Incontro con Paolo Ferrero: la crisi economica, Rifondazione e le elezioni europee

 Paolo Ferrero e Francesco Lucat
 Espace populaire di Aosta, domenica 22 febbraio. Incontro con Paolo Ferrero.
 Temi trattati: la crisi economica, Rifondazione comunista, le elezioni europee.
 Devo dire che ho trovato l’intervento molto interessante. Continuo a pensare che dovremmo parlare di decrescita e non di sviluppo, ma concordo con moltissime delle cose che sono state dette.
 
 Ecco il mio povero riassunto.

 
 La crisi economica attuale è strutturalmente più grave di quella del ’29, esordisce Ferrero, perché è originata da cause molteplici. Innanzitutto, c’è la finanziarizzazione dell’economia, che va intesa come una vera e propria speculazione: «Metà delle persone giocava con moneta falsa», per intenderci. Dalla metà degli anni ’80, poi, è in atto il fenomeno della globalizzazione liberista, la cui ricetta economica fondamentale è quella di comprimere i salari e lo Stato sociale per essere più competitivi sul mercato. In questo modo, però, i lavoratori non hanno più soldi per comprare: 35 anni fa un lavoratore manteneva la famiglia con il suo stipendio, mentre oggi bisogna per forza lavorare in due. C’è infine una crisi ambientale, dovuta al modo in cui si produce, sia a causa della limitatezza delle fonti energetiche e delle materie prime, sia a causa dei livelli d’inquinamento raggiunti: si tratta di argomenti che pongono il problema dei limiti dello sviluppo. La globalizzazione ha creato un nuovo grande mercato e ha esteso e intensificato quello dei Paesi di più antica industrializzazione attraverso la privatizzazione dei servizi, dell’acqua, della cura degli anziani. Ora che quasi tutto è privato il mercato ha grossi problemi a espandersi ulteriormente.
 
 La crisi del ’29 ha prodotto “soluzioni” diverse: da un lato il New Deal americano, dall’altro il fascismo e il nazismo. Oggi siamo alle prese con una crisi simile, ma più pesante, della quale non abbiamo visto ancora quasi nulla e che non costituisce un fatto passeggero, ma un momento costituente, che cambierà la faccia del Paese. Se la sinistra italiana non sarà in grado di comprendere la crisi, sarà spazzata via. Occorrono alcune idee chiare e una pratica sociale e politica molto forte. In Italia la crisi economica avviene entro una crisi politica enorme:
nella scorsa maggioranza di governo Rifondazione non è riuscita a determinare gli esiti della politica dell’esecutivo: se nel 2008 non è stata votata è perché la gente ha deciso che la sinistra non serviva a niente. Negli anni del governo Prodi, inoltre, è scoppiata la questione della Casta, con Bertinotti percepito come il capo della Casta, il difensore dei privilegi dei politici. Rifondazione è interna alla crisi della politica quanto gli altri; la crisi di credibilità non deriva soltanto dalle divisioni: è morale. La destra nel frattempo, ha mostrato di avere le idee chiare, non per uscire dalla crisi, ma per gestirla. Sta cercando di suscitare una guerra fra poveri, una sorta di «Si salvi chi può»: la coperta è stretta, dice la destra, la crisi la stringe ancora di più, ma noi vi garantiamo che lascerà scoperti i piedi di qualcun altro. Gestire la crisi per il proprio interesse: ecco il disegno di una destra che si attacca a qualunque cosa per portare avanti la propria riforma della società e dello Stato: ecco Eluana Englaro, utilizzata barbaramente per giungere al conflitto tra la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio: se vogliamo evitare lo scontro istituzionale, può dire ora Berlusconi, dobbiamo far coincidere le due figure: la guerra fra poveri va gestita autoritariamente, ad esempio semplificando le istituzioni, rafforzando il potere del capo del governo. Bisogna poi fornire un manto di sacralità a tutta questa roba, ed ecco tornare in voga concetti come la patria e il sangue, insieme alle intemerate del Vaticano… È tutto un sovrappiù di valori reazionari, per dare sicurezza ai cittadini predicando l’esclusione di intere categorie.
 
 
Intanto che questo accade, non c’è nessuna opposizione. Il Pd la fa soltanto a corrente alternata e solo su certi temi. Di Pietro è molto duro nel difendere la giustizia, ma non conduce una vera battaglia sociale. La Cgil prova a difendere il contratto nazionale di lavoro, ma è sola. Che fare? Ferrero individua 4 idee centrali. Innanzitutto, si tratta di costruire l’opposizione al governo, a Confindustria e quando necessario anche al Vaticano. Rifondazione comunista ha provato a lanciare un coordinamento delle opposizioni. È anche necessario evitare che la Cgil rimanga isolata o che sia tentata di cambiare parte: se salteranno i contratti nazionali del lavoro, ogni azienda potrà fare come le pare; se passerà il federalismo fiscale sarà la lotta fra le regioni per attirare le imprese nel proprio territorio, attraverso sconti fiscali (con conseguenti minori entrate per i servizi ai cittadini).

  Il secondo passo è limitarsi a poche idee chiare. Bisogna spiegare che la crisi economica nasce dalla compressione salariale e che, quindi, dalla crisi non si esce con i sacrifici, ma, paradossalmente, aumentando gli stipendi. Occorre anche avere chiaro che non sarà il privato a fare la riconversione ambientale dell’economia. Dovrà farla il pubblico, ma per permettere che ciò avvenga sarà necessario demolire la speculazione finanziaria, ad esempio attraverso misure come la Tobin Tax, la riforma della Banca centrale europea, lo stop ai paradisi fiscali. È poi necessario procedere a una redistribuzione del reddito, attraverso la tassazione dei grandi patrimoni, quella dei redditi finanziari e un aumento delle aliquote sui redditi più alti. Inoltre, occorre garantire la cassa integrazione per tutti quelli che ne hanno bisogno. Infine, è necessaria una programmazione pubblica dell’economia, con misure quali la nazionalizzazione delle banche o, quantomeno, il fatto che se le imprese prendono soldi pubblici devono anche prendere dei vincoli, come ad esempio l’impossibilità di licenziare.
 
 Dette queste cose, c’è un terzo passo da fare, che consiste nel rovesciare l’idea che la politica si faccia soltanto (o prevalentemente) nelle istituzioni e nei dibattiti televisivi: il lavoro nelle istituzioni non può essere più di un terzo di ciò che si fa. È necessario star dentro i conflitti che ci sono nel territorio. Quando una fabbrica chiude ci dev’essere qualcuno che proponga all’operaio che ha perso il lavoro la lotta contro le banche proprietarie di quell’impresa, invece del leghista che dice che il nemico è qualcuno che sta “sotto” (gli immigrati, i prodotti cinesi). Bisogna replicare al concetto di guerra orizzontale «fra poveri» parlando di conflitto verticale, «di classe». Ma se uno perde il posto di lavoro, non è possibile neppure limitarsi a spiegargli il proprio programma politico e a dirgli a quali manifestazioni deve partecipare: bisogna spiegargli come tirare avanti. Si rendono necessarie forme di mutualità dal basso, non al posto della lotta, ma insieme: non possono esserci soltanto la Caritas e le famiglie… Bisogna essere capaci d’intervenire, perché parlare non basta. Non è sufficiente la denuncia: quella la fa anche Striscia la notizia: è una cosa normale. Ai tempi della Dc bisognava mostrare che tutto andava bene e fare denuncia era di per sé rivoluzionario; questi, invece, «galleggiano sulla merda, sul fatto che non funziona niente», perché se va male si sente l’esigenza di una semplificazione istituzionale, se va male ci vuole l’uomo forte.
 
 Ferrero richiama la necessità di mantenere fermi elementi identitari come la falce e il martello, perché in Italia è sempre successo che ogni crisi d’identità abbia spinto verso destra. Bisogna lavorare ad aggregare intorno al Prc il meglio della sinistra che c’è, anche quella che non si definisce comunista, ma continuando a tenere presente la propria identità. Dopo le europee sarà necessario mettere insieme un coordinamento, ma ciò non potrà avvenire prima. L’idea di una lista unitaria «per la democrazia» non è infatti percorribile per due ragioni di fondo. Innanzitutto, non è stato detto in quale gruppo si andrebbe a finire nel Parlamento europeo. Che cosa propongono i sostenitori della lista? La Sinistra unitaria? Il Pse? I Verdi? All’europarlamento bisognerà essere convinti di voler sedere nel gruppo della Sinistra unitaria europea, per costituire un gruppo alternativo al Pse come al Pd, perché è in Europa che si fanno le scelte economiche. La seconda ragione che spinge a rifiutare una lista unitaria è la necessità di partire dal simbolo di Rifondazione, che è il simbolo del movimento operaio. Non ti puoi presentare qualche mese prima delle elezioni e spiegare a 30 milioni di persone che hai cambiato simbolo, soprattutto quando gli unici mezzi d’informazione che hai a disposizione, Liberazione e il manifesto, hanno – rispettivamente – una tiratura di 10 e 20 mila copie al giorno: è un problema di riconoscibilità. Ma nelle liste di Rifondazione è necessario che trovino posto candidati degli altri partiti comunisti, come anche “pezzi” del sindacalismo di base, dei Comitati che lottano sul territorio, delle associazioni di consumatori.
 
 La conclusione, comunque, lascia ben sperare: «Dovremmo», dichiara Ferrero, «essere in grado di superare il 4%».
 


 Durante il dibattito che segue l’intervento apprendo che «A Sinistra», il giornale del Prc Valle d’Aosta, è stato messo on line. Lo trovate QUI.
 La foto ritrae Paolo Ferrero insieme a Francesco Lucat, segretario regionale del Prc.

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3 risposte a Incontro con Paolo Ferrero: la crisi economica, Rifondazione e le elezioni europee

  1. samie scrive:

    certo che non avrei mai supposto un simile fermento politico in aosta :))

  2. Mario scrive:

    Ad Aosta esiste un circolo Arci, l’espace populaire, che è nato come casa dei partiti di sinistra e, contemporaneamente, sede di un’associazione culturale e di una cooperativa che gestisce un bar e un ristorante. Si tratta di un posto politicamente e culturalmente vivo, nonostante lo sfacelo prodotto a sinistra dalle ultime elezioni (non solo le politiche, anche le regionali) che, fra l’altro ha portato alcuni partiti a distanziarsi dall’espace. Ma il posto, secondo me, rimane quantomai vivo e importante, soprattutto per la realtà aostana!

  3. Francesco Lucat scrive:

    Caro Mario
    (perdonami la confidenza)
    Sono capitato per caso sul tuo blog.
    Averne di gente che cerca di vedere le cose e cambiarle!
    Grazie per il tuo interesse e le cose simpatiche che dici
    Fatti vivo e fatti conoscere direttamente
    Il segretario del PRC VdA

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