Veltroni, si può anche NON FARE!

 Due appunti a Walter Veltroni, candidato
premier del Partito democratico.
 
 E un piccolo dubbio: meglio FARE o meglio EVITARE?

   N. 1:

 

 
Milano Centrale«Per me la coesistenza di crescita, e lotta
alla povertà e sussidiarietà dello stato è essenziale
ed è la formula vincente
del riformismo nelle sue esperienze più alte». Parola di Walter Veltroni,
intervistato da Gabriele Polo sul manifesto di ieri (27 marzo 2008). Per me no,
invece. Parola mia, che liberamente mi esprimo in proposito a un giorno di
distanza. La «crescita» del pil è inconciliabile con la lotta alla povertà, a
meno di non mettere freno all’ingordigia dei pochi che si spartiscono le fette
più grandi dell’unica torta comune
. Ma forse il punto non è neppure questo: la «crescita»,
soprattutto, è incompatibile con altri parametri: una vita più umana, la
sopravvivenza della specie e del pianeta come lo conosciamo. Forse Veltroni
pensa che si possa andare avanti a bruciare idrocarburi come oggi. La sua
Italia prevede anche il carbone, mi sembra, e non importa a chi lo deve
respirare che si sia preso a definirlo «pulito». Forse Veltroni pensa che
quando le risorse attuali finiranno la scienza sarà giunta in nostro soccorso e
sarà pronta la fusione fredda. Che fa venire in mente lo scioglimento dei
ghiacciai polari
(e pure di quelli dei miei monti, se è per questo) – bella notizia
per una Penisola!

 
 La «centralità del pil» è deleteria,
ecco tutto.
Sarebbe ora d’immaginare vie di decrescita o, anzi, di mettere in
pratica quelle che tante e tanti hanno già immaginato.
  

 
N. 2:

 

 
Stesso giornale, stessa intervista:
 

 «E allora che ne facciamo del progetto sulla
nuova base di Vicenza?»

 

 «Credo che dovremo, insieme
all’amministrazione comunale di quella città, trovare il modo di limitare al
massimo ogni impatto negativo di quella base
, anche consultando i cittadini.
Sapendo però che gli impegni presi a livello internazionale da un governo – di
cui faceva parte anche la
Sinistravanno rispettati».
 
 
Niente di nuovo sul fronte nord orientale, insomma. I cittadini di Vicenza, però, possono sempre sperare che questo «impegno» dell’Italia sia vincolante allo stesso modo in cui lo sono le risoluzioni dell’Onu sulla Palestina, o la 1244, che riconosce la sovranità serba sul Kossovo. A meno di non credere, con un che di malizia, che il rispetto degli
«impegni», questa volta, sia garantito dall’interesse di Washington

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