Non riciclate troppo, sennò io cosa brucio?

Quello che segue è il comunicato stampa di Legambiente Valle d’Aosta sulla decisione della Regione di non istituire un centro per il compostaggio dei rifiuti organici domestici, richiesto invece attraverso una petizione da oltre 1000 cittadini (se vi sembrano pochi, considerate che l’intera Valle d’Aosta ha poco più di 120 mila abitanti, più o meno un quartiere di una grande città).

Senza il compostaggio, la raccolta differenziata non potrà fare il salto di qualità, ma senza rifiuti la decisione imposta dalla Regione – l’incenerimento – non potrebbe essere realizzata per mancanza di una quantità sufficiente di combustibile. Ci condannano all’aumento delle patologie tumorali e in cambio ci impediscono di adottare comportamenti virtuosi e si guardano bene dal premiare chi differenzia di più con la riduzione delle tasse sui rifiuti.

Non riesco a capire perché nella mia regione il numero delle persone che protesta sia sempre così piccolo… L’avete capito che i lavori per la costruzione dell’inceneritore tra un po’ inizieranno?

Il comunicato di Legambiente:

RESPINTO L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO CHIESTO DA PIÙ DI MILLE CITTADINI

LA REGIONE CONDANNA ALLO STALLO LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E SI PREPARA A FAR PAGARE AI VALDOSTANI UNA TARIFFA ALTISSIMA

Più aumenta la raccolta differenziata più diventa assurda la spesa di 220 milioni di euro per un impianto (quale non si sa) che bruci i rifiuti indifferenziati.

È questa la vera ragione per cui la III Commissione regionale ha respinto la petizione di oltre mille valdostani che chiedevano la raccolta differenziata dei rifiuti organici degli abitati di fondo Valle e il loro trattatamento in un apposito impianto di compostaggio.

Risultano infatti ben poco convincenti le ragioni ufficiali addotte.

Si è detto che in varie vallate si sta attivando il compostaggio domestico; la petizione non proponeva affatto una raccolta dove c’è già il compostaggio, ma solo dove non è facile farlo, come ad Aosta.

Si è detto che il compost non avrebbe mercato; ce l’ha in tutti quei posti dove viene fatto bene e ne viene intelligentemente incentivato l’uso.

Vera invece l’altra motivazione addotta e cioè che «la proposta non è coerente con le decisioni assunte dal Consiglio regionale in materia di gestione dei rifiuti».

In altre parole, siccome la Regione ha deciso di bruciare, ridurre ulteriormente il già scarso materiale per alimentare l’impianto alzerebbe ulteriormente il costo unitario che, è stato calcolato, raggiungerà la ragguardevole cifra di 220 euro a tonnellata.

Non sarà inoltre attivata una tariffa puntuale per premiare chi produce meno rifiuti e incentivare la raccolta differenziata (sennò che cosa bruciano?) e quindi il passaggio da tassa a tariffa previsto dalla legge costerà a tutti uno sproposito.

Aosta 27/10/10 L’Ufficio Stampa di Legambiente.

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L’unica «Ruby» di cui mi voglio occupare…

Naturalmente anche una persona normale, non dico per forza un capo di governo, non può andare in giro dicendo che Tizia è nipote di Caio se ciò non è vero (in gergo, la cosa si chiama «bugia»), e se Caio è a sua volta un capo di Stato o di governo possono nascere spiacevoli incidenti internazionali.

Circa l’attitudine berlusconiana al dileggio gratuito di intere categorie di persone («coglioni», qualche anno fa, erano quelli che votavano a sinistra; pietra negativa di paragone sono i «gay» nell’anno del Signore 2010) segnalo il divertente generatore automatico di comparazioni di Berlusconi presente sul sito di Metilparaben.

Naturalmente ha ragione «Le Monde» a prevedere per il governo Berlusconi una fine ingloriosa, segnata da «tanfo da basso impero». Se non sarà oggi, sono convinto che il cilindro del vecchio prestigiatore sia ancora pieno di potenziali scandali che prima o dopo schizzeranno fuori come tanti conigli.

Tuttavia, il problema principale mi sembra sempre questo: che tipo di Italia è quella disposta a sopportare/scusare/amare le bassezze del suo premier, elevandole al rango di simpatici tratti caratterizzanti?

La vicenda Ruby mette chiaramente in evidenza la concezione tutta personalistica del potere, propria oggi (purtroppo e purtroppo non solo) del presidente senza consiglio. Il capo del governo italiano trova normale telefonare in questura per tirare fuori dai guai una ragazza – indipendentemente dalla natura dei rapporti che lo legano a essa e anche dal motivo per cui quella ragazza è stata trattenuta – motivando il proprio agire con il fatto di essere una persona di “buon cuore“.

Lo stesso “buon cuore” non gli impedisce invece di portare avanti politiche repressive nei confronti di altre ragazze, bambini e adulti che, per il semplice fatto di non avere documenti in regola e senza aver commesso altro reato, sono arrestati e concentrati nei Cie, strutture tristemente simili a lager.

Lo stesso “buon cuore” non gli impedisce di avallare leggi repressive che trattano chi si limita a consumare sostanze illegali alla stregua di un narcotrafficante, chiudendo dietro di lui i cancelli di carceri sovraffollati e infestati da presenze non concepibili in uno Stato di diritto, come gli aguzzini dei Bianzino e dei Cucchi, carnefici nei confronti dei quali vige sovrana l’impunità.

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La guerra in tempo di crisi: Afghanistan, articolo 11 e finanziamenti militari

Copio e incollo un comunicato stampa del «Comitato valdostano 16 ottobre – Io sto con la Fiom» che mi riguarda personalmente.

Giovedì 4 novembre 2010 alle ore 21 presso la saletta dell’Hôtel des Etats, in piazza Chanoux ad Aosta (e non presso la sede del Csv, come avevo erroneamente annunciato in un paio di articoli precedenti), si terrà un incontro-dibattito sul tema «La guerra in tempo di crisi: Afghanistan, articolo 11 e finanziamenti militari».

Dico che l’iniziativa mi coinvolge personalmente sia perché sono fra i promotori, sia perché hanno voluto a tutti i costi che io fossi il moderatore della serata, in qualità di membro dell’Arci (un motivo in più per partecipare, visto che sarà sicuramente piuttosto divertente vedermi alle prese con un compito che non ho mai affrontato e non so fare).

Il 4 novembre è l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, conflitto costato all’umanità almeno 9 milioni di vittime, senza contare il ruolo che la «grande guerra» ha avuto nel porre le premesse per la seconda, quella dei campi di sterminio, dei bombardamenti a tappeto e delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

Il 4 novembre è anche la Festa delle Forze armate. Che cosa vi sia da festeggiare lo sa solo la retorica militarista, quella che daii muri delle nostre città presenta i soldati come «costruttori di pace». Ma naturalmente gli eserciti sono mossi da interessi economici e strategici, e le armi hanno di brutto questo: se te le procuri, prima o poi le usi (e servono a uccidere).

Alla serata interverranno diverse personalità della società civile e dell’antimilitarismo valdostano (si veda sotto, nel comunicato).

Invito tutte e tutti a partecipare!

Il comunicato:

Il «Comitato Valdostano 16 Ottobre – Io Sto Con La FIOM» è lieto di annunciare che, dopo il buon esito del presidio di solidarietà avvenuto due settimane fa, ha deciso di proseguire la sua attività per ricercare un maggiore coinvolgimento, partecipazione e sensibilizzazione popolare sulla ricerca di una società radicalmente diversa rispetto a quella attuale, così come in conformità con il discorso espresso dal segretario nazionale della FIOM, Maurizio Landini.

Per questo il Comitato continuerà a vedersi in incontri pubblici aperti al pubblico per portare avanti principalmente un serio discorso sul lavoro. Un’altra società però si costruisce avendo una visione globale, perciò il Comitato ritiene di svolgere un’iniziativa nella giornata del 4 novembre, “Giornata delle Forze Armate” e “Festa dell’Unità Nazionale” per offrire una prospettiva diversa su una tematica collegata a quella della difesa militare e della guerra.

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4 novembre e iniziative antimilitariste

È da appurare se ne hanno il potere, ma mi hanno detto che la questura della mia città (Aosta) vorrebbe negare il permesso per qualunque volantinaggio il 4 novembre.

Quel giorno, dicono, è delle forze armate. Un bell’esempio di democrazia, se confermato, e mi secca pensare che tanti benpensanti troveranno giuste le precauzioni della questura: «Ma proprio il giorno delle Forze armate dovete rompere i coglioni? La vostra è una provocazione».

Eh sì, bella scoperta: è proprio una provocazione e non capisco che cosa ci sia di male. Anche perché, se avete notato, siamo noi – non i militari – quelli che chiedono di NON fare la guerra. Non dovremmo essere considerati i “buoni”? Perché ci trattano come estremisti?

Certo la notizia non sarà confermata, ma se dovesse esserlo, immagino che ciò potrebbe dipendere da un unico fatto: Aosta è un posto un po’ fuori dal mondo. Colgo allora l’occasione per rilanciare le iniziative di altri territori, le poche di cui sono a conoscenza, almeno, anche solo allo scopo di dimostrare alla questura di Aosta che protestare contro la logica della guerra il giorno delle forze armate non è poi così fuori dal mondo.

Ho ricevuto un’e-mail dal Laboratorio per la Pace di Galliate (Novara), che mi ha girato alcuni volantini. Li rendo disponibili in formato PDF (per vederli, cliccate sui link che trovate qui sotto, dove parlo delle singole iniziative) e pubblico di seguito il breve comunicato stampa che li accompagna.

Premetto che una delle iniziative, un presidio davanti alla prefettura di Novara (PDF) in programma per sabato 6 novembre a partire dalle ore 15 è in parziale sovrapposizione con l’happening antimilitarista di Cameri (Novara) organizzato dall’Assemblea Permanente No F-35, al quale intendo aderire. Chi mi ha scritto a nome del Laboratorio per la Pace mi ha assicurato che non c’è nessuna «contrapposizione» tra le due iniziative e che – anzi – cercheranno di essere presenti la mattina a quella di Cameri.

Il comunicato stampa del Laboratorio per la Pace di Galliate (Novara)

Laboratorio per la Pace di Galliate, in collaborazione con Associazione per la pace di Novara e Medicina Democratica, invitano a 2 iniziative dedicate alla ricorrenza del 4 novembre, che per noi è “festa” per la fine di una guerra di massacri e di distruzioni.

DOMENICA 31 OTTOBRE dalle ore 9 alle 19  in Piazza Vittorio Veneto a Galliate (piazza del Castello) sarà allestita la mostra «Disarmare il futuro» (PDF). 15 sagome militari e 15 sagome civili si confrontano con dati e riflessioni su spese militari e spese civili, missioni all’estero e guerra in Afghanistan, industria bellica e commercio di armi, F35 e alternative sociali,  alla ricerca di scelte diverse per la gestione delle risorse economiche pubbliche.

GIOVEDì 4 NOVEMBRE alle ore 21 a Galliate, presso la Domus Mariae, via Bianca Maria da Caravaggio 2, siete invitati al dibattito pubblico «Disarmiamo il futuro» (PDF) con Francesco Vignarca, di Rete Disarmo e Altreconomia, autore del libro «Il caro armato. Spese, affari, sprechi delle forze armate italiane» e con Giorgio Beretta, caporedattore di Unimondo.org, della Campagna nazionale Banche Armate.

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Cameri (Novara) – manifestazione 6 novembre

Sabato 6 novembre a Cameri (Novara) per dire no alla fabbrica della morte che produrrà il nuovo F-35, cacciabombardiere Usa di ultima generazione.

Ne ho parlato QUI, pubblicando il comunicato stampa dell’Assemblea Permanente No F-35 di Novara.

Da oggi l’iniziativa è anche su Facebook, per chi volesse “prenotarsi” (ovviamente non ce n’è bisogno, però, tanto per avere un’idea di quanti si sarà…).

Altre iniziative antimilitariste sono organizzate/bisogna organizzare nei giorni precedenti nei territori. Ad Aosta il 4 novembre (Festa delle Forze armate) al Csv (Centro servizi per il volontariato) presso la saletta dell’Hôtel des Etats in piazza Chanoux, ad Aosta, ci sarà un incontro-dibattito dal titolo La guerra in tempo di crisi: Afghanistan, articolo 11 e finanziamenti militari.

Infine, ricordo ancora una volta la “mia” petizione per il ripristino del vero nome del ministero della Difesa: «Ministero della Guerra». Si tratta di un’iniziativa contro l’ipocrisia delle cosiddette «guerre umanitarie», perché è essenziale riappropriarsi della lingua e ricominciare a chiamare le cose con il loro nome.

L’Italia è un Paese in guerra e per l’Italia la guerra è perfettamente illegale (art. 11 della Costituzione).

Pubblico il comunicato tratto dall’evento Happening No War su Facebook.

BASTA CON I VENTI DI GUERRA
di Assemblea Permanente No F-35 (Novara)

Ancora una volta siamo a ricordare una data (il 4 novembre) il cui significato è molteplice e che ricorda la fine di uno dei più grandi massacri della storia dell’umanità. Oltre 600.000 giovani e meno giovani partiti dalle campagne e dalle città italiane persero la vita in quel gigantesco macello che fu la prima guerra mondiale, ma da allora i potenti, non soddisfatti, ci hanno fatto vivere ben pochi periodi di pace e a farne le spese sono state come al solito le popolazioni di vari stati, le classi subalterne, prima sfruttate nel duro lavoro dei campi e delle fabbriche e poi macellate sui campi di battaglia. E con loro gli orfani, le vedove, i mutilati e gli invalidi.

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Wu Ming. Un «frattempo» per lavorare con lentezza


Da Giap, il blog di Wu Ming, un’interessante riflessione sulla necessità di un «frattempo» nel quale «lavorare con lentezza», evitando di trasformarci in tanti «topi», ovvero esseri frenetici, intenti a commentare tutto, parlare di tutto, salvo poi lasciare ogni cosa a metà; scrivere di tutto subito, finché il “ferro” è ancora caldo, come tanti – inutili – tuttologi.

Confesso di essere stato fin troppo spesso «topo», almeno su internet. E forse un giorno pubblicherò l’elenco delle cose che non ho portato a termine. Ma verrebbe fuori un post molto lungo.

Il testo di Wu Ming è condivisibile con licenza Creative Commons 3.0.la stessa di questo blog: se ripubblico devo citare l’autore, non aver finalità commerciali, impegnarmi a diffondere la nuova opera con la stessa licenza.

Il testo:

Abbiamo parlato più volte, qui su Giap, della necessità di un “frattempo”, un tempo nostro, sfasato e autonomo rispetto alle aggressioni della cronaca, dell’opinionismo, delle storie tossiche, delle voghe culturali. Un tempo non ansiogeno, che accolga in sé e rallenti pressioni e sollecitazioni, e ne smorzi l’impeto per rielaborarle. Lavorare con lentezza. Questo per non ridurci, come dice Alain Badiou, a topi:

«Topo è chi, tutto all’interno della temporalità dell’opinione, non può sopportare d’attendere […] Topo è chi ha bisogno di precipitarsi nella temporalità che gli viene offerta, senza essere affatto in grado di stabilire una durata propria.»

L’aria è piena del suonar di pifferi che ci richiamano in quanto topi. Topo è anche il “tuttologo”, chi si precipita a farsi un’opinione su qualunque fatto, per gettarla subito in pasto al mondo. Topi sono certi “attivisti da click” che aprono gruppi su Facebook su qualunque cosa accada e montano campagne immaginarie su pseudo-eventi. La rete è piena dei “fossili” di cose fatte in fretta e poi abbandonate. Topo è lo scrittore che risponde a domande su qualunque argomento, a prescindere dalla conoscenza che ne ha. Topo è chi non si prende il tempo di elaborare e riflettere.

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La carovana Lifeline 5 è entrata a Gaza


Apprendo dal sito Infopal che la carovana lifeline 5 è entrata a Gaza ieri pomeriggio (21 ottobre) dal valico di Rafah, rompendo l’embargo unilaterale israeliano.

Decine di camion carichi di aiuti e attivisti sono entrati nella Striscia, accolti dall’entusiasmo della popolazione. Il valore complessivo degli aiuti introdotti a Gaza è valutato in 5 milioni di dollari.

La carovana dovrebbe rimanere a Gaza 3 giorni.

Il convoglio era salpato dal porto di Latkia, in Siria, e aveva raggiunto quello di Al Arish, in Egitto, dopo aver preso accordi con le autorità del Cairo, per poi completare il tragitto con 40 chilometri di viaggio, fino al valico di Rafah, attraversato con il consenso egiziano.

Il governo egiziano ha impedito l’ingresso ad alcuni membri della carovana, considerati evidentemente più sgraditi degli altri, a cominciare dal promotore dell’iniziativa, il parlamentare britannico George Galloway. Altre 17 persone sono state bloccate, compresi alcuni famigliari delle vittime della Mavi Marmara.

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