Emergency: riapre l’ospedale di Lashkar-Gah

 Ricevo dalla mailing list di Emergency, e pubblico volentieri, il commento di Cecilia Strada, presidente di Emergency, alla notizia della riapertura del centro di Lashkar-Gah, chiuso il 10 aprile scorso dopo l’arresto di 3 cooperanti dell’organizzazione umanitaria, incredibilmente accusati di favoreggiamento del terrorismo.
 
 Come ho già detto altrove, quella di Emergency è una presenza scomoda per gli eserciti occidentali impegnati a «diffondere la democrazia in Medioriente», perché, in assenza di giornalisti coraggiosi e non embedded, gli occhi dei medici e degli infermieri sono gli unici a registrare i soprusi e le violazioni del diritto (il primo diritto fra tutti, quello
inalienabile alla vita) commessi dalle "democrazie" occidentali e dai loro alleati mediorientali.
 
 Il testo di Cecilia Strada:
 
 Cari amici,
 
 siamo molto felici di annunciarvi che giovedì 29 luglio abbiamo riaperto il Centro chirurgico di Lashkar-Gah.
 Un giornalista ci ha chiesto "Perché?". Ma la risposta la sapete già: perché è il nostro lavoro, perché quell’ospedale serve, perché è l’unica struttura gratuita nella regione, perché quell’area è teatro di una guerra sempre più violenta, perché i 70 letti delle corsie – da quando è stato aperto e fino al giorno della sua forzata chiusura il 10 aprile scorso – sono sempre stati pieni. Perché la popolazione ne ha bisogno: e noi non abbiamo bisogno di altri perché.
 
 Ancora grazie per il vostro sostegno.
 A presto,
 
 Cecilia Strada
 Presidente di Emergency

 
 Ulteriori approfondimenti si trovano sul sito di Emergency, dove c’è anche la possibilità di sostenere il centro chirurgico per le vittime di guerra a Lashkar-Gah.
 
 PS: Di Emergency si parla anche nei famosi rapporti Usa pubblicati dal sito WikiLeaks, nei quali si lamenta la presenza di una Ong italiana che gestisce un ospedale in zona di guerra, risultando così un testimone scomodo. Una presenza che si vorrebbe smantellare.  
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«Il meglio» di una donna

 Oggi sono capitato su un sito di gossip, di cui non faccio il nome, e ho trovato esposto «il meglio» di una modella di cui non faccio il nome («il meglio» è proprio il titolo), vale a dire «diversi scatti, che abbiamo selezionato per voi, in un misto di sexy e hot, con veli e senza veli»: è questo, a quanto pare, il meglio di una donna.
 
 Nello stesso sito c’è una fotogallery con tre «pupe» riprese mentre realizzano un calendario. «Pupe», le chiamano: un termine che un tempo sarebbe stato ritenuto offensivo, ma che ora va bene, perché ampiamente sdoganato dal programma televisivo «La pupa e il secchione».
 
 Siti come questo non rischiano di chiudere per censura.
 
 Sia chiaro che non c’è, da parte mia, alcuna traccia di perbenismo: non sto criticando le modelle, né il fatto che possano essere pubblicate le loro immagini senza veli.
 
 Mi domando però perché una donna debba essere definita «pupa» (in latino «pupa» era la «bambola»), e perché il suo corpo – bellissimo, magari, ma non è questo il punto – debba essere considerato «il meglio» di lei.
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Smiley World: la modella della pubblicità non era una bambina

 
 Sabato scorso avevo pubblicato una lettera scritta da Valentina V. e tratta dal blog Femminismo a Sud, circa la pubblicità della linea Smiley World della ditta Cartorama (clicca sulla foto per ingrandirla). Nella lettera si lamentava l’uso in pubblicità di bambine truccate da adulte. Ho ricevuto una risposta da parte di Cartorama, che pubblico volentieri (senza bisogno di leggi che obblighino alla rettifica). La modella, mi si assicura, non è una bambina truccata da adulta, ma una modella «di circa 25 anni» truccata da bambina. Anche il target della campagna è diverso da quello che avevo immaginato e qui ammetto di essere stato un po’ superficiale. Il problema è che anche così il messaggio lanciato dai cartelloni mi pare ambiguo, rischiando di "sessualizzare" la figura infantile, piuttosto che far pensare alla «voglia di tornare bambini e sorridere».
 Apprezzo in ogni caso la risposta di Cartorama che, malgrado la propria buona fede,
si è interrogata sulla campagna e ha deciso di rimuovere il cartellone "incriminato".
 
 Il testo della risposta di Cartorama:
 
 La ringraziamo per la Sua segnalazione, che ci ha permesso di interrogarci internamente sulla nostra campagna Smiley.
 
 Siamo un’azienda da sempre molto rispettosa verso i nostri clienti finali e in particolare verso i bambini, ai quali una parte dei nostri prodotti sono indirizzati. Da sempre prestiamo la massima attenzione nel proporre i nostri prodotti in modo adatto al target di acquisto; non siamo mai stati una azienda che si pone come obiettivo campagne pubblicitarie aggressive o trasgressive.
 
 In questo specifico messaggio che ci segnalate, promuoviamo la linea Smiley World, una linea di prodotti il cui target va indicativamente dai 18 ai 25 anni. È una linea più adulta, non dedicata ai bambini ma ai ragazzi che, nonostante siano cresciuti, ancora amano i prodotti semplici e colorati, contraddistinti dall’icona della felicità. La modella della campagna infatti è e appare una giovane donna (ha circa 25 anni) con il fiocco rosa e il chewingum scoppiato, e sta ad indicare la voglia di tornare bambini e sorridere, e quindi la nostra intenzione era ben lontana dal voler strumentalizzare la donna o la purezza dei bambini, o dare un messaggio con connotazioni sessuale o sessista.
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Nella tua città c’è un lager: che fai, chiedi le elezioni anticipate o il governo dei tecnici?

 Nella tua città c'è un lager
 Nella tua città c’è un lager; che cosa fai? Pieghi la testa e ti guardi
le scarpe, ti arrampichi sui muri del campo e cerchi di far scappare
tutt@, scrivi a Napolitano o sogghigni soddisfatto? Senza aggiungere
altre cazzate, forse è già qualcosa saperlo che c’è un lager, farlo
sapere, diffondere quelle notizie che i media non vogliono pubblicare.
 Il lager di cui parlo sono i CIE (Centri di identificazione ed
espulsione), strutture d’internamento preventivo, detenzione senza
processo
e senza difesa per migranti senza documenti. Strutture
nelle quali capita che i migranti siano picchiati, le donne stuprate, la qualità
della detenzione
di gran lunga inferiore agli standard di un Paese
democratico, ma anche rispetto a quelli delle carceri italiane. Strutture
dalle quali, spesso, uomini e donne scampati nei loro Paesi d’origine a
violenze e persecuzioni sono rispediti indietro, incontro a una morte
probabile
.
 Chi frequenta NoBlogs sa bene di cosa parlo. Ma (l’ex) Belpaese è pieno
di persone che hanno votato Berlusconi o che sono convinte che il Regime non sia ancora arrivato. Allora consiglio il sito Macerie, nel quale è
possibile trovare aggiornamenti sui casi più eclatanti di mancato
rispetto dei diritti umani e il giornale Nella tua città c’è un lager,
scaricabile online, con l’eloquente occhiello: «Perché nessuno dica che
non sapeva».
 I CIE (ex CPT, centri di permanenza temporanea) sono stati inventati
dal centrosinistra nel 1998 e in seguito "perfezionati" dai governi di
destra
. Questo a riprova del fatto che – come diceva qualcuno, forse con
intento diverso dal mio
– «la sicurezza non è né di destra né di
sinistra», ma trasversale agli schieramenti. Unica incognita: non si
capisce che cosa c’entri la sicurezza con il mettere in gabbia poveri
cristi, spesso colpevoli soltanto di non avere documenti.
 I CIE, in ogni caso, appartengono al centrosinistra tanto quanto alla
destra e costituiscono un esempio di quella detestabile convergenza di
idee
che rende gli schieramenti simili e ben poco alternativi l’uno
all’altro.
 Sono partito dai CIE, ma il "comune sentire" a cui mi riferisco interessa
molti temi cruciali dell’agenda politica. Ecco un elenco
incompleto di argomenti intorno ai quali la destra e il centrosinistra
la pensano allo stesso modo, o quasi:
 
 – bipolarismo e maggior potere per il governo;
 – acquiescenza verso imprese e mercato;
 – tagli selvaggi alla spesa pubblica e demolizione del welfare;
 – precarietà del lavoro;
 – privatizzazione dei servizi al cittadino;
 – finanziamento pubblico alle scuole private;
 – rapporti con la Chiesa cattolica;
 – grandi opere e cementificazione;
 – incenerimento dei rifiuti;
 – basi militari, armi e missioni di guerra;
 – limitazione della libertà del web.
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2 agosto 1980, ore 10.25. Non dimentichiamo.

 2 agosto 1980, ore 10.25, stazione di Bologna.
 Una bomba, 85 morti, 200 feriti.
 3 esecutori riconosciuti, i neofascisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini – non patrioti, ma criminali della peggior specie.
 I mandanti sono invece ancora senza nome, dopo 30 anni di depistaggi più o meno istituzionali, per i quali "ringraziamo" i servizi segreti, le massonerie, le mafie e, insomma, oggi come allora tutta l’Italia che conta.
 Ha scritto Paolo Ferrero su «Liberazione» di ieri (1° agosto): «Il 2 agosto riguarda l’oggi, perché se non è chiaro chi furono i mandanti e perché ordinarono la strage, vuol dire che essi operano ancora, che i fini per cui venne compiuto l’eccidio sono ancora perseguiti. Vuol dire che la strage sta davanti a noi e non dietro di noi. Fino a quando non sapremo il perché, il 2 agosto non ci sarà una commemorazione della strage ma la strage si ripeterà, anno dopo anno, con tutto il suo dolore».
 
 Ore 10.25. 85 morti, 200 tra feriti e mutilati. Non dimentichiamo.

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Fuori la musica dalle centrali – sabato a Cerano (Brindisi)

 

 
 «Suoniamogliele di santa ragione» è lo slogan.
 
 Che cosa? Trombette, vuvuzelas, tutto ciò che abbiamo a disposizione per disturbare il concerto di Patty Pravo e Irene Grandi, previsto per sabato prossimo, 7 agosto, alle ore 21, alla centrale Enel Federico II di Cerano (Brindisi), alimentata a carbone, uno dei sistemi più inquinanti per produrre energia elettrica.
 
 In questi giorni mi trovo in Puglia e conto di esserci.
 
 La centrale di Cerano è una delle tante bombe ecologiche di cui il Salento, terra peraltro incantevole, è costellata, nonostante una vocazione turistica definitasi sempre più negli ultimi anni e le enormi potenzialità di un territorio ricco di ambienti, storia e cultura.
 
 Cerano è stata più volte il bersaglio delle azioni dimostrative di Greenpeace ed è oggi attivo un movimento di cittadini contro il carbone, al cui sito rimando.
 
 
A Cerano, l’Enel organizza un concerto, ma «chi avvelena il mondo non può lavarsi la coscienza con una serata di allegria», scrive Pino De Luca sul sito del gruppo No al Carbone, che recentemente è stato denunciato dall’azienda energetica.
 
 «Questa azienda in evidente difficoltà nella gestione dei rapporti con il territorio arriva a chiedere i danni a chi denuncia come insostenibile per l’ambiente e la salute la presenza di un impianto che brucia 8 milioni di tonnellate all’anno di carbone», accusa il gruppo in un comunicato stampa. «Il carnefice che pretende di diventare vittima innocente».
 
 E ancora: «Dopo averci sottratto l’intero tratto a sud di Brindisi della costa con un nastro trasportatore, dopo aver stoccato in questi anni decine di milioni di tonnellate di carbone in un carbonile a cielo aperto, dopo aver visto i terreni intorno al nastro trasportatore e la centrale interdetti all’agricoltura con un’ordinanza del Sindaco di Brindisi Mennitti, dopo gli arresti di funzionari dell’Enel accusati di disastro ambientale ed associazione a delinquere finalizzata all’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti pericolosi, questa azienda ci denuncia e si ritiene danneggiata».
 
 Oggi però a Brindisi è presente un forte movimento di cittadini che non intende lasciarsi intimidire. Lo dimostrerà anche sabato sera a Cerano, a partire dalle 19.
 
 Siamo tutt* invitat* a partecipare.
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Cartorama, o dell’uso delle bambine in pubblicità

 
 [Immagine: Femminismo a Sud]
 
 Sul blog
Femminismo a Sud ho letto la lettera che Valentina V. ha inviato alla ditta Cartorama, impegnata in una campagna pubblicitaria vistosamente sessista, incentrata peraltro sull’uso di bambine truccate da adulte per vendere materiale scolastico insieme, si presume, a un certo modello sociale e comportamentale, sollecitando pericolose associazioni di idee nel pubblico maschile "adulto".
 
 Siccome accade che la pressione di chi dalle aziende è considerato un possibile consumatore faccia quei miracoli che il buon senso o l’appello ai sentimenti non riescono a produrre, ho scritto anch’io a Cartorama e invito tutte e tutti a fare altrettanto.
 
 Segue il breve testo della mia e-mail e quello, più interessante, della lettera-analisi di Valentina V., che contiene anche gli indirizzi presso cui indirizzare le vostre proteste.
 
 Testo 1:
 
 Buongiorno.
 
 Ho letto in rete la lettera che pubblico in appendice, critica verso la vostra linea pubblicitaria Smiley World (si veda la foto allegata).
 
 Come cittadino e come genitore, condivido ciò che scrive Valentina V. e mi associo alla sua domanda di cancellare tale campagna pubblicitaria.
 
 Fino ad allora non acquisterò più prodotti della marca Cartorama.
 
 Cordiali saluti,
 
 Mario Badino
 
 PS: Ho anch’io pubblicato in rete il testo della lettera.
 
 Testo 2:
 
 Pubblicità del Gruppo Cartorama, di seguito la mia lettera di protesta.
 
 Per fare come me scrivete all’azienda: press@cartoramagroup.com e customer@cartoramagroup.com
 
 SEGNALATE TUTTE LE PUBBLICITÀ SESSISTE ALL’UDI.
 
 Buongiorno,
 vorrei segnalare il mio disappunto per la vostra pubblicità della linea Smiley World, presente sul cartellone di Via Tuscolana (Roma, in allegato una foto) e vorrei richiedere, inoltre, la presentazione con motivazione tecnica/pubblicitaria della campagna in oggetto.
 La mia personale opinione è la seguente: una bambina o donna non deve essere trattata come un oggetto figlio degli stereotipi maschilisti e sessisti più beceri, come si evince da questa pubblicità: “Bambina stile Barbie, tutta rosa e fiocchi, scarmigliata con un palloncino scoppiato sulle labbra e la bocca a “U”, molto magra e molto truccata”.
 Per un adulto è facile il passo, dalla bambina alla figura di una bambola gonfiabile, scarmigliata con l’atteggiamento della bocca di chiaro intento sessuale e gli occhi sgranati.
 La totale assenza del vero messaggio, cioè quello del mondo che sorride [Smiley World, ndr], aumenta l’effetto del meta-messaggio.
 Camuffare una bambina da piccola donna truccata, distorce la figura della donna in una visione voyeuristica, dando un attributo sessuale ad un minore, mettendo l’ignara modella alla berlina di sguardi interessati al messaggio sessuale non troppo velato.
 Per questi motivi richiedo la rimozione della campagna pubblicitaria, inoltre ho prontamente segnalato all’UDI, la situazione. Continua a leggere

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