Tcheu son ya – Storia di un esodo dimenticato

 La Valgrisenche (Aosta)Tcheu son ya. Chissà che vuol dire: sembra una lingua esotica. Poi scopro che si tratta del dialetto della mia regione, il patois, il franco-provenzale. Significa «se ne sono andati tutti». Tcheu son ya è il titolo di un film girato da un giovane regista bresciano, Davide Vanni, che ha conosciuto la Valgrisenche qualche anno fa (vi ha fatto il pastore, d’estate, per tre mesi) e vi è tornato per filmarne la storia. Proiezione all’espace populaire di Aosta, presenti il regista e il sindaco di Valgrisenche, Piergiorgio Barrel.
 
 Un passo indietro, al 1959, appena qualche anno dopo la fine della guerra. Una diga taglia in due la Valgrisenche, costringendo la popolazione che vive a monte della parete di cemento ad andarsene. Sevey, Beauregard, Supleun, Fornet, Chapuis, Uselières, Surrier: 7 villaggi saranno sommersi dal lago artificiale generato dalla diga, 150 persone dovranno abbandonare le loro case. In cambio, sarà prodotta elettricità, per consentire la rinascita italiana del secondo dopoguerra. «Fino all’ultimo minuto, la gente non voleva andarsene», racconta il sindaco Barrel. «Restava a osservare le cose che aveva, case, terreni, sommerse dall’acqua». «Una volta si nasceva, si viveva e si moriva nello stesso posto».
 
 
Tcheu son ya restituisce il sapore di un mondo che non c’è più, ripercorre le vicende degli antichi protagonisti della costruzione della diga e degli abitanti costretti a emigrare in altri comuni della Valle d’Aosta. Pone l’accento sul sopruso perpetrato dall’autorità (statale) e dall’interesse (economico) su una comunità che vive nella vallata a partire (se ricordo giusto) dal XII secolo.La diga di Valgrisenche (Aosta) Ma la voce dei protagonisti (gli ultimi rimasti, oppure i loro discendenti), volutamente in dialetto (sottotitolata in italiano), più che dell’accusa ha il tono della rassegnazione, della nostalgia. Erano anni che si sentiva parlare della costruzione di un lago artificiale, ormai la gente non ci pensava più. I primi rilievi dell’Ansaldo erano stati effettuati nel 1935. Nessuno si era degnato di spiegare agli abitanti che cosa sarebbe stato di loro. Ma a partire dal ‘52 fu necessario abbandonare i villaggi.
 
 Oggi la diga di Valgrisenche è utilizzata per un decimo della sua capacità: dopo la tragedia del Vajont, il bacino è stato rapidamente svuotato, facendo calare il livello di un metro al giorno per venti giorni, perché si temeva per la stabilità del terreno. In questa maniera è stato scongiurato il pericolo di un nuovo disastro, ma oggi la popolazione della Valgrisenche si chiede che cosa fare per attenuare l’impatto del muro di cemento che taglia in due la valle. «Si è pensato di abbassare il muro», spiega Barrel, «tagliandone la sommità, e di risistemare la zona a monte creando un lago con finalità turistiche». Lavori per centinaia di milioni, ma la Valgrisenche ha sofferto abbastanza la presenza della diga e ora cerca soluzioni per il proprio futuro.
 
 
Clicca per allargare l'immagineAl di là dell’aspetto politico, del documentario ho apprezzato soprattutto le immagini, la capacità di Davide Vanni di ridestare le atmosfere di un mondo perduto. Ho pensato ai libri di Mauro Corona, all’interno dei quali lo scrittore-alpinista-scultore descrive il mondo lontano della sua infanzia, i mestieri di allora, la vita dura, ma vera, prima della tragedia del Vajont.
 


 
 
Sono andato a Valgrisenche apposta per le foto. Quella grande mostra la vallata inquadrata in maniera da escludere la diga e dà l’idea di ciò che doveva essere il panorama di questa zona prima dello scempio. La seconda foto mostra il muro di cemento, che taglia in due la valle. Qui accanto, se volete, trovate un piccolo “collage”. Cliccateci sopra per vederlo nelle sue dimensioni reali.

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Una dedica

 

 

 Sì, è una festa sentimentale e consumistica, lo riconosco, però, un piccolo segno…
 

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Tutti contro il PD o la sinistra muore (di Giulietto Chiesa)

 Copio e incollo dal sito Megachip (che pubblica con una licenza Copyleft, che incoraggia la libera riproduzione e diffusione del materiale) un articolo di Giulietto Chiesa sull’«ultima possibilità» della sinistra istituzionale. Sconfortato, in attesa delle elezioni, cercherò di proporre analisi della situazione (mie e altrui) per cercare di vedere cos’è ancora fattibile… L’articolo è anche comparso sul manifesto di oggi (13 febbraio 2008).
 
 Tutti contro il PD o la sinistra muore
 
di Giulietto Chiesa

 
 
Giulietto Chiesa all'espace populaire di AostaNon c’è più tempo per l’analisi e, del resto, non ce n’è nemmeno troppo bisogno. Perché le cose sono divenute chiare da sé. E’ tempo di decisioni e di chiarezza. Do il mio contributo, anche perché sollecitato a farlo da più parti.
 Andiamo a elezioni che significheranno una grave sconfitta dell’intero movimento democratico, non soltanto della sinistra. Chi ha provocato questa catastrofe? L’elenco dei responsabili è lungo. In esso trovano posto anche tutti e quattro i soggetti della “cosa rossa”. Ma il posto principale è tutto del Partito Democratico di cui, non a caso, il portabandiera oggetto delle più ampie lodi dei poteri forti, è Walter Veltroni. Lasciamoglielo!
 Incredibile a dirsi c’è ancora gente che pensa che il Partito Democratico sia un partiro di sinistra. Moderato ma di sinistra. Invece l’operazione – di successo – che questa sigla ha compiuto è quella di traghettare al centro una parte dell’ex elettorato di sinistra. Non c’è scusante per chi finge di non accorgersene. Il Partito di Montezemolo non può rappresentare gli operai della ThyssenKrupp, o i precari.
 Veltroni annuncia di correre da solo, scaricando tutti gli alleati del centro-sinistra che si sono dissanguati e anche abbastanza sputtanati a sua difesa. I partiti della “cosa rossa” vanno a pietire alla sua corte invece di capire, finalmente, che i giochi sono stati chiusi. Balbettano perché non si rendono conto, nemmeno adesso, che non c’è più partita alle vecchie condizioni. Subita la sconfitta pensano a un nuovo centro-sinistra con il Partito Democratico. Non vedono che sarà il Partito Democratico a negarglielo. E ciò è tanto più inescusabile di fronte all’evidenza: dopo le elezioni Berlusconi e Veltroni si metteranno d’accordo per cambiare insieme la Costituzione e la legge elettorale. Per questo, se lo scarto tra la destra e il PD sarà contenuto, potranno ancora meglio coprire l’inganno, dicendo che non se ne può fare a meno. A quel punto potranno, con vantaggio reciproco, chiudere i conti con tutte le opposizioni, privare i cittadini di ogni possibilità di reazione organizzata e democratica, blindare, con un bipartitismo tanto perfetto quanto truffaldino, la scena politica del paese. Poi si combatteranno, come si combattono democratici e repubblicani in America, ma all’interno della Casta, pronti a bastonare chiunque si opporrà ai loro termovalorizzatori, alla privatizzazione dell’acqua, alla privatizzazione della giustizia, al monopolio dell’informazione.
 C’è una sola risposta possibile, opposta a quella che alcuni della “cosa rossa” stanno già avanzando: Veltroni corra da solo dappertutto. Continua a leggere

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La “cultura” dell’illegalità – Incontro con Sandro Ruotolo

 Il giornalista Sandro Ruotolo all'espace populaireLe facce e i commenti dei presenti all’incontro di domenica all’espace esprimono apprensione e sconforto all’idea di tornare a votare per i partiti che hanno dato vita a questa legislatura, per di più con la stessa legge elettorale che li ha insediati. Assieme a Sandro Ruotolo doveva essere presente il magistrato Luigi De Magistris, ma è stato trattenuto a Roma da un impegno. Così a parlare è solo il giornalista di Anno Zero, che traccia un quadro decisamente sconfortante della situazione, salvo poi invitare a non abbandonarsi al pessimismo. E ce la mette tutta per trovare qualche elemento di speranza, indicando come positivo almeno il tentativo messo in atto da Veltroni e Berlusconi di semplificare il quadro politico (che, sia detto tra parentesi, a me lascia piuttosto indifferente, anzi, mi dà fastidio, perché prospetta una poco appetibile alternanza tra due partiti uguali). I temi trattati, però, sono molto interessanti, in particolare quando Ruotolo racconta la sua esperienza degli ultimi mesi in Campania, per seguire l’emergenza rifiuti.
 Ma la serata – come ti sbagli – prende le mosse da Ceppaloni, dall’affaire Lonardo-Mastella, dall’evoluzione del concetto di tangente dalla prima alla seconda Repubblica. Fino agli anni ’90, spiega il giornalista, regnava sovrana la mazzetta. Oggi la politica tende piuttosto a piazzare i suoi uomini nei vari ambiti della pubblica amministrazione, in particolare nella sanità. Il meccanismo non è quello della bustarella, ma piuttosto il ricatto di far cadere giunte (o governi, nota mia), in modo di ottenere l’assunzione dei propri candidati. Non trattandosi di corruzione tramite denaro, in questo caso il solo elemento probatorio a disposizione dei magistrati inquirenti sono le intercettazioni ambientali e telefoniche. Il che spiega per quale motivo il  Cavaliere abbia fatto della questione della privacy il primo punto del suo nuovo programma elettorale. Si veda, in proposito, la famosa telefonata tra Berlusconi e Saccà, nella quale la compravendita di parlamentari è facilitata dalla collocazione delle soubrette in Rai.
 «È questo», dice Ruotolo, «che sta diventando il nostro Paese». Continua a leggere

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Che cosa penso del V 2 Day

 Per spiegare cosa penso di questo secondo
V-Day devo spiegare che cosa penso di Grillo,
etichettato da più parti come
populista e campione dell’antipolitica. Un poco penso bene e un altro poco no,
come succede spesso, ma nel complesso mi sembra che le proposte del comico
genovese siano politica e non il suo contrario
. Non amo il Grillo che scivola
sull’allarme sicurezza (come pure è successo), utilizzando toni abbastanza
razzisti
(forse oltre le intenzioni) e facendo il gioco di quelli che – a destra come a sinistra –
utilizzano la strategia della tensione per tenere buono il cittadino. Non amo
il Grillo che parla di «sacri confini della Patria» o quello che dimentica i
bei discorsi intorno a un’economia diversa, non incentrata su di un modello di
sviluppo insostenibile, per poi accodarsi alle analisi economiche del New York
Times
. Non amo il Grillo difensore dei No Tav, però contemporaneamente pappa e
ciccia con Di Pietro
, sostenitore dell’alta velocità
. Non so ancora che cosa
pensare delle liste civiche, che propongono
giustamente un «Rinascimento dal
basso
», ma possono suggerire, nel nostro, un certo grado di protagonismo. Molto
spesso, però, l’opera di Grillo è meritoria:
infinite volte ho utilizzato (e
certo utilizzerò)
notizie e materiale da lui pubblicato sul blog e trovo che tante volte la sostanza di ciò che dice sia corretta, o faccia comunque riflettere.
Che cosa obiettare, infatti, al comico genovese, quando dice che
 
 Le
elezioni politiche di aprile sono contro la Costituzione. Il
cittadino non può scegliere i propri rappresentanti. I concessionari dello
Stato non devono fare politica. I referendum non possono essere cancellati. I
referendum non possono essere rinviati. Il risultato delle prossime elezioni è
nullo. L’informazione è nelle mani dei gruppi economici e dei partiti (leggi
tutto
).
 
 
Ai tempi del primo V-Day, quello che
chiedeva di sostenere tre proposte di legge per cambiare la politica, non ho
avuto dubbi:
ho risposto pubblicizzando l’appuntamento su questo blog e andando
a firmare
. Trovo sia giusto impedire ai condannati in via definitiva di sedere
in Parlamento
, prevedere un limite massimo di legislature, pretendere di
indicare il nome del parlamentare, oltre al simbolo del partito
. Potendo
scegliere, chi voterebbe per Cuffaro, dopo la condanna a 5 anni per aver
favorito alcuni mafiosi
? Si trattava, per quanto mi riguarda, di tre proposte
intelligenti
.
 Oggi Beppe attacca l’informazione.
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Chiacchiere e bugie

 


 
 La foto che vedete rappresenta (un po’ in
ritardo, visto che ormai siamo in quaresima)
i dolci tipici del carnevale: le
chiacchiere, come sono chiamati in alcune regioni d’Italia, o le bugie, come si
dice altrove.
Il carnevale – per alcuni – è una festa triste: la maschera che
copre il viso non esprime lo stato d’animo reale; è (appunto) una maschera e
della festa simula l’allegria. Secondo più di un’indagine, condotta da più di
un istituto (non citerò nulla di preciso, ché questo è un articolo composto a braccio)
l’Italia si sta impoverendo. Le «famiglie» sono divenute un termine abusato
della discussione politica
, però negli ultimi 7-8 anni hanno continuamente
perso benessere e potere d’acquisto
. Le belle parole sono chiacchiere e,
spesso, le chiacchiere bugie.
Nel nome della famiglia, ad esempio, si cerca di
aggredire chi non rientra nei canoni della famiglia tradizionale
. O perché non
vuole rinchiudere un rapporto entro le forme
(religiose o civili) di un
contratto, o perché
non può, com’è il caso di tanti omosessuali, ma anche di
quei coniugi in attesa di divorzio che sperimentano ogni giorno quanto i tempi
dell’amministrazione pubblica italiana siano lontani da quelli della Francia
dello sposo (nuovamente) novello Sarkozy.
 Sabato a Roma hanno sfilato in 15 mila
per protestare contro le ingerenze vaticane nella vita civile italiana.
Hanno
sfidato il mondo della politica, autonominatosi, in maniera trasversale agli
schieramenti parlamentari, custode dello Stato della Chiesa.
Hanno sfidato il
sistema mediatico
, schierato con compattezza a sostegno delle posizioni
del pontefice (di quasi tutte, insomma, con qualche distinguo, come nel caso
dell’attacco "ratzista" a Harry Potter). Continua a leggere

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Perché si cade + Corteo NO VAT

 

 
Siccome siamo in pieno revival, voglio citare quanto scrivevo
un anno fa, proprio in questi giorni. In un articolo dal titolo Torna Rutelli – Saluti al Vaticano, pubblicato sul mio vecchio blog, prendevo in esame le dichiarazioni del vicepremier che, col suo collega alla Difesa, il ministro Parisi, andava alzando la voce contro quei membri della maggioranza ostili alla costruzione della base di Vicenza. «Finalmente ci siamo arrivati!», dicevo.
 
 Dire no alla guerra significa essere estremisti. Ce lo spiega Parisi, per il quale l’attuale governo è «pacifico», ma non «pacifista». Ce lo fa capire Rutelli, secondo cui protestare contro la base di Vicenza significa non avere spirito di coalizione. «La misura è stata superata», aveva detto l’altro giorno, prendendosela con la terribile «sinistra radicale». Ma ora ha rincarato, ammonendo i cattivi ragazzi del Parlamento ad «allinearsi» e a «non tirare troppo la corda». Quanto all’Afghanistan, ha lasciato capire che Kabul è necessaria per il governo e per lo stesso bipolarismo… Ritorna lo spauracchio – insopportabile refrain di questo esecutivo – del dopo Prodi, con  Berlusconi in agguato,
il nemico pubblico numero uno di nuovo pronto a governare. Che
cos’altro legittimi le scelte del governo, oltre alla volontà di
governare, non è invece dato sapere. E’ proprio vero: «la misura è colma». Colmissima.

 
 Un anno dopo il governo è caduto davvero e forse questi "ragionamenti" ci aiutano a capire il perché. Continua a leggere

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