Se rimane acceso il Tg1

Può capitare di rifugiarsi in una stanza ombrosa per sfuggire – come si può – alla canicola del dopopranzo salentino e ritrovarsi a pigiare i tasti del computer davanti a uno schermo che qualcuno ha dimenticato acceso.

Può capitare che, in quel momento, trasmetta il Tg1.

Per chi ne fa uso quotidiano, l’abitudine val forse a formare un qualche velo protettivo, una pellicola volta a preservare lo spettatore dagli assalti dei giornalisti della testata televisiva più seguita.

Per me, che tale abitudine non ho, è un’esperienza abbastanza forte da sentire il bisogno di raccontarla.

In qualche minuto di tg, ho scoperto che lo sciopero dei mezzi pubblici è una specie di estemporaneo sopruso, un’aggressione portata da lavoratori privilegiati a poveri cittadini, italiani e stranieri, che non possono difendersi in alcun modo, se non raccontando i loro guai alle telecamere.

Non le ho contate, erano troppe le interviste a gente che aspetta da ore nelle stazioni: che dovevano dire? Di essere contenti perché gli auto-ferro-tranvieri sono ancora in grado di lottare per i propri diritti? Han detto che erano stufi di aspettare – e questo è l’unico messaggio che è passato.

C’è stato poiin mezzo a varia cronaca – un servizio sul decennale di Genova 2001, dal quale “ho appreso” che sì, vi fu «qualche eccesso» da parte delle forze dell’ordine che attaccarono nottetempo la sede del Genoa Social Forum, ma che i nostri bravi poliziotti dovevano a tutti i costi snidare i pericolosi Black Bloc che si nascondevano in mezzo agli attivisti “normali”.

“Ho appreso” anche o, meglio, ho ricordato e sentito riportare come un dato di fatto inoppugnabile, che l’assassinio di Carlo Giulianimanifestante ucciso da un carabiniere con un colpo d’arma da fuoco alla testa, tanto per ricordare di che cosa stiamo parlando – è dovuto al fatto che il colpo, nelle intenzioni soltanto intimidatorio, «è stato deviato da un sasso».

Così l’alta scuola di giornalismo del Tg1. Così una fetta consistente dell’informazione italiana.

C’è poi chi, come Beppe Grillo, vorrebbe togliere il finanziamento pubblico a tutti i media. Il Tg1 o «Il Giornale» di Berlusconi, o anche «Repubblica» o il «Corriere» non hanno bisogno di nessun contributo: appartengono tutti ai padroni del vapore.

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