Da anni, nella regione più piccola d’Italia, quella che vorrebbe promuovere la propria immagine con la pubblicità sulle etichette della birra Dreher, i veglioni televisivi di capodanno e i film di Natale, si parla di «valorizzare» la montagna. Solo che nel gergo locale «valorizzare» significa troppo spesso sfruttare, far girare i soldi veicolati da grandi e piccole opere, come la costruzione di strade poderali, il «miglioramento» fondiario o la ristrutturazione di alpeggi. Che impatto abbia questa politica sulle montagne da «valorizzare» lo lascio indovinare a chi legge o anzi lo mostro nelle foto di questo articolo.
Nel mese di agosto sono tornato nel vallone di Comboé, per la prima volta dopo la costruzione di quella strada contro cui – in tanti – ci eravamo battuti. L’impressione che ho avuto è quella di uno sfregio insensato a uno degli angoli di montagna un tempo più belli e meglio conservati, oggi completamente devastato dalla «valorizzazione». Sono salito lungo i tornanti della nuova poderale, che si arrampica lungo il gradino glaciale alla base del vallone, fin dove il bosco si apre per lasciar posto ai prati; ad accogliermi è stata una ruspa parcheggiata a margine della strada. Subito dopo ho attraversato il torrente Comboé, sullo sterrato anziché sul vecchio ponticello di legno, per poi abbracciare con lo sguardo la parte bassa del vallone.
La prateria cui ero abituato, ricca di molte varietà di fiori, con la zona umida lambita dal torrente, è stata sostituita da una distesa di terra sulla quale l’erba sta ricrescendo pian piano, a strisce, in un pianoro la cui stessa ondulazione è cambiata. Il motivo del dissesto (ci vorranno decenni perché la vegetazione torni ad assumere un aspetto naturale) è l’impianto di irrigazione, quello che – ci avevano assicurato – non sarebbe stato installato: dappertutto spuntano dal terreno i tubi dell’acqua. Alla mia destra, la strada sale dritta, troppo dritta, cosparsa di ciottoli simili a quelli delle ferrovie. Davanti a me si apre una pista, utilizzata, a quanto credo, per i lavori. L’alpeggio basso è stato ripristinato; in alto, nel luogo in cui come ci ritrovavamo a mangiare in occasione delle Marce degli Amici del Vallone, è in costruzione una nuova stalla.
Credo che non tornerò nel vallone. E in ogni caso non lo consiglierò a chi volesse godersi un bel paesaggio di montagna, perché certa «valorizzazione» snatura e deturpa il territorio. Le foto che seguono sono tutte di Comboé. Si possono igrandire cliccandoci sopra. Sotto, ripubblico una lettera aperta di Legambiente Valle d’Aosta agli assessori regionali all’Agricoltura e al Turismo.
All’Assessore al Turismo Aurelio Marguerettaz
All’Assessore all’Agricoltura e Risorse Naturali Giuseppe Isabellon
p.c. Alla Responsabile delle Aree Naturali Protette Santa Tutino
p.c. Agli organi di stampa della Valle d’Aosta
Lettera aperta agli Assessori Regionali al Turismo e all’Agricoltura.
«Oggi ho fatto una tristissima scoperta: il pianoro di Vertosan, in passato una zona umida con rane, salmerini, piante acquatiche, orchidee, è stata “bonificata”. Canali di drenaggio l’hanno resa una piana brulla e anonima. Mentre ovunque si salvaguardano le rare zone umide rimaste, qui distruggiamo queste oasi di biodiversità».
Così scrive una guida naturalistica valdostana sul suo blog. Continua a leggere