Il primo referendum propositivo in Italia (qualcuno comincia a parlarne…)

  A quanto pare, qualcosa si sta muovendo. A furia di mandare email in giro la notizia dell’appuntamento del 18 novembre sta varcando i sacri confini della Regione. Ricapitolo brevemente: per la prima volta in Italia – ma altrove è già consuetudine – il cittadino diventerà legislatore, nel senso che se il quorum sarà raggiunto (è sufficiente il 45%) e se viceranno i sì le proposte di legge presentate dal comitato referendario saranno trasformate in leggi regionali. Obbligatoriamente. Questo significa che è il cittadino che decide e nessun altro per lui. Chi non è d’accordo con le proposte in esame può votare No, naturalmente… Ma invito tutte e tutti a votare, a non ascoltare le sirene di chi sta impostando la propria campagna sull’invito all’astensione. Il voto è un diritto e un dovere e spiace doverlo ricordare a chi da trent’anni (l’Union Valdôtaine) ha responsabilità di governo… Intanto, a furia di mandare email, qualcosa si è ottenuto. Del referendum parlano i siti che linko qui sotto. Siccome senza grandi mezzi a disposizione si è già ottenuto qualcosa (è bastata la posta elettronica) invito tutte e tutti gli interessati a fare lo stesso e inondare di mail i principali siti d’informazione. E’ la prima volta che in Italia c’è uno strumento come questo; estendiamolo a tutte le regioni: non lasciamocelo portare via!
 
 Tra l’atro, ho scoperto che c’è una petizione on line per chiedere al Parlamento italiano di introdurre il referendum propositivo in tutta Italia e abbassare il quorum del referendum abrogativo. Io ho firmato l’8 novembre 2007 ed ero il n… 49! Di solitoin queste petizioni ci sono migliaia di firme: diamoci da fare!
  

 Hanno lanciato la notizia (in rigoroso ordine alfabetico): Beppe Grillo, espace populaire, Gli Amici del Vallone di Comboé, io (eh eh!), Piero Ricca, referendumvda.org, Vera Informazione.


 Sull’argomento leggi anche questo e questo.
 Sulla politica valdostana leggi Curzio Maltese su Repubblica.
 
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Siamo tutti rumeni

 Superare (in camion) la Bossi-FiniQualche settimana fa, all’indomani della manifestazione del 20 ottobre a Roma, ho pubblicato un appello ai 4 partiti della sinistra d’alternativa: Rifondazione comunista, Partito dei Comunisti italiani, Sinistra democratica e Verdi. Naturalmente ho inviato un’email col testo dell’appello ai segretari di questi partiti e, come ho già detto altrove, è successa una cosa molto strana: finalmente qualcuno mi ha risposto. Mi hanno scritto prima Oliviero Diliberto, segretario nazionale dei Comunisti italiani, poi il ministro Fabio Mussi, leader della Sinistra democratica. Entrambi si son detti d’accordo con me sulla necessità di unire la sinistra, e anche sulla piattaforma che proponevo, quella della manifestazione del 20. «Lavoro e pensioni», quindi, «riequilibrio della ricchezza, conquista del diritto al reddito e all’abitare, diritti civili e laicità dello Stato, cancellazione delle leggi contro la libertà, cittadinanza e pienezza di diritti per i migranti, taglio delle spese militari, fine delle servitù militari, ritiro dall’Afghanistan, rifiuto della guerra preventiva di Bush»: tutti punti estremamente qualificanti, per una politica capace di lasciarsi alle spalle anni di delirio liberista. «Anche», aggiungevo, «qualora questo dovesse comportare l’uscita dall’esecutivo», perché non si possono accettare certe cose senza snaturare completamente se stessi (e perdere l’appoggio della base). Continua a leggere

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Appello dell’Espace populaire per il 18 novembre – Il primo referendum propositivo d’Italia

  Un manifesto elettorale in Piazza Chanoux, ad AostaPubblico l’appello che abbiamo scritto come Arci Valle d’Aosta per far conoscere l’appuntamento elettorale del prossimo 18 novembre: in Valle d’Aosta, infatti, si terrà il primo referendum propositivo d’Italia. Qualcuno, nel Palazzo, invita a disertare il voto. "Pas de sens, pas de vote" è il suo slogan. Niente senso, niente voto. Trovo scorretto che chi governa inviti all’astensione. Trovo che ognuno possa decidere CHE COSA votare, ma il fatto di votare non è solo un diritto: è anche un DOVERE civico. Nel frattempo, nel resto d’Italia, non si parla minimamente di questo strumento popolare, per ora ancora unico nella storia del nostro Paese. Neanche come gossip. Ma tornerò sull’argomento: ora lascio spazio all’appello.
 
 In una pubblicità di alcuni anni fa, la Valle d’Aosta era raffigurata come un’isola. Così è rimasta nell’immaginario collettivo, se è vero che basta partecipare a una manifestazione nazionale (quella dello scorso 20 ottobre a Roma) perché un sacco di gente si raduni intorno allo striscione «La sinistra della Valle d’Aosta». «Ma siete la sinistra dell’Union Valdôtaine?», ci domanda uno. E ancora: «Parlate francese o italiano?». Della regione più piccola d’Italia, in effetti, non si conosce molto e questo fatto ha risvolti sull’immobilismo, sociale e politico, della vita valdostana, governata da 30 anni dallo stesso partito. Una situazione che favorisce l’arroccamento intorno al proprio ombelico e rende difficile il confronto con i fenomeni e i processi che si sviluppano nel resto del Paese. Eppure a volte, come per incanto, la nostra realtà periferica vive un sussulto e nascono cose nuove, difficilmente prevedibili in una regione a conduzione semi-famigliare. È il caso del prossimo 18 novembre, quando i cittadini valdostani saranno chiamati a esprimersi su una nuova legge elettorale attraverso un referendum propositivo. Continua a leggere

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Dopo Diliberto, mi risponde anche Mussi

 La piazzetta della Cittadinanza attiva

 
 Ebbene sì, anche se non ci sono abituato (in vari mesi nessuno s’è mai degnato di rispondere alle mail contenute nella sezione Posta prioritaria di questo blog), siamo alla seconda risposta "istituzionale". Dopo il segretario nazionale dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, mi ha scritto anche il ministro Fabio Mussi, leader di Sinistra democratica. Al di là delle analisi, noto con un pizzico di contentezza che in Italia, oltre a chi non vede l’ora di mettere il bavaglio a internet, c’è anche chi accetta di rispondere alle domande di un normale cittadino. E’ il gioco democratico, credo. Come già il segretario Pdci, anche Mussi si dice d’accordo con la mia analisi, tranne che in un punto: dove parlo del "ricatto della caduta del governo amico". Il ministro considera positivamente il fatto che tutta la sinistra sia rappresentata al governo, anche perché, ammonisce: "Dopo questo governo, cosa c’è?".
 Beppe Grillo direbbe che il ministro è attaccato alla poltrona. Ma il problema sollevato da Mussi è reale ed è lo stesso sollevato da tanti che la poltrona neppure ce l’hanno: che cosa c’è dopo questo governo? Gli entusiasmi del 20 ottobre sono già lontani e se l’esecutivo non supererà la finanziaria sembra scontato il ritorno della destra. A me piace moltissimo leggere la posta dei lettori sui giornali. Trovo che sia importante per capire come ragiona la gente, che cosa teme o spera. E sul manifesto di ieri (5 novembre 2007) c’era l’ennesimo grido d’allarme contro chi cerca di far cadere il governo, perché dopo Prodi c’è Silvio. Marco De Luca, di Milano, si chiede ad esempio perché nuove elezioni dovrebbero premiare il centrosinistra se, dopo "cinque brucianti anni di governo Berlusconi, tensione e esasperazione dei cittadini democratici in crescendo, mobilitazione politica massima e costante" la vittoria di questa maggioranza è avvenuta "per un voto", con la destra ampiamente maggioritaria in senato.
  Che cosa occorre fare? Sarebbe stupido prendere sottogamba queste considerazioni (che poi sono le stesse del ministro Mussi). Ma non rinuncio a credere che l’unica possibilità sia lanciare una politica di sinistra: Prc, Pdci, Sd e Verdi dovranno essere loro stessi, credere e fare ciò che dicono, anche a costo di uscire dal governo.
  Diversamente, la loro base li abbandonerà.
E dopo sarà troppo tardi.
 Anche la risposta del ministro Mussi si trova in calce all’Appello alla Cosa rossa.


 La foto di questo articolo l’hanno scattata i miei che si trovavano, credo, a Matera, nella Piazzetta della Cittadinanza attiva.

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Ritalin.org (pubblicità progresso)

 

 
 Ritalin.org
forse non esiste, però non si sa mai, perché bisogna sempre aspettarsela l’organizzazione "benefica" desiderosa di aiutare i nostri bambini coi suoi prodotti fatati, capaci di curare in fretta chi troppo presto viene etichettato come "malato mentale". In principio sono i test psicologici, poi il giudizio: ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. Io che sono insegnante a scuola media l’ho visto qualche ragazzo iperattivo… Una volta gli davi le note, adesso "gira" altro. Nel 10% dei casi, i bambini indirizzati alle varie terapie psichiatriche sono trattati con psicofarmaci amfetaminici. In pratica, sballano alle elementari. Quasi 8 milioni di bambini sono curati con farmaci negli Usa. Quasi 400 sono morti a causa dei trattamenti. 17 milioni di bambini nel mondo sono sotto trattamento psichiatrico. Ovviamente, il giro d’affari è molto grande.
 Senza voler fare di tutta l’erba un fascio (non sono un esperto, assolutamente), rinvio al sito di chi se ne occupa. Cliccate sul banner "pubblicitario" qui sotto.

 
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Ricordando i caduti della guerra

 Il monumento ai caduti nella piazza principale di AostaIeri era il primo novembre e mi dispiace di aver mancato l’appuntamento con il giorno in cui si ricordano i caduti di tutte le guerre. È il tempo della memoria, che dovrebbe indurre noi fortunati abitatori d’Occidente a riflettere sul nostro presente fatato, derivante dal fatto che conosciamo la pace da circa un sessantennio. Poiché, salvo poche incursioni nel nostro territorio (i crolli dell’11 settembre, le bombe dell’11 marzo a Madrid e, al limite, il terrore di piccoli gruppi diluito nel tempo), la guerra si tiene lontana dalle nostre case. È un bene che ciò avvenga, naturalmente, anche perché non la sopporteremmo: non siamo più abituati. Della guerra noi non riusciremmo a concepire non dico i bombardamenti, ma i semplici disagi: il fatto che una lettera possa essere spedita e non arrivare a destinazione, che un treno parta soltanto quando può e giunga solo se ci riesce. Altri sono i Paesi, altri i popoli che hanno imparato a convivere con le difficoltà dei mondi senza pace.
 Forse per questo, nell’illusoria speranza di perpetuare all’infinito la nostra tregua, siamo così impegnati a promuovere altrove il conflitto: si vis pacem para bellum, dicevano i romani. Se vuoi la pace prepara la guerra. Ma, grazie alla nostra opera, le conseguenze della guerra si stanno facendo avanti, spingendosi fino a noi, fino alle nostre terre. Gli americani per primi stanno pagando con 3845 vittime proprie (e chissà quante altrui) la politica estera del loro Presidente e Comandante in Capo e anche per l’Italia c’è stata Nassiriya. Per non parlare del dramma dei rapiti, dove non sempre si giunge al lieto fine, talvolta anche a causa del cosiddetto «fuoco amico». Continua a leggere

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Il primo referendum propositivo in Italia (e nessuno ne parla)

 Visita il sito del referendumForse non tutti sanno che il prossimo 18 novembre in Valle d’Aosta si terrà il primo referendum propositivo della storia d’Italia. Votando cinque semplici quesiti, i cittadini potranno trasformare in legge altrettante proposte (quattro rigurdano la riforma del sistema elettorale regionale, una la costruzione di un nuovo ospedale in sostituzione delle tre strutture oggi esistenti nel territorio). Per “trasformare il cittadino in legislatore”, sarà necessario un quorum del 45% degli aventi diritto al voto. Il testo delle proposte è consultabile nel dettaglio qui. Per ora mi limito a evidenziare l’aspetto di straordinaria novità dell’iniziativa: con il referendum, normalmente, è possibile abrogare in tutto o in parte norme già esistenti, non crearne di nuove. Quello propositivo è allora uno strumento davvero democratico, che va incontro al desiderio dei cittadini di vivere in prima persona la vita politica della loro comunità, aspirazione più volte evidenziata negli ultimi anni dall’attività di associazioni e movimenti e da fenomeni fra loro diversi (le primarie dell’Unione e quelle del Partito democratico, il V-Day, la manifestazione del 20 ottobre a Roma), ma tutti tendenti a coinvolgere direttamente cittadini stanchi, in vario modo, della distanza che intercorre tra i rappresentanti e i loro rappresentati. Cartelloni elettorali per il sìTrovo strano che la notizia della consultazione popolare ormai prossima non abbia suscitato l’interesse dei media (e dei partiti) nazionali, soprattutto dal momento che si tratta di una novità assoluta, cosa che dovrebbe far gola a un’informazione sempre più orientata verso (mi si perdoni l’italiano) il gossip e lo scoop.
 Ogni giorno, aprendo la pagina principale della posta elettronica, m’imbatto in una serie di notizie importanti, giustapposte senza gerarchia: il governo in pericolo, le mutande della Gregoraci, le nuove sevizie praticate da qualche immigrato ai danni di italiani. Il formidabile elemento d’innovazione costituito dalla possibilità concessa al cittadino di votarsi da solo una legge non ha saputo conquistare neanche questo spazio. Che cosa c’è dietro? Perché la mia regione continua a essere la più isolata d’Italia? Perché nel resto del Paese non si sa nulla di quello che succede qui tra i monti, fatta eccezione per la cronaca (vedi la storia infinita del delitto di Cogne) o le catastrofi (l’incendio nel Traforo del Monte Bianco, l’alluvione del 2000)?
 Per conto mio, m’impegno a fare il possibile per vincere il silenzio. Di qui al 18 novembre tornerò più volte sul referendum, sulle proposte di legge, su chi, invitando tutti ad astenersi, si sta prodigando per boicottarlo. Un invito a tutti: facciamoci sentire! Informiamoci, parliamone in giro, scriviamo ai giornali, raccontiamolo in rete.
 A risentirci!
 

 Visita il sito www.referendumvda.org!


 Sull’argomento leggi anche l’Appello dell’espace populaire e guarda chi ha lanciato la notizia.

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