Donna. Lo sfruttamento bipartisan e un appello alla sinistra

 
 La prima immagine di questo articolo è tratta dalla campagna tessere di Rifondazione. Si rivolge alle donne, cui affibbia un ruolo frivolo, veicolato attraverso un immaginario violentemente maschile, se è vero che i tacchi a spillo non rappresentano pienamente l’idea che la
donna
ha della propria identità di genere.
 In ogni caso, non si capisce che cosa c’entri questa immagine con l’idea di essere/votare comunista.
 

 La seconda imagine è tratta dalla campagna elettorale del centrodestra in Puglia, che gioca con lo "scandalo D’Addario" (non sarebbe più logico parlare di "scandalo Berlusconi"?), utilizzando la "parte di sotto" di una donna a vantaggio di un candidato uomo (Fabrizio D’Addario: il "gioco" è imperniato sul cognome).
 
 Quello che segue, invece, è un appello ai candidati di sinistra
,
pubblicato in rete da Silvia Nono, Adriana Valente, Serena
Perrone
e Maria Teresa Carbone
, perché la donna non sia utilizzata come
«oggetto di scambio»: «i
o non
considero normale
», dovranno sottoscrivere
i
candidati
, «che le donne siano trattate come merce di scambio
nelle relazioni personali e professionali, nella politica, nella
comunicazione
».
 
Lo riporto perché lo ritengo giusto e perché, nonostante tutto, la sinistra è ancora la mia parte politica.
 Lo potete firmare QUI.
 La stessa cosa avrebbe senso fare a destra, perché lo sfruttamento della donna è un comportamento veramente bipartisan.
 Se qualche elettrice di destra volesse lanciare un appello
analogo presso i propri candidati…
 
 Appello ai candidati di sinistra perché la donna non sia utilizzata come «oggetto di scambio».
 Dal blog nonconsideronormale.com
 
 Ci siamo stufate di sentir dire con un sorriso sornione alla radio, in farmacia, in televisione: e che sarà mai? Ci sono cose peggiori… In questi giorni ci siamo chieste: ma ci sono degli italiani che considerano offensivo trattare una donna come un oggetto di scambio, o ormai la pensano tutti così? Così abbiamo pensato di lanciare un appello ai candidati di sinistra: per poterci fidare di loro, per poterli votare, esigiamo che si schierino. Chiediamo che tra i primi punti del programma politico dei candidati di sinistra venga inserita una dichiarazione semplice, chiara e forte: io non considero normale che le donne siano trattate come merce di scambio nelle relazioni personali e professionali, nella politica, nella comunicazione. Continua a leggere

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Il terzo compleanno del blog

 
 Giovedì 25
febbraio – questo giovedì – sarà il terzo compleanno del blog.
 

 
Quattro giorni
dopo mia figlia compirà 10 mesi, il che significa, ancora, notti di sonno
difficile e pochissimo tempo fuori casa.
 Aggiungiamo un
certo sconforto per le notizie che vengono da fuori, dalla politica e oltre, più quello che deriva
dal non riuscire a star dietro alle cose, e sarà possibile capire perché quest’anno
il blog non festeggerà pubblicamente, come accaduto invece nel 2008 e nel 2009
[vedi 1 e 2].
  N
on ho finito, però, di affidare i miei pensieri (e talvolta, mi
auguro,
un po’
d’informazione
) a queste pagine elettroniche. Vi chiedo ancora pazienza: nel frattempo continuate
a seguire il blog, partecipate
magari al concorso che ha indetto, e giovedì, se volete, lasciate un commento di auguri… Continua a leggere

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Sanremo

 
 Sono stato qualche giorno in Francia, così non so se qualcuno si è accorto o no (immagino di sì, sarà sulla bocca di tutti, ma non ho informazioni in proposito) che il ritornello di «Italia amore mio», la canzone presentata a Sanremo da Emanuele Cicisberto di Savoia (sbaglio sempre il nome, credo sia Filiberto, non Cicisberto) è un piccolo plagio da «Somewhere over the rainbow», solo che «Somewhere over the rainbow» è una canzone, mentre onestamente non saprei classificare «Italia amore mio». Retorica? Réclame? Cito solo due versi cantati da Pupo, dedicati al giovine erede di casa Savoia: «Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente / ma non ti sei mai paragonato a chi ha sofferto veramente». Noblesse oblige.
 


 Per il resto, mi piacerebbe sapere quanti soldi del contribuente sono stati spesi per avere a Sanremo nella stessa serata Jennifer Lopez e i Tokio Hotel. Mi piacerebbe anche sapere quanti soldi del contribuente sono stati spesi per avere sul palco dell’Ariston (momento del tutto slegato dal contesto della "gara") il coreografo e i ballerini di Michael Jackson, impegnati – a quanto pare – in una specie di tour postumo.
 
 Ma, poiché anche queste domande esprimono retorica, saluto il 60° Festival di Sanremo e torno a occuparmi di cose più serie. Continua a leggere

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Italia: nuova stretta alla libertà di stampa


 Il governo stringe ancora sulla libertà di stampa. Rischiano di chiudere il manifesto e altri giornali di opposizione (più altri che d’opposizione non sono). Il capo del governo, di Mondadori e di Mediaset ha imposto la fiducia sul maxiemendamento che sancisce la fine del diritto soggettivo al contributo pubblico per i quotidiani no profit.
 Il resto leggetelo qui sopra o, se non volete rovinarvi gli occhi, cercatelo in edicola, sul manifesto, spendendo un euro e trenta e dando così una mano a non morire a una delle ultime voci fuori dal coro. Continua a leggere

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Eluana Englaro e il «rammarico» dell’aspirante Deità

 Gli anniversari sono un un’occasione obbligata, prevedibile: non serve aspettare il 9 febbraio per ricordare Eluana e Beppino Englaro, la battaglia di civiltà di un padre che chiede di mettere fine all’agonia di una figlia in coma da 14 anni e si scontra con la sordità dello Stato-pater familias e le esigenze ideologiche del potere e della religione.
 Non serve aspettare il 9 febbraio, soprattutto in un Paese che vira sempre più verso l’inciviltà di scelte imposte per tutt@ dall’alto, che si tratti delle modalità con le quali (non) interrompere una gravidanza indesiderata o di costruire una centrale nucleare vicino a casa tua.
 Ma oggi, in questo primo anniversario, il tizio che siede a palazzo Chigi ha espresso «rammarico e dolore» per non aver potuto evitare quella morte, cosa che in nessun modo poteva dipendere da lui perché in fin dei conti – se lo metta in testa una volta per tutte, a costo di ferire irrimediabilmente il proprio orgoglio – Berlusconi non è Iddio Onnipotente.
 Credo che il modo migliore di ricordare Eluana e la sua vicenda, oltre a invocare una vera legge sul testamento biologico, sia rileggere il brano «L’Istituzione-branco», che Wu Ming 1 scrisse, un anno fa, sull’onda dell’emozione per la vicenda, esprimendo il proprio sdegno nei confronti di uno Stato che pretende di governare le vite, le coscienze, l’etica individuale dei cittadini.
 Oltre al testo, a quanto ne so liberamente riproducibile per scelta dell’autore, ripubblico anche una versione sonora, recitata da me e musicata al pianoforte da Beppe Barbera in occasione del secondo compleanno di questo blog, il 25 febbraio 2009.

 
 



 
 

[Se per qualunque ragione l’icona non dovesse visualizzarsi correttamente, cliccate QUI]

 
 L’Istituzione-branco (Wu Ming 1)

 
 La clinica nido di membra stanche la casa del riposo
 sorge su un colle azzurra come lama di forbice
 bianca come latte in polvere come
 un lenzuolo e silenzio attorno
 La Pace
 Arcadia dell’ultimo miglio
 qui si è raccolta la famiglia prega assiste la ragazza
 si prepara
 morta da tanti anni si appresta a morire
 senza la paura né l’orrore né bisogno
 di aggrapparsi a una mano nell’ultimo momento
 [come nei film prove d’attore a buon mercato]
 prima del tuffo nel vuoto perché fluttua già nel vuoto
 magra nel sarcofago vuoto solo un canale non sintonizzato
 sotto la palpebra vuoto
 
 Ce ne è voluto di tempo
 tempo per farsi udire capire tempo
 per ricorrere reclamare puntare i piedi
 risolvere
 tutti lo fanno di nascosto
 per non soffrire più
 di nascosto
 perché così si è sempre fatto
 di nascosto
 succede tutti i giorni dappertutto
 di nascosto
 si staccano le spine perché qualcuno inciampa
 si fermano le cure perché
 non sono cure
 la legge lo proibisce questi morti
 fratelli sorelle
 figlie
 non vanno sepolti
 legge dettata da imbecilli in palandrana
 virtuosi col culo degli altri
 mentecatti in sottanone
 mantecati in dottrine di fango
 e cattivi profumi
  Continua a leggere

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Contro una scuola al servizio del mondo del lavoro e dell’impresa

 
 Questo che segue è un appello (mio) per una scuola che abbia come scopo formare alunni preparati, ma soprattutto esseri umani e cittadini colti, responsabili, liberi e felici, anziché soddisfare supinamente le «richieste del mondo del lavoro».
 

 Appello contro una scuola al servizio del mondo del lavoro e dell’impresa
 
 «Dal prossimo anno scolastico avremo delle scuole che possono essere comparate a quelle degli altri paesi europei – ha detto il tizio che ci governa – perché, secondo quanto ci dichiarano tutte le imprese e le associazioni, la scuola attuale non sforna ragazzi con cognizioni adeguate alle richieste del mondo del lavoro».
 
 Perché secondo lui è questo che deve fare la scuola: fornire «cognizioni adeguate alle richieste del mondo del lavoro». Che non significa neppure preparare al mondo del lavoro, ma semplicemente accettarne le richieste e comportarsi di conseguenza.
 
 Nella mia pratica scolastica quotidiana, come insegnante di lettere in una scuola media, preferisco concentrarmi su altre cose. Comunicare il piacere della lettura e, più in generale, di una buona storia, che accompagnerà i miei alunni durante tutta la vita. Portarli a ragionare sulle cose, preferibilmente con la loro testa. Acquisire almeno un’idea dei principali avvenimenti storici che ci hanno portato fin qui. Insistere sui diritti, i doveri, il concetto di regola, di legge. Mostrare per quanto possibile la varietà del mondo e la bellezza delle specificità delle varie culture.
 
 Mi rendo conto che queste attività sono poco rispondenti al concetto di scuola come erogatrice di «cognizioni adeguate alle richieste del mondo del lavoro» e quando la mia istituzione scolastica sarà gestita da un consiglio di amministrazione in piena regola, forse finalmente sarò licenziato.
 
 Capisco anche benissimo che queste attività non sono d’aiuto (neppure in prospettiva) ad accrescere il prodotto interno lordo del Paese e forse sono persino antitetiche rispetto ai “valori” del sistema politico-mediatico dominante. Peccato che costituiscano l’unico tipo di scuola che sono disposto a immaginare.
 
 Mario Badino
 insegnante Continua a leggere

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Israele nell’Ue

 
 «Ammiro molto Silvio Berlusconi», ha dichiarato, secondo il sito internet del quotidiano Maariv, il premier israeliano Benyamin Netanyahu. «Israele non ha un amico più grande di lui nella comunità internazionale».
 Berlusconi, dal canto suo, ha detto di sognare Israele nell’Unione europea.
 
 Un’intesa perfetta, che richiama alla mente il detto popolare: «Dio li fa e poi li accoppia», o anche: «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei».
 
 Insieme nella guerra, fianco a fianco con un Paese che viola da decenni le risoluzioni dell’Onu, una sedicente democrazia che appena un anno fa ha ucciso 1400 palestinesi e anche dopo la fine dei bombardamenti non ha smesso di affamare un milione e mezzo di esseri umani con un embargo illegale.
 
 Certo, se Israele entrasse nell’Ue, qualche problema ci sarebbe con gli accordi di Schengen sulla libera circolazione fra Stati membri, con tutti gli attivisti per i diritti umani cui Tel Aviv nega l’accesso.
 

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