Quando si parla del conflitto israelo-palestinese, è molto facile cadere nell’ideologia: chi non la pensa in un certo modo è etichettabile come nemico e non merita altra risposta che l’ironia o l’insulto, anche perché è chiaro che non cambierà mai idea. Io preferisco partire dal presupposto, non sempre vero, che i miei interlocutori siano interessati a un confronto autentico, le cui conseguenze non siano scontate dall’inizio. Così cerco di usare il dialogo e la persuasione, nell’impossibile speranza che le parole riescano a far breccia perfino in chi si spinge a chiedere lo sterminio del popolo palestinese o l’uccisione dei cooperanti internazionali presenti a Gaza. Mi sono anche arreso alla rabbia più nera, qualche volta, vedendo liquidare i miei sforzi (lunghi ragionamenti che ho cercato il più possibile di corredare con dati incontrovertibili) con una battuta supponente, spesso anche da parte di persone che dicono di non essere lontane da me politicamente. Cercherò di non cadere nello stesso errore adesso.
Il 12 marzo ho ricevuto un lungo commento, firmato Andrea, all’articolo in cui parlavo del costituendo Tribunale Russel, che dovrà emettere un giudizio morale sui crimini di guerra di cui si è macchiato il governo israeliano durante i 21 giorni di bombardamenti di Gaza, tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. Nel suo intervento, Andrea ha messo in dubbio la correttezza di alcune notizie che giugono in occidente, Continua a leggere
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