Elezioni europee: e facciamola questa croce!

 
  EDITORIALE
 
 Domenica 7 giugno si svolgeranno le elezioni europee.
 

 Il tema potrebbe non essere di quelli accattivanti. Eppure, a ben vedere, nello sfacelo infinito di questo (ex?) Belpaese,
negli ultimi anni gli appelli istituzionali più forti al rispetto della legalità e dei diritti umani sono venuti proprio dall’Europa. E, insieme agli appelli, qualche gesto concreto (leggasi ispezioni, procedure d’infrazione).
 
 Non so se l’Europa avrà forza sufficiente per salvare il Paese da una maggioranza che non ha altro da proporre se non meno regole, meno scuola, più cemento, più militarizzazione, meno-parole-più-fatti, ad esempio il nucleare, i termovalorizzatori, i rigassificatori, le basi militari, il Ponte sullo Stretto… Non so se l’Europa avrà forza sufficiente per infondere un poco di energia in un’opposizione desiderosa di presentarsi, succeda quel che succeda, come il partito del dialogo, quello «del sì», a prescindere.
 
 Ma vale la pena tentare. Dal punto di vista della politica “ufficiale”, infatti, quella istituzionale, l’unica porta rimasta aperta è l’Europa. Ci sono i movimenti, certo; c’è la lotta che si fa sul territorio, giorno per giorno, ma se ancora resta possibile la speranza di una (piccola) sponda istituzionale, è inutile sprecarla.
 
 Questa volta votiamo tutti.
 
 Perché non votare è una delega in bianco.
 
 Perché, se è vero che la politica è quel che è, questa non è una ragione per mandare a Strasburgo e a Bruxelles soltanto i candidati del PDL e dell’altro PD (quello senza L). Votare porta via 5 minuti, un quarto d’ora al massimo (casomai – magari! – ci fosse la fila), ed è chiaro che le battaglie sociali e civili non possono esaurirsi in una croce tracciata sopra una scheda, ma tanto vale farla, quella croce. Non costa niente. Questa volta, poi, è possibile esprimere la propria preferenza, scegliendo un nome, non solo un partito. E non ho dubbi che gli ultimi anni sarebbero stati più bui per i diritti e per la democrazia se non ci fosse stata Luisa Morgantini, attuale vicepresidente del Parlamento europeo, se non ci fossero stati Giulietto Chiesa e Vittorio Agnoletto.
 
 Se poi davvero il voto non contasse più nulla, non si sarebbero presi la briga di mettersi d’accordo per concordare (in maniera bipartisan, come si dice) lo sbarramento al 4%. Una manovra per far fuori non solo la sinistra, ma qualunque proposta “deviante” rispetto al pensiero unico egemone, quello criminal-liberista, l’idolo al quale si sacrificano vita, lavoro e diritti di molte migliaia di cittadini.
 
 Domenica 7 giugno andiamo pure in spiaggia, in campagna o in cima ai monti: magari è una bella giornata. Ma prima facciamo un salto al seggio (apre presto), tracciamo la nostra brava croce e indichiamo la nostra preferenza. A favore di chi, non spetta a me suggerirlo: dipende dalla coscienza e dalle idee di ognuno. Mi permetto, al limite, di rinviare al decalogo per un voto libero, realizzato in Calabria in occasione delle ultime elezioni politiche, per ribadire l’importanza di non vendere il proprio voto, la propria scelta, ai detentori di qualsiasi potere, legale o illegale che sia.
 
 Ciò premesso,
normalmente i principi e i valori che questo blog propone sono etichettati come “di sinistra”. Vorrei approfittare del tempo che ci separa dal 7 giugno per ospitare interventi ed elementi di dibattito “a sinistra” (ovviamente chiedo a tutt* di partecipare), dicendo subito – a scanso di equivoci – come la penso: per me l’ipotesi migliore è la vittoria di quelle forze che a Strasburgo siedono nel Gue (la sinistra unitaria europea), le sole che stanno cercando di proporre un sistema economico e sociale alternativo rispetto a quello del mercato onnipotente. In questa prospettiva non mi convince neppure il Partito socialista europeo (Pse), che affascina certa sinistra, ma che non ha esitato a votare, per non dire altro, la Bolkestein. Per questo non sono d’accordo con Gabriele Polo, condirettore del manifesto, che provocatoriamente propone alla sinistra di «saltare un giro», cioè di non presentarsi alle elezioni e concentrare il suo impegno nel ricominciare a frequentare la società, le realtà di sofferenza come quelle di lotta. Lo faccia, certamente, ma insieme candidi i suoi migliori Agnoletto. Allo stesso modo non ho aderito alla proposta di una lista unica per la sinistra, perché – come dice Paolo Ferrero – l’approdo dei candidati eletti nei gruppi parlamentari non sarebbe univoco e avremmo eletti pronti a sedere nel Gue, altri nel Pse.
 
 Lo spazio che questo editoriale inaugura si trasformerà poco a poco in un contenitore d’idee, scritti, rimandi, selezionati dalla stampa e dalla rete, qualcuno anche personale o comunque di prima mano.
 
 Nella convinzione che anche il più piccolo contributo sia indispensabile…


 NB: L’albero verde e il sole vogliono esprimere speranza e NON uno dei 10 mila simboli vegetali che hanno caratterizzato la politica italiana degli ultimi anni.

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2 risposte a Elezioni europee: e facciamola questa croce!

  1. shok scrive:

    sogna, io adesso vedo solo i fatti: con berlusconi (neanche ad alcuni elettori di destra piace)l’italia sta meglio che col precedente governo. questo mi basta e avanza. il buonismo indiscriminato è un cancro

  2. Mario scrive:

    Opinioni diverse. Per me non siamo mai stati peggio. E non mi piaceva neanche il governo Prodi.

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