L’epidemia (un racconto e un augurio per chiudere bene l’anno)

 Il blog pubblica sotto questa licenza
 Oggi è il 31 dicembre e non mi sembra bello salutare il navigante (per non parlare del vecchio e caro 2007) con le consuete lamentazioni sul mondo. Voglio pubblicare un racconto dal titolo forse non proprio beneaugurante (L’epidemia), ma comunque simpatico, e mettere in pratica quanto più volte affermato (e scarsamente mantenuto) in queste pagine: non limitarmi a criticare, ma offrire qualcosa, innanzitutto materiale utilizzabile, come questo testo. Come tutto ciò che viene proposto in questo blog, anche il testo che segue è pubblicato sotto una licenza Creative Commons (perciò puoi riprodurlo liberamente a patto di rispettarne l’integrità, dire chi è l’autore, non avere scopo di lucro).
 
 Detto questo, buona lettura e buon 2008!


 
 L’epidemia

 
 

 
Il vecchio Pasquale fu la prima vittima.
 Lo trovarono svenuto in pieno centro, mentre cercava di ripararsi dal sole del dopopranzo sotto una tettoia. Lo caricarono sopra un carretto e lo portarono all’Ospedale policlinico, dal quale uscì dopo un giorno appena, poiché le sue condizioni erano nella norma e la responsabilità dell’accaduto, secondo la dichiarazione del primario, dottor Ludovico Sezze, andava addebitata «all’estrema calura di questi giorni, che sembra che il sole sia disceso nelle strade e a quell’età non conviene passeggiare da soli».
 
 Tutto ciò era perfettamente plausibile.
 Non pioveva da parecchie settimane e il caldo era stato causa di numerosi incendi che – si diceva – scoppiavano spontanei nei campi. Anche la cascina di Pasquale era andata in fumo, ma il vecchio sosteneva che il sole non c’entrava niente e che la colpa andava addebitata all’invidia di qualche nemico.
 
 Ora vagabondava di locale in locale e si proclamava l’eletto: diceva di essere superiore agli altri uomini, viveva di boria e non mangiava quasi più, tanto che s’era ridotto a uno spaventapasseri avvizzito. Intanto, la vita cittadina continuava come sempre: nelle botteghe ferveva il lavoro, la Rocca forniva un rifugio malinconico ai poeti e agli innamorati e il mare faceva avanti e indietro sulle sue onde eterne, solcate dalle barche dei pescatori. Nei vicoli, però, i vecchi edifici guidavano il vento per cento corridoi intonacati, raccogliendo le confidenze del vecchio chiacchierone e dispensando agli uomini incertezze e timori. E fu così che nessuno provò realmente stupore quando, una settimana dopo il mutamento di Pasquale, anche Tonino, il gestore del Caffè di Santa Spé, principiò a dare i numeri.
 
 «Sono il migliore», ripeteva senza sosta; e rifiutava di servire i clienti malvestiti. Continua a leggere

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Torre Guaceto, i beni comuni e la piaga degli incendi (con un accenno alla centrale a carbone di Cerano)

 Torre GuacetoTorno finalmente a Torre Guaceto; è la prima volta dopo l’incendio di quest’estate, che ha fatto fuori più di cento ettari di canneto e anche qualche tratto di macchia mediterranea. Grazie ai soccorritori, il peggio è stato scongiurato e le fiamme sono state spente prima di poter fare danni irreparabili. Nel giro di qualche mese, il canneto è ricresciuto: resta un po’ di terra nera e qualche albero più alto un poco bruciacchiato, ma posso dire con gioia che il grosso della riserva naturale è intatto. Con SilviaDanilo seguiamo per un tratto la stradina che corre parallela alla superstrada, poi ci addentriamo nella vegetazione e andiamo verso la torre, parte passando dai sentieri, parte dalla spiaggia. Anche se oggi è il giorno di Santo Stefano, la torre è aperta, grazie alla presenza di un volontario del Wwf, che ci parla del rogo di quest’estate e ci fa un po’ di storia della riserva. Se non si fossero domate in tempo le fiamme, a farne le spese sarebbero state altre piante, come il ginepro coccolone, un esemplare antichissimo di flora locale, presente sul posto da prima che la torre fosse edificata sette secoli fa, per avvistare i turchi sul mare. Il danno maggiore ha interessato la fauna: l’incendio ha colpito i rettili che vivono nel canneto e distrutto le loro uova. Tra le vittime ci sono le testuggini d’acqua dolce, tartarughe piuttosto rare che trovano nell’acqua della riserva il loro habitat ideale.
 Il rogo di quest’estate sembrerebbe non avere  origine dolosa. Incendi dovuti alla mano dell’uomo, tuttavia, si sono sviluppati nella zona verso la metà degli anni ’90, prima dell’istituzione della riserva statale, a causa dell’interesse personale di chi voleva costruire strutture d’accoglienza turistica. A quanto mi si dice, il fautore del progetto di “sviluppo” sarebbe stato un uomo politico locale, destinato a far carriera, quel Cosimo Mele (ma qui dicono Mimmo), nato nella vicina Carovigno, che in seguito sarebbe divenuto onorevole, nonché protagonista dello scandalo a base di sesso e cocaina che tutti conosciamo. L’istituzione della riserva, fortunatamente, ha messo un argine al tentativo di sfruttare – devastandola – una zona incantevole. Il volontario del Wwf ci racconta che all’inizio s’è dovuto «combattere culturalmente con la gente del posto», contro i pescatori di frodo, ad esempio, e che prima della creazione di una zona protetta l’unica attività possibile, per i volontari, insieme alla gestione della torre, era l’opera di sensibilizzazione. Il caso di Torre Guaceto è un ottimo esempio di come si possa difendere l’interesse comune, solo che lo si voglia, anche a costo di andare contro interessi privati fortissimi, come quelli della politica, dell’intrallazzo e dell’imprenditoria turistico-edilizia. Continua a leggere

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La testa sopra le nuvole

  Sotto di noi la massa bianca delle nuvole appare compatta come una distesa di neve, banchisa artica sconfinata e vaporosa, che sorvoliamo illuminati dal calore del sole. Qualcosa a un tratto, sembra un palo, sporge da sotto le nubi, sbuca al di sopra del manto: siamo troppo alti perché sia un manufatto, a meno che non si trovi sulla cima d’un monte. Ma le Alpi sono più in là, cosa ci sia là sotto è un bel mistero: che cosa potrebbe essere il piccolo pilastro simile a punta d’obelisco che emerge dal bianco? Reale è reale, questo è sicuro: il “palo” proietta nitida la sua ombra lunga e sottile sulle nubi di sotto, simile a un monolito, oggetto del culto di qualche stormo d’uccelli. Non posso fotografare, e non soltanto per la possibilità di manovra limitata, dovuta al finestrino.
 
A quanto pare, siamo ancora in fase di ascensione e mi è stato vietato di scattare foto, benché non creda affatto che una macchinetta digitale sia un apparecchio elettronico in grado d’influenzare la strumentazione di bordo. Intanto, più in là, verso l’orizzonte, compaiono tre cime di montagna imbiancate e messe in fila l’una accanto all’altra. Guardo meglio e capisco che stavolta proprio di nuvole si tratta: le vette si sfaldano e abbandonano la loro consistenza di roccia, mentre in basso a sinistra, nel campo visivo lasciato libero dal finestrino, s’innalza sbuffando una piccola tromba d’aria, subito pronta a trasformarsi in drago.
 
Abbiamo superato Ancona, lo dice il capitano, e procediamo al di sopra delle nubi, a un’altezza di 10 mila metri sul livello del mare, più di mille metri al di sopra dell’Everest, la stessa altitudine dalla quale i moderni bombardieri sganciano le loro bombe sulle città nemiche (sto leggendo Guernica, 1937 di Angelo D’Orsi, che un po’ influenza le mie associazioni mentali…). Ora la foto è libera, così immortalo più e più volte la bianca distesa, simile a quando, all’arrivo della seggiovia, butti lo sguardo a valle e lo recuperi abbacinato dalla nitidezza di quel panettone candido, negazione e premessa della discesa incipiente. Così sistemi il laccio dei bastoncini e parti, desideroso d’esplorare.

 

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“Guernica, 1937 – Le bombe, la barbarie, la menzogna”.

 Guernica, 1937. Si parla del passato ma anche del presente, nel libro del professor Angelo D’Orsi. L’incontro, tenutosi all’espace populaire di Aosta qualche giorno fa, comincia con una serie d’immagini d’epoca. Nel 1937 i baschi sono gli unici cattolici repubblicani di Spagna; dal nuovo governo sperano di ottenere quell’autonomia, che certo il generale Francisco Franco non sarebbe disposto a concedere. Sullo schermo assistiamo alla fuga della popolazione dalla guerra, sui carri, con le proprie masserizie. Osserviamo gli incendi, frutto dei bombardamenti, bambini che mangiano per strada, gli abitanti di Bilbao che corrono verso i rifugi durante l’allarme aereo. Una donna ha due bambini con sé: ne porta uno in braccio, l’altro lo tiene per mano. “Rubo” al volo qualche frase in spagnolo. «Acabaron con Guernica», dice la voce fuori campo, mentre la videocamera esibisce le macerie della città-simbolo della nazione basca, bersagliata dalla Luftwaffe. «Población exhausta», sento ancora. E finalmente ecco le navi francesi e inglesi, che imbarcano i bambini per metterli in salvo.
  
 Parlare della guerra civile spagnola significa parlare di tutte le guerre successive. Continua a leggere

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Il Canto di Natale (Tre spettri nella mente e due al telefono)

Indice mondiale della corruzione A tutte le lettrici e i lettori del blog, un imprevisto dono natalizio, l’audio della telefonata tra Berlusconi e Saccà, che tutt* dovremmo ascoltare bene, soprattutto prima di andare a votare. O sarà solo un caso se nell’indice mondiale di corruzione facciamo il nostro figurone al 41° posto? [Il punteggio rileva il grado di percezione della corruzione visto da analisti e uomini d’affari. Si va dal pieno punteggio, 100, che significa altamente integro, fino allo 0, altamente corrotto. Il nostro Paese totalizza 55,3. Fonte: Transparency International. Clicca sulla tabella per ingrandirla].
 
 E visto che si parla di regali…
 
 Pensavo di ignorare il Natale, visto che quella che andrà in scena il 25 dicembre sarà la solita celebrazione rituale della religione consumista, però non ce l’ho fatta. Infatti, come il protagonista del Canto di Natale di Dickens, l’avarissimo Scrooge, quello che dà il nome a Paperon de’ Paperoni (Uncle Scrooge in lingua originale) sono stato visitato da tre spettri, che mi hanno cambiato dentro.
 Il primo è stato quello del rimorso: «Ipocrita!», mi son detto. «Davvero hai il fegato di parlare di consumismo con tutti i regali che hai comprato?» E non li ho ancora finiti! Il secondo fantasma si è materializzato in una lettera pubblicata sul manifesto di ieri, giovedì 20 dicembre, firmata dalle Donne in Nero di Roma. È molto toccante e mi permetto di trascriverla (o, per meglio dire, incollarla). S’intitola Viaggio in Palestina. Continua a leggere

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Vicenza, 15 dicembre 2007 – Cronaca e foto della manifestazione No Dal Molin

 La prima cosa che colpisce, a Vicenza, è l’organizzazione.
 
La prima indicazione per il parcheggio ce la dà la polizia, al casello, ma subito dopo vediamo alcune persone con la bandiera No Dal Molin, “appostate” ai bivi. Anche i cartelli con le frecce hanno il logo con il caccia sbarrato. Quando il pullman si ferma davanti alla stazione, non c’è ancora molta animazione. Rispetto al 12 febbraio, è attesa meno gente e gli organizzatori sostengono che la manifestazione potrà considerarsi riuscita se si presenteranno 20-30 mila persone. Il tempo di quattro passi nel centro, fino alla basilica del Palladio in fase di restauro, lungo le belle vie di una città d’arte incantevole, soltanto un po’ nascosta dalle bancarelle natalizie, poi torniamo verso la stazione. Nel frattempo, la folla è cresciuta e il corteo bell’e formato. La gente è tanta; anche questa volta decine di migliaia di persone, provenienti da tutta Italia, hanno risposto all’appello di Vicenza.
  

La testa del corteo

 
 

La seconda cosa che colpisce, a Vicenza, è la fantasia.
 
Quella di donne e uomini, semplici cittadini (né agitatori, né professionisti della politica) che da circa un anno mettono in gioco se stessi e la propria esistenza quotidiana per lottare contro l’ennesima ferita inferta al territorio da un modello di sviluppo insostenibile, che trova nelle armi la sua prosecuzione naturale. La nuova base dovrebbe diventare la testa di ponte delle incursioni militari aeree americane in Medio Oriente e in Africa. La nuova base dovrebbe sorgere sulla falda idrica più importante della zona. La nuova base potrebbe ospitare le armi atomiche statunitensi, come già avviene a Ghedi e ad Aviano, sebbene l’Italia abbia firmato il Trattato di Non Proliferazione nucleare.
 

Bambini vicentini

 Contro interessi di queste proporzioni, i vicentini hanno saputo lottare, nei 12 mesi passati, secondo un metodo di azione collettiva, con grande originalità e inventiva, coniando slogan, inventandosi “popolo delle pentole”, innalzando e ora raddoppiando il tendone del Presidio permanente, promuovendo il boicottaggio di banche e aziende interessate alla costruzione della base, stringendo “alleanze” con gli altri movimenti italiani, preparando, a settembre, un campeggio/convegno, piantando alberi entro il perimetro dell’aeroporto, bloccando i lavori di bonifica preliminari e ora organizzando la tre giorni europea, cui hanno aderito cechi, tedeschi, inglesi e anche tanti americani contro la guerra o a favore dell’impeachment di Bush. Continua a leggere

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S’i’ fosse foco

 

 
 A volte nella mia testa certe notizie evocano associazioni d’idee piuttosto strampalate. Il Presidente della Repubblica, Garante supremo della Costituzione italiana (cito un articolo a caso, l’undicesimo: «L’Italia ripudia la guerra»), ha appena assicurato agli americani che la nuova base al Dal Molin di Vicenza si farà. «La decisione è stata presa e non ci sono ripensamenti», ha detto. E ai giornalisti, che chiedevano un commento sulla lettera con cui i quattro ministri della Sinistra-Arcobaleno chiedevano a Prodi un ripensamento, ha spiegato serafico che «Scrivere lettere è previsto dalla Costituzione» (parola di Garante). Di fronte allo sberleffo pronunciato dal Capo dello Stato, se fossi ministro rassegnerei le dimissioni.
 
Così ho pensato a quella vecchia poesia di Cecco Angiolieri, drammaticamente attuale, e ne approfitto per proporre un gioco. Continua a leggere

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