Chiacchiere e bugie

 


 
 La foto che vedete rappresenta (un po’ in
ritardo, visto che ormai siamo in quaresima)
i dolci tipici del carnevale: le
chiacchiere, come sono chiamati in alcune regioni d’Italia, o le bugie, come si
dice altrove.
Il carnevale – per alcuni – è una festa triste: la maschera che
copre il viso non esprime lo stato d’animo reale; è (appunto) una maschera e
della festa simula l’allegria. Secondo più di un’indagine, condotta da più di
un istituto (non citerò nulla di preciso, ché questo è un articolo composto a braccio)
l’Italia si sta impoverendo. Le «famiglie» sono divenute un termine abusato
della discussione politica
, però negli ultimi 7-8 anni hanno continuamente
perso benessere e potere d’acquisto
. Le belle parole sono chiacchiere e,
spesso, le chiacchiere bugie.
Nel nome della famiglia, ad esempio, si cerca di
aggredire chi non rientra nei canoni della famiglia tradizionale
. O perché non
vuole rinchiudere un rapporto entro le forme
(religiose o civili) di un
contratto, o perché
non può, com’è il caso di tanti omosessuali, ma anche di
quei coniugi in attesa di divorzio che sperimentano ogni giorno quanto i tempi
dell’amministrazione pubblica italiana siano lontani da quelli della Francia
dello sposo (nuovamente) novello Sarkozy.
 Sabato a Roma hanno sfilato in 15 mila
per protestare contro le ingerenze vaticane nella vita civile italiana.
Hanno
sfidato il mondo della politica, autonominatosi, in maniera trasversale agli
schieramenti parlamentari, custode dello Stato della Chiesa.
Hanno sfidato il
sistema mediatico
, schierato con compattezza a sostegno delle posizioni
del pontefice (di quasi tutte, insomma, con qualche distinguo, come nel caso
dell’attacco "ratzista" a Harry Potter). Hanno indossato cappelli da vescovo e
altri travestimenti, mettendo in scena, in piena quaresima, il carnevale: quel
carnevale nel corso del quale un tempo il mondo finiva gambe all’aria ed era
possibile burlarsi dei potenti
. Ma sotto il velo dell’allegria ritorna la
quaresima
, nelle parole di chi si dichiara «gay e ateo» e non sopporta, in
quanto tale, «un Vaticano che detta l’agenda politica italiana e ha un potere
economico da multinazionale
». O in quelle di una ragazza che accusa il governo
Prodi di aver confermato «l’esenzione dell’Ici sui patrimoni immobiliari
ecclesiastici introdotta da Berlusconi»
.
 Nel sessantesimo anniversario della
nostra Costituzione bisognerà ricordare, una volta di più, che «lo Stato e la Chiesa cattolica sono,
ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».
O avrà ragione chi continuamente ripropone il vecchio adagio secondo cui, in questo Paese, c’è sempre qualcuno un po’ più uguale dell’altro

 

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