Sai come si fa a diffondere il tarlo con la camicia nera, quello che scava (con il manganello) nella testa della gente, soprattutto quella giovane, e piano piano la convince che gli antifascisti sono una lobby, persone che perseguitano altre persone che hanno il solo torto di non pensarla come loro?
Basta poco, a patto naturalmente di trovarsi nel periodo giusto, con la giusta temperie (a)culturale.
Basta precisare di non essere fascisti, ma in ogni discussione, in ogni singolo commento su internet, in ogni lettera improvvidamente pubblicata da un giornale, dire il contrario di quanto sostengono gli antifascisti e gridare che fascisti sono loro, perché hanno una visione delle cose a senso unico.
È sufficiente buttare lì qualche notizia storica (vera o inventata: la storia è la materia più odiata a scuola – lo dico da insegnante di storia – e poi chi vuoi che “perda tempo” a controllare?). Magari corredarla con qualche vicenda personale, tratta dalla propria storia famigliare al fine di rafforzare l’effetto: «I miei nonni erano partigiani e mi hanno detto che gli altri partigiani rubavano e facevano i loro porci comodi». Un’operazione semplice, in fondo, visto che l’interlocutore non ha idea di chi siano, o fossero, i nonni dell’altra persona, non sa che cos’hanno fatto durante la guerra, né che cos’hanno visto realmente. Un’operazione disonesta, perché citare quelli – che sono esistiti, eccome! – che hanno “approfittato” della situazione trascina nel fango tutti gli altri, quelli che hanno scelto di lottare per essere (e farci) liberi, anziché continuare a combattere per la schiavitù e il razzismo, come i “bravi ragazzi” di Salò.