Missili di fine d’anno

Come missili che cadono in terra, producendo sfacelo.

Il deserto che creano ha il nome di pace.

Lunedì 27 saranno due anni dall’esplosione del «Piombo Fuso» su Gaza. Più di 1400 morti, metà dei quali minorenni. Da allora a oggi continua l’embargo unilaterale israeliano, illegale e mortifero. Gaza è una grande prigione, periodicamente sconquassata dai raid. L’ultima volta (che io sappia) l’altro ieri, martedì 21, nel silenzio e nell’ignoranza del mondo.

Ma Israele èsi autodefinisce – «l’unica democrazia del Medioriente»; veniamo dunque all’Europa, all’Italia, alle democrazie “vere”, quelle che con la “democrazia” sionista spartiscono affari e trattati di cooperazione militare (recentemente aerei da guerra israeliani si sono esercitati con la nostra aviazione militare in Sardegna).

Veniamo all’Europa, all’Italia, dunque. A quel ministro della Repubblica che oggi può festeggiare l’approvazione di una riforma dell’università scellerata, che mette la formazione/diffusione del sapere nelle mani del business e impedisce ogni speranza di promozione sociale attraverso lo studio; un ministro che considera «storica» la giornata di oggi perché archivia finalmente il ’68.

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Della violenza parli Minosse. Noi costruiamo il futuro.

Ho provato a spiegare, in un post forse non molto riuscito scritto a ridosso del 14 dicembre, che cosa penso delle violenze che hanno fatto seguito alla fiducia parlamentare ottenuta dal peggior governo degli ultimi 150 anni, a partire dal fatto che la violenza vera è quella di un sistema economico-politico che condanna tutte e tutti alla precarietà, all’obbedienza, alla necessità di cucirsi addosso futuri molto stretti e già preconfezionati da qualcun altro.

Sulla violenza in sé (quella dei tumulti, intendo) mi pare stupido soffermarsi a elucubrare: nessuno di noi è san Pietro e non abbiamo ricevuto in custodia le chiavi del paradiso; e neppure siamo Minosse, che nell’Inferno di Dante assegna i dannati al proprio girone attorcigliando la coda. Dobbiamo renderci conto che i continui, stucchevoli, richiami degli ultimi giorni all’assoluta inaccettabilità della violenza rischiano in realtà di sortire l’effetto contrario (ammesso e non concesso che si propongano davvero d’invitare alla calma).

Voglio dire, semplicemente, che alla violenza ricorre chi non ha altre strade. E se reagire alla violenza significa negare la legittimità delle cause che l’hanno generata, la risposta violenta non potrà che ripetersi, amplificata, da parte di chi non vede prospettive per sé, ma, nel frattempo, ha ben chiaro chi deve ringraziare per la propria situazione di precarietà. Vale a dire i violenti veri, quelli che siedono in Parlamento e nei consigli di amministrazione delle borse e delle società.

Se la risposta dello Stato ai “violenti” (quelli della strada) sarà una stretta autoritaria, magari gli «arresti preventivi» di fascista memoria proposti da Gasparri, il sentimento di assoluta impotenza di chi non è d’accordo col regime si tradurrà forzatamente in nuovi scoppi di violenza.

Riporto dunque con piacere il testo di un discorso tenuto dall’amico Alessandro Pascale alla manifestazione studentesca del 22 dicembre 2010 ad Aosta, che condivido e sottoscrivo in pieno (dato il contesto, anche nelle parolacce).

Le violenze giovanili e l’ipocrisia di Stato e benpensanti
di Alessandro Pascale

Abbiamo visto tutti quanti cosa è successo il 14 dicembre: un folto numero di ragazzi ha messo a ferro e fuoco le strade di Roma. Lo ha fatto in maniera violenta, trovando la fiera opposizione altrettanto violenta e spesso gratuita delle forze dell’ordine. Subito l’ipocrisia si è scatenata su giornali e televisioni: il ministro La Russa ha zittito, aggredito e minacciato nel corso di una trasmissione televisiva uno studente colpevole di criticare la riforma Gelmini. La Russa ha dato del violento e del terrorista ad un ragazzo che cercava di far riflettere sulle cause per cui i giovani di oggi si rivoltano.

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Novara. La via crucis del povero cristo

Un appuntamento e una buona notizia da Novara, dove la questura aveva rifiutato al Gruppo Teatrale Spontaneo dell’Associazione Amici di Isarno il permesso di mettere in scena in centro città lo spettacolo «La via crucis del povero cristo».

La denuncia del gruppo e dell’Assemblea permanente No F-35, insieme alla solidarietà giunta da tante realtà d’Italia hanno convinto la questura a tornare sulla propria decisione, il che costituisce un messaggio di speranza in questo periodaccio in cui l’impegno civile e la cittadinanza attiva sembrano sempre destinati a soccombere di fronte a qualche «potere».

La rappresentazione si terrà dunque a Novara, questa domenica, 19 dicembre alle ore 16 all’angolo di via Mazzini con corso Italia (nei pressi del comune). Quello che segue è il comunicato stampa dell’Assemblea permanente No F-35.

LA CULTURA FA PAURA
(soprattutto in questi tempi…)
di Assemblea permanente No F-35 Novara

Dopo la nostra denuncia e le testimonianze di solidarietà arrivate, la Questura di Novara ha fatto il dovuto passo indietro e ci ha autorizzato lo spazio in centro città di Novara per fare lo spettacolo la “VIA CRUCIS DEL POVERO CRISTO”, tragedia popolare in 15 stagioni.

Domenica 19 Dicembre, ore 16 angolo delle ore (via Mazzini/angolo corso Italia, per chi non è di Novara nei pressi del comune).

Vi aspettiamo numerosi.

3) TERZA STAZIONE: Il Povero Cristo cade la prima volta.

Ti compatiamo, Povero Cristo, e ti esortiamo alla rivolta. Perché sopportando la maledetta Croce della guerra  hai consegnato il mondo ai potenti.

«Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta: il bilancio del ministero della difesa, come nelle ultime 12 finanziarie bipartisan, reclama i soliti 20 miliardi di euro per le spese militari correnti, mentre 15 miliardi di commesse pubbliche andranno alla industria multinazionale Lokheed Martin per l’acquisto di 131 aerei F-35, mentre ci raccontano la menzogna (fra un orgia e un inciucio mafioso) che c’è la crisi, che non ci sono soldi per ospedali e scuole, o per sanare il dramma della disoccupazione e la piaga del precariato o per non trattare da schiavi i fratelli migranti, senza i quali il paese si bloccherebbe. È il dolore dell’ingiustizia e dell’impunità dei potenti che mi tormenta più della fatica della croce». (Lamentazioni 1.12)

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Azione e reazione. Roma, 14 dicembre 2010

Non ho riso di fronte alle immagini dei blindati in fiamme, ma neppure ho pianto. A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: è, se ricordo bene, una legge della fisica. I ragazzi in piazza sono saliti sulle barricate. Poi possiamo disquisire per ore sul peso dei black bloc (così i giornalisti si ostinano a chiamarli, forse per prepararsi ai festeggiamenti, l’anno prossimo, dei 10 anni da Genova 2001, corollario dei 150 d’Italia) e forse il grosso degli scontri è dovuto a facinorosi (quelli in divisa, però, assieme a quelli in tuta nera). Ma ciò che è accaduto oggi è una reazione perfettamente logica ad azioni di forza uguale e contraria perpetrate dall’alto e, conseguentemente, un fenomeno destinato a ripetersi e ampliarsi.

Gli scontri di Roma, che hanno fatto da cornice al voto di fiducia al peggior governo degli ultimi 150 anni, non sono il semplice prodotto dell’esasperazione per ciò che appare “poco pulito”: dai giochetti di Palazzo, alla compravendita dei voti da giorni sulla bocca di tutti, all’eterno sopravvivere dei potenti, impermeabili agli scandali e molto più «eguali» degli altri cittadini davanti alla legge.

Ben altra è l’esasperazione di chi è sceso in strada. Moltissimi pacificamente, oltretutto (ed è bene ricordarlo perché non esiteranno a equiparare gli studenti, i precari o la Fiom ai violenti, così come sempre hanno fatto). Si tratta dell’esasperazione sacrosanta di chi sa che il proprio futuro è messo sotto ipoteca da quei pochi che non si fanno scrupolo a decidere per tutti gli altri.

Quelli che permettono la devastazione ambientale di intere comunità decidendo al di sopra della testa della gente.

Quelli che impongono con la forza i rifiuti a Terzigno e i prefabbricati all’Aquila.

Che antepongono le merci e gli utili agli esseri umani.

Che espongono i loro beni di lusso nelle vetrine di via del Corso oggi sfondate mentre la forbice tra ricchi e poveri si divarica sempre più.

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Un riarmo da un miliardo di euro (dal governo a Finmeccanica) – dal blog Rompere le Righe

Dal blog «Rompere le Righe» qualche dato sul «programma di riarmo del valore di quasi un miliardo di euro» approvato dalle commissioni Difesa di Camera e Senato (vi pare fuori luogo se provo ancora una volta a rilanciare la mia petizione online contro l’ipocrisia di chi parla di «Difesa»?).

«Rompere le Righe» è attivo contro la base militare di Mattarello (Trento) e, in generale, contro la guerra.

Nel concedermi l’autorizzazione a pubblicare, chi gestisce il blog ha precisato che il «testo sul riarmo è incompleto, dal momento che una parte cospicua dei finanziamenti, non compresa nel bliancio del ministero della Difesa, viene dai ministeri dello sviluppo economico e delle Finanze (per un totale di 5, 7 miliardi di euro)».

Un riarmo da un miliardo di euro (dal governo a Finmeccanica)
dal blog Rompere le Righe.

Le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno approvato in fretta e furia, e con il silenzio-assenso dell’opposizione Pd, un programma di riarmo del valore di quasi un miliardo di euro, buona parte dei quali finiranno alle aziende belliche del gruppo Finmeccanica.

Il programma pluriennale di acquisizione di armamenti, legato al crescente impegno bellico dell’Italia sul fronte di guerra afghano e alle esigenze strategiche della Nato, prevede una spesa complessiva di 933,8 milioni di euro nell’arco dei prossimi quattro/nove anni. Vediamo il dettaglio di quella che potrebbe essere l’ultima lista della spesa del ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

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Se il governo non cade. Proposte per il dopo martedì?

Martedì prossimo il Parlamento italiano voterà la fiducia al governo Berlusconi.

Se la metà di ciò che si sente in giro è vera, il governo non cadrà, grazie alla “campagna-acquisti” del premier.

Mi hanno detto che un parlamentare costa 500mila euro.

Mi auguro che si tratti di illazioni e che il Parlamento italiano voti secondo coscienza.

Mi auguro che martedì questo regime finisca.

In caso contrario che cosa faremo da martedì in poi? Il pressing sull’esecutivo, come quello sul ministro Gelmini per quanto riguarda la “riforma” della scuola, non può e non deve finire.

Si accettano proposte di modi originali e creativi per esprimere la propria indignazione nel caso in cui Berlusconi continui a occupare palazzo Chigi. Il blog pubblica volentieri.

Per quanto mi riguarda, penso che passerò il pomeriggio di mercoledì a distribuire qualche centinaio di volantini in versi.

Abito in una piccola città.

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Appello alla società valdostana contro il corteo fascista del 14 dicembre

Pubblico una lettera aperta dell’amico Alessandro Pascale in merito alla manifestazione contro la riforma Gelmini organizzata dal Blocco studentesco ad Aosta per martedì 14 dicembre.

L’invito è chiaro ed è quello a non mischiare persone e movimenti occasionalmente accomunati dalla critica ai pastrocchi che il ministro della Beata ignoranza si ostina a chiamare pomposamente riforma, ma divisi su tutto il resto, dalla propria visione della società al tipo di scuola che vorrebbero.

Non è possibile alcuna cooperazione con i neofascisti, a meno che non se ne condivida l’ideologia. Qualunque forma di azione comune legittimerebbe gli eredi di un passato fatto di servitù, odio razziale e guerra.

Il fascismo non è altro che questo.

Appello alla società valdostana contro il corteo fascista del 14 dicembre
di Alessandro Pascale

Scrivo questa lettera rivolgendomi alle istituzioni, alla società civile, alle famiglie valdostane e soprattutto ai genitori di ragazzi che studiano in questo momento alle scuole superiori. Rivolgo loro un appello alla mobilitazione per sensibilizzare i ragazzi valdostani su una tematica fondamentale su cui si reggono sia la Costituzione repubblicana che lo Statuto regionale: l’antifascismo.

Tutti sanno che martedì 14 dicembre il Parlamento voterà le mozioni di sfiducia al Governo Berlusconi. Per il movimento studentesco nazionale è una tappa cruciale: se il Governo cade probabilmente cadrà con esso la “riforma” Gelmini. Ad Aosta purtroppo quella giornata sarà caratterizzata da una manifestazione organizzata dal Blocco Studentesco, ossia ragazzi appartenenti al gruppo neofascista di Casa Pound. Il Collettivo Studentesco Valdostano, fondato come la Costituzione sull’antifascismo, si è rifiutato di fare una manifestazione unitaria con questo gruppo, sulla base di diverse considerazioni logiche:

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