
Forse, se le tecniche di comunicazione fossero state diverse, il cognome del candidato premier sul simbolo elettorale lo avremmo già avuto decenni fa. In realtà, non riesco a immaginare la scritta “TOGLIATTI” sulla falce e il martello, né quella “ANDREOTTI” sopra lo scudo crociato. Forse perché la Costituzione, all’epoca fresca di promulgazione, neppure lo prevede un candidato premier, visto che le elezioni politiche dovrebbero eleggere i rappresentanti dei cittadini, non altro. Il tutto, sia detto, nonostante l’attuale legge elettorale. Decenni fa, in ogni caso, c’era il partito, e il partito andava oltre il capo e il suo nome: era composto di persone, di un’ideologia di riferimento, di una linea più o meno condivisa.
Sono stato davvero l’unico a notare che – fosse vero che Bersani è “di sinistra”, cosa che personalmente non credo – un simbolo del Partito Democratico col nome “BERSANI” e uno con il nome “RENZI” dovrebbero essere il simbolo di due partiti diversi che si contendono non lo stesso elettorato, ma – chissà in virtù di che cosa – la stessa base?
Così oggi leggo con disappunto il nome “INGROIA” nel simbolo di Rivoluzione Civile. Ma voglio credere a quanto dichiarato da Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, che ha spiegato il personalismo con la necessità di rendere riconoscibile una lista nuova da parte dell’elettorato, data che i tempi stringevano.
Ingroia sia, dunque, e fin nel nome del partito. Perché – a conti fatti – si tratta dell’unica forza politica il cui programma non sia appiattito sull’elogio del mercato, delle grandi opere, delle promesse impossibili, della guerra “umanitaria”, dell’austerità, del simpatico duo Monti-Napolitano, delle decisioni prese a Bruxelles, a Francoforte e a Berlino.
L’unica forza politica capace di richiamarsi alla tradizione politica della sinistra italiana, alle lotte dei lavoratori che hanno permesso di costruire il welfare e i diritti, al di là di ogni tentazione autoritaria à la Grillo (naturalmente c’è anche il nome “GRILLO” nel simbolo dei 5 Stelle, sia pure preceduto dal solito “WWW” e seguito dal “.IT”) o nostalgicamente fascista, in stile CasaPound.
Se poi volete farmi l’elogio dei bravi ragazzi italiani coi capelli corti, quelli che leggono i libri revisionisti ma non si fanno le canne, credo che il discorso si chiuda qui perché, al di là di dell’eventuale buona fede di alcuni, esiste e deve esistere una pregiudiziale antifascista fondata sulla conoscenza di ciò che il fascismo è stato ed è, nel nostro come in altri Paesi, e non soltanto con riferimento al Ventennio più triste della nostra storia unitaria.
A quelli che credono di rendere utile il loro voto votando PD (o PDL, dico io: dal punto di vista ideologico che cosa cambia?) dico solo che se la cornice di fondo è il liberismo, se il Partito democratico ha votato l’austerità per i decenni a venire, sottoscrivendo quel fiscal compact che prevede tagli di 40-50 miliardi di euro alla spesa pubblica per i prossimi 20 anni, non c’è speranza che il semplice fatto di riuscire a sconfiggere Berlusconi porti il Paese «al sicuro», da qualsivoglia parte. Non è salassando il paziente che lo si guarisce dalla mancanza di forze.
L’unico voto utile, a mio parere, è quello che spezza il sistema bipolare, restituendo alla Repubblica il suo carattere pienamente parlamentare. Che il Parlamento sia di nuovo il luogo in cui si fanno le leggi, ci si confronta duramente e si accetta anche qualche compromesso, ma nel nome dell’interesse della collettività, non di quello privato del parlamentare tastopigiante (o direttamente assenteista). Che il parlamento torni a essere il luogo di confronto di individui capaci di discutere e apportare contributi in base a idee diverse tra loro, e non rimanga più a lungo vittima dell’obbedienza di partito o di coalizione, magari perché se voto secondo coscienza cade il governo, torna il babau, e altre amenità.
Ingroia, quindi, lo ripeto. Perché non c’è niente da sperare nell’eventuale vittoria del Pd (Vendola non lo considero proprio, non per cattiveria, ma quale spazio di manovra spera di avere in un redivivo governo dell’Unione? Magari sarà ministro, ma non avrà voce in capitolo sulla linea politica da attuare). Se poi qualcuno ha deciso di credere davvero che la “salvezza” venga da altrove, che il Movimento 5 Stelle saprà portare quella rivoluzione di cui l’Italia ha bisogno, faccia pure: io non ci credo ma, nel caso, sarò felice di essermi sbagliato. Intanto, un padre-padrone che ha usato più volte toni sessisti e razzisti (almeno così mi sono parsi), che ha aperto a CasaPound (o in ogni caso non ha chiuso), che regge il Movimento da solo, pur non essendo candidato, e quindi neppure eletto, o al limite in diarchia con il misterioso Casaleggio (addetto al marketing, alla gestione del blog o consigliere politico? Membro dello staff o mente occulta?), di un tipo del genere non sento di avere bisogno.
Rivoluzione civile doveva nascere meglio, lo so. Doveva essere soprattutto aggregazione di movimenti e società civile, ma gli apparati dei partiti che ne fanno parte non hanno saputo fare il passo indietro. Si tratta comunque dei partiti migliori (meno peggio) rimasti in circolazione, e il programma è quello che scriverei io. E, a dispetto del cognome nel simbolo, non si tratta del solito partito personale.
>>> Quello nella foto è Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, non è Palazzo Chigi, sede del Governo, e non si tratta in nessun modo di una svista.