Domenica 12 e lunedì 13 giugno succederà qualcosa di un po’ particolare. Per una volta, noi cittadini avremo voce in capitolo.
Qualcuno, oltre a me, si sarà accorto (magari arricciando il naso) che nella moderna concezione di democrazia l’elezione popolare equivale alla licenza assoluta, per l’eletto, di fare tutto ciò che gli passa per la testa, per tutta la durata del suo mandato, senza dover mai rendere conto a nessuno.
Quante decisioni, per buone o cattive che siano, sono prese ogni giorno sopra la testa dei cittadini, calpestandone la volontà, nella convinzione che la democrazia sia proprio questo?
Ecco, il referendum è un’eccezione. Una maniera di riappropriarsi della propria sovranità, quella che, come recita la nostra Costituzione, tanto splendida quanto bistrattata, «appartiene al popolo» (art. 1).
I quesiti referendari questa volta sono davvero importanti e infatti il governo sta facendo di tutto per far fallire l’appuntamento, a cominciare dalla scelta delle date, perché ha paura di dover accettare che la popolazione imponga scelte diverse dalle sue.