e nel contempo terribilmente lesivo della dignità femminile. Ricordo, qualche anno fa, un succo di mela che si chiamava «Mela Dai» e c’è una bevanda che per nome ha «Fi.Ga.», giusto per capire di cosa stiamo parlando.

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Che cosa ci distingue da Bin Laden?

Ho sempre trovato interessante che i governanti dei Paesi occidentali per apparire buoni cristiani (dote un tempo necessaria perché il trono veniva da Dio, oggi facoltativa ma non troppo) alternino le belle parole alle leggi confessionali, quelle che calpestano il concetto di laicità delle istituzioni dello Stato e sembrano fatte per “imbrigare” i cittadini (si confronti, per l’intelligenza del lettore, la poesia di Cecco Angiolieri, «S’io fossi foco», vv. 5-6: «s’ i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, / ché tutt’ i cristiani imbrigherei»).

Allo stesso modo è significativo che detti signori considerino il proprio atteggiamento d’intolleranza «razionale» e persino «democratico», salvo etichettare quello altrui come un esempio di «fanatismo». Certo, c’è differenza tra il massacrare indiscriminatamente gli «infedeli» con le bombe e il lasciarli naufragare al largo di Lampedusa, mentre cercano di raggiungere una fetta di pace e benessere: tutta la differenza di una sana ipocrisia veicolata dai media televisivi.

Pare che il defunto Bin Laden, un tempo, avesse dichiarato che se Al Qaeda ce l’aveva con gli Usa ma non aveva mai attaccato la Svezia un motivo doveva esserci. I fortunati che riuscissero a trovare in biblioteca, se non in commercio, il libro di Paolo Barnard «Perché ci odiano?» (io, eventualmente, una copia da prestare ce l’ho) potrebbero approfondire il concetto. Naturalmente uno che dirotta aerei di linea per farli schiantare contro grattacieli pieni di civili non esiterebbe a colpire Stoccolma invece di Washington, se solo avesse un tornaconto; voglio dire che non credo nelle motivazioni ideali di chi non esita a spargere il sangue e, onestamente, l’eventuale tentativo di santificare Bin Laden, di farne un martire o una vittima non mi appassiona per niente.

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6 maggio, Aosta: le foto della manifestazione

A riguardare le foto che pubblico in questo articolo, ho avuto l’impressione che Aosta oggi fosse una città città normale, una città viva. Non capita tutti i giorni, del resto, nel capoluogo della regione più piccola d’Italia, di vedere tanta gente in strada per una manifestazione di protesta, di entrare in piazza Chanoux sulle note di Guccini o di percorrere via De Tillier cantando «Soffia il vento».

In strada c’erano tanti studenti (memorabile una ragazza che, al telefono, gridava stupita: «Stiamo facendo sciopero in strada e ci sono anche i nostri professori!»), i cittadini dei comitati in difesa del territorio e i “cittadini semplici”, lavoratori che – come dicevano gli adesivi – «stiamo scioperando per voi»; e poi, naturalmente, la Cgil, qualche partito, tante facce conosciute e anche tanti amici.

Pubblico, di seguito, qualche foto, soperando di rendere l’atmosfera di oggi. Continua a leggere

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Sciopero generale e no pir(l)ogassificatore

Lo sciopero di venerdì 6 è sciopero generale, contro il governo degli interessi personali e dello sfascio, quello che sta scippando i referendum perché l’acqua sia privata e si vada avanti con il nucleare, quello che azzoppa la giustizia in modo da salvare uno solo (o al limite i suoi amici), quello che si schiera con i Marchionne di turno, che schiera i Brunetta, che vorrebbe tornare ai rapporti di produzione e lavoro del XIX secolo, spacciandoli per «riformismo».

Partecipiamo tutt*, indipendentemente da considerazioni del tipo «tanto non serve» oppure «sono di un altro sindacato» o ancora «non posso permettermi di perdere un giorno di paga» (l’unica, fra le tre, che abbia un briciolo di senso). Non si tratta del solito scioperino, ma di un’occasione da non perdere per mandare un segnale. Almeno proviamoci, per una volta!

Nella mia città, Aosta, a partire dalle 10 del mattino, è previsto un presidio in via Croce di Città, organizzato dalla Cgil, al quale hanno aderito anche i comitati cittadini, alcune forze politiche e associazioni studentesche.

>>> Non c’entra con lo sciopero, ma con la cittadinanza attiva sì: venerdì sera presso il salone comunale della Grand-Place di Pollein (Aosta) si svolgerà una serata informativa sui problemi per la salute legati alla costruzione di un pirogassificatore, prevista dalla Regione Valle d’Aosta per la gestione dei rifiuti locali. Alla serata interverranno alcuni esperti che proporranno possibilità di smaltimento alternative all’incenerimento, tanto per sfatare il mito che chi non vuole un’opera dannosa non abbia in realtà nient’altro da proporre.

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Un seminario in memoria di Vittorio Arrigoni

Ricevo e diffondo dall’ISM (International Solidarity Movement) Italia il programma di un seminario in memoria di Vittorio Arrigoni, che si terrà a Milano questo sabato, 7 maggio.

ISM-Italia Seminario in memoria di Vittorio Arrigoni
Milano, sabato 7 maggio 2011
Teatro Verdi – Via Pastrengo 16 MM2 Stazione Porta Garibaldi

9.30-10.00 Welcome e registrazione – Sessione di apertura.
10.00-10.15 Perché questo seminario – Alfredo Tradardi, ISM Italia.
Coordina Enzo Brandi, ISM Italia.
10.15-11.15 – Sessione 1: Remembering Vik Utopia.
L’umanità di Vittorio – Don Giorgio De Capitani, parroco*.
La parola di Vik in rete  – Daniele Frongia, ISM Italia.
Gaza. Restiamo umani, un breviario laico, Alfredo Tradardi, ISM-Italia.
11.15-11.45 – Interventi e dibattito.
11.45-13.00 – Sessione 2: Palestina e mondo arabo, quale futuro?
Le rivolte democratiche delle società arabe e la lotta dei palestinesi, Jamil Hilal, sociologo.
Israele di fronte alle rivolte delle società arabe, Giorgio S. Frankel, giornalista.
13.00-13.30 – Interventi e dibattito.
13.30-14.00 – Lunch.
Coordina Enzo Brandi, ISM Italia.
14.00-15.00 – Sessione 3: Il rapporto Goldstone.
Il rapporto Goldstone, Gianfranca Scutari**
Le riconsiderazioni di Richard Goldstone, Pietro Beretta**
15.00-15.30 – Sessione 4: Raccogliere una eredità morale e politica.
I nodi cruciali della solidarietà con la resistenza palestinese, Diana Carminati, ISM Italia.
Impedire l'”occupazione” israeliana di piazza del Duomo, Grazia Raffaelli, ISM Italia.
15.30-16.30 – Interventi e dibattito.

* Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lc).
** Curatori della traduzione in italiano del rapporto Goldstone.

Ad ogni partecipante sarà chiesto un contributo di 10 euro. Per iscriversi bisogna inviare un’e-mail a sem7maggiomilano[at]gmail.com

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Il festival dell’inconsistenza

Questa è una piccola réclame, ma non lasciatevi sviare dal titolo: non appena avrò un attimo di tempo, parlerò del concerto del 1° maggio, che non è poi una cosa così inconsistente, dicendo come sarebbe potuto essere senza Finardi che canta «Fratelli d’Italia» e la parola «PATRIA», tutta maiuscola, sul palco.

E che cosa fa la «PATRIA», ad esempio in Libia, lo sappiamo troppo bene.

Dirò anche quale impressione ha suscitato in me la morte di Bin Laden. Dopo 10 anni, evidentemente, pensano che una notizia come questa significhi ancora qualcosa e i cittadini statunitensi, buoni cristiani, festeggiano la morte di un uomo con le bandiere e i cartelloni, per strada.

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Caro Mario ti scrivo – a proposito dei bombardamenti italiani in Libia

Ho ricevuto una lettera dall’amico Francesco Lucat, scritta all’indomani della decisione del governo italiano di bombardare la Libia, naturalmente al nobile fine di aiutarne la popolazione civile; la pubblico volentieri, anche se con qualche giorno di ritardo.

La lettera è molto acuta e – trovo – poetica, e permeata da un grande senso di umanità. Di mio aggiungo solo che trovo esemplare che in questo benedetto 2011 dai tanti anniversari, siamo talmente persi dietro alla storia del Paese, che dopo i 150 anni abbiamo deciso di celebrare anche il primo centenario dell’avventura coloniale in Libia, recando in dono all’ex colonizzato bombe nuove.

Il testo della lettera.

Caro Mario ti scrivo

Caro Mario, ieri 26 aprile, mi sono alzato e… ho visto il mondo in mi 7: «prendo il giornale e leggo che…», cantava Celentano.

Leggo che: «L’ Italia bombarderà la Libia», come annuncia, orgogliosamente, La Stampa. E Marta Dassù commenta di spalla: «Ora potremo influire sugli alleati»! Ah, che sollievo. Ero proprio preoccupato che anime belle come Sarkozy, Cameron e la grande speranza Obama non tenessero in alcun conto il nostro importante parere. Invece siamo tornati ai bei tempi – ti ricordi? – quando George W. Bush abbracciava il nostro… papi(?)  parlando di lui come di un alleato fedele. Che cosa vuoi che importi, di fronte a questa sublime prospettiva, il rischio (che al 99,99% si tradurrà in realtà) di ammazzare qualche decina o centinaia di civili libici, donne e bambini compresi? Si chiamano “danni collaterali”. In fondo, come ci ha mostrato il video girato da Vittorio, tutti i giorni gli israeliani difendono i loro diritti(?) ammazzando un po’ di palestinesi e questo non toglie il sonno né l’appetito a nessuno (neanche a me, lo confesso, però me ne vergogno). Ma no, cosa andiamo a pensare, loro (non scrivo i loro nomi, mi fanno schifo) ci hanno assicurato che saranno azioni mirate, chirurgiche, di precisione. E poi la decisione è venuta dopo una telefonata con Obama: possiamo stare tranquilli no? Anche il Presidente della Repubblica ci tranquillizza: la scelta di bombardare la Libia è «il naturale sviluppo delle scelte compiute». E a me vengono in mente Karl Aage Praest, Gigi Riva, Mariolino Corso, Gino Stacchini, GiampaoloMenichelli e Maurilio Prini. Che c’entrano? Erano tutti calciatori dei miei tempi, tutte ali sinistre che, come voleva la regola di allora, avevano sulle spalle il numero 11. Come quell’articolo della Costituzione che recita, recita… non mi ricordo più bene, parla di divorzio, no di ripudio… boh?

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