Scuola: la rivolta solidale

 

 Pubblico l’appello di Francesco Pardi, membro della Commissione Affari Costituzionali del Senato, rivolto a tutti i docenti, per una «rivolta solidale» (dal manifesto del 5 settembre).
 L’appello è a difendere la scuola pubblica italiana dalla rovina e, allo stesso tempo, il lavoro di decine di migliaia di insegnanti precari. Ma l’appello è anche a
«riscoprire la solidarietà» per «coloro che si trovano
senza lavoro e senza stipendio, sotto ricatto e privi di sicurezza», quelli per cui «lottare è
più che mai difficile». «E chi è più indicato a difenderli se non i loro colleghi
più garantiti?».
 Riflessione che mi tocca in prima persona, in quanto insegnante indegnamente privilegiato per il solo fatto di abitare in una regione, la Valle d’Aosta, dove è ancora possibile essere assunti in ruolo.
 Cerco il modo di manifestare questa «solidarietà», magari nella mia scuola.

  

 
Appello a tutti i docenti
 
«Cari colleghi, è l’ora della rivolta solidale»
 di Francesco Pardi*
 
 Cari colleghi
della scuola e dell’università,

 
 il nuovo anno scolastico si apre all’insegna di una prospettiva
drammatica: la rovina della scuola pubblica. Le scelte di Tremonti hanno
sprecato soldi per i fini più assurdi, come la tassa invisibile che ogni
cittadino pagherà per l’inutile operazione Alitalia, ma hanno impoverito di
colpo in una misura finora sconosciuta l’istruzione e la ricerca. E la ministra
Gelmini, priva di qualsiasi competenza in materia, ma saldamente ostile alla
scuola pubblica, detta le regole per il nuovo sistema di riconoscimento del
merito. Materia che conosce bene al contrario, avendo preferito migrare a
Reggio Calabria per sostenere l’esame di stato.

 Ma prima ancora che sulle riforme discutibili è necessario
pronunciarsi sulla condizione dei nostri colleghi precari. Il nuovo anno si
apre con la cacciata di decine di migliaia di insegnanti, l’impoverimento delle
scuole, la diffusione irresistibile del lavoro gratuito nell’università. Le
regole del mercato funzionano solo per i manager: stipendi altissimi e
liquidazioni principesche. Agli insegnanti il mercato impone miseria e lavoro non
retribuito.

 I presidi costretti a recitare il ruolo di manager senza
fondi, i rettori che devono vendere i beni immobiliari delle università, i
responsabili della ricerca rimasti senza finanziamenti, non hanno niente da
dire? I docenti che hanno uno stipendio e avranno una pensione possono
considerare i colleghi precari che si incatenano per protesta solo come
testimoni di esasperazione passeggera?

 Ma soprattutto, come possiamo tutti tollerare una china che
presto impedirà la trasmissione della conoscenza e della cultura? Come possiamo
assistere senza un gesto alla chiusura della carriera anche degli allievi più
meritevoli?

 Bisogna riscoprire la solidarietà. Per coloro che si trovano
senza lavoro e senza stipendio, sotto ricatto e privi di sicurezza, lottare è
più che mai difficile. E chi è più indicato a difenderli se non i loro colleghi
più garantiti? Anche i politici dell’opposizione devono impegnarsi a fondo, ma
la vanificazione del ruolo del Parlamento indebolisce la loro azione nelle
assemblee elettive e deve indurli a essere più presenti nella società. È
necessario l’impegno di tutti a difendere e garantire l’autonomia del pensiero
critico e la libertà di ricerca. Se si rinuncia ora, presto potrebbe essere
troppo tardi.

 * Senato, Commissione Affari Costituzionali

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2 risposte a Scuola: la rivolta solidale

  1. Elilibre scrive:

    Torno ora da Cuba e trovo un paese sempre più allo sbando ed in balia di cialtroni e facionorosi. Uniamoci nella lotta per sovvertire questo stato imbarbarito dalle canaglie che lo governano.
    hasta la victoria siempre!

  2. Mario scrive:

    La descrizione che fai è perfetta (purtroppo). La resistenza è necessaria ed è, in primo luogo, culturale: dobbiamo infrangere il sistema della videocrazia, che ha sdoganato lo schifo…

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