Domani 25 luglio in tutta Italia si svolgeranno visite parlamentari “a tappeto” nei centri di identificazione ed espulsione (Cie) per dire no alla censura imposta dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, che a partire dal primo aprile vieta l’ingresso nei Cie alla stampa e alle associazioni.
L’appuntamento è per le ore 11.00, davanti ai Cie di Roma, Modena, Gradisca, Torino, Milano, Bari e Trapani.
Lo stesso giorno altre delegazioni visiteranno il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo (Catania) e i centri di prima accoglienza di Lampedusa, Porto Empedocle (Agrigento) e Cagliari.
L’iniziativa è stata promossa da sindacato e ordine dei giornalisti insieme a un gruppo di parlamentari, dopo il primo appello pubblicato su Fortress Europe, che pubblico di seguito.
Sempre da Fortress Europe prendo questo ragionamento: «i Cie non si chiudono se alla base non c’è una visione alternativa della frontiera e del diritto alla libertà di circolazione. E quella visione oggi non c’è. Ma per crearla bisogna prima creare una massa critica. E per fare questo c’è bisogno di rompere la censura su quei luoghi. E di raccontare, raccontare, raccontare».
«Per questo Fortress Europe sostiene la campagna del 25 luglio, senza timore di farsi strumentalizzare dalla politica. E invita tutti a fare lo stesso e a farsi vedere davanti i Cie della propria città».
LasciateCIEntrare
mobilitazione del 25 luglio
CIE (Centri di Identificazione) e CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo), sono da tempo OFF LIMITS per l’informazione, luoghi interdetti alla società civile e in cui soltanto alcune organizzazioni umanitarie arbitrariamente scelte riescono a entrare. Una circolare del Ministro dell’interno, la n. 1305 emanata il 1° aprile 2011, ha reso ancora più inaccessibili tali luoghi, fino a data da destinarsi, in nome dell’emergenza nordafricana. Giornalisti, sindacati, esponenti di associazionismo antirazzista umanitario nazionale e internazionale, presenti nel territorio in cui sono ubicati, sono considerati secondo detta circolare «un intralcio» all’operato degli enti gestori e per questo tenuti fuori. Questo si traduce di fatto in una sospensione del diritto-dovere di informazione che si va ad aggiungere alle tante violazioni già riscontrate in questi centri. Non potendo entrare diviene legittimo pensare che in essi si determinino condizioni di vita inaccettabili e ripetute violazioni dei diritti. Le poche fonti reperibili di notizie diventano i video registrati da cellulari, dagli immigrati trattenuti nei centri, le lettere che riescono a partire dall’interno, le telefonate e le testimonianze rese da chi esce o fugge, e quanto arriva non è certo dimostrazione di trattamento rispettoso dei diritti umani. Il prolungamento votato nei giorni scorsi dal parlamento, che consente di trattenere le persone non identificate nei Cie fino a 18 mesi, aumenta il disagio e la sofferenza in cui si ritrovano persone che non hanno commesso alcun reato. Gravi lacune si registrano poi nell’esercizio del diritto alla difesa. A tale scopo chi opera nell’informazione ritiene fondamentale avere modo di poter far conoscere alla pubblica opinione quanto in questi luoghi avviene, le ragioni dei continui tentativi di fuga e rivolta, dell’aumento dei casi di autolesionismo che spesso sfociano nel tentativo di suicidio. L’informazione deve poterne parlare, la società ha il diritto di sapere. Così come migranti e i cittadini stranieri hanno il diritto di essere informati e assistiti dai legali, dalle associazioni e dai sindacati.
Per questo il 25 luglio parlamentari di numerose forze politiche, consiglieri regionali, giornalisti, sindacalisti, associazioni e attivisti della società civile saranno davanti ad alcuni CIE e CARA italiani per reclamare il diritto ad accendere i riflettori su queste strutture e sulle persone che vi sono trattenute.
Comitato promotore:
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