Perché la poesia

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Trasmetto questo messaggio “a reti unificate”, vale a dire sui blog mariobadino, ZiaPoe e Cianfrusaglia, perché trovo che abbia attinenza con gli argomenti trattati da tutti e tre.

Alcune persone mi hanno chiesto, soprattutto dopo l’uscita del libro, perché mi dedichi alla poesia e non, ad esempio, ai racconti o al romanzo.

C’è anche chiavendo saputo dell’uscita di Cianfrusaglia, ma ignorando di che cosa si trattasse – pensava che avessi pubblicato le mie considerazioni sul mondo, come nel mio blog “storico”, mostrandosi poi stupito di ritrovarsi davanti un’antologia di poesie.

In realtà non vedo grande differenza tra un genere letterario e l’altro, non per quanto riguarda il contenuto, né tanto meno per quanto riguarda gli intenti. Ho già cercato di spiegare che, di fronte allo schifo attuale, l’economia e la politica diventano difficilmente raccontabili nei modi consueti, perché c’è il rischio di scoraggiarsi a fare la cronistoria di dell’enorme (e banale) saccheggio di risorse, di vite e diritti che stanno portando avanti, condotto con la forza di chi può, nel nome dell’ipocrisia più ostentata.

La poesia offre una via di fuga non dall’impegno, bensì dalla tentazione del disarmo. È un modo di continuare la lotta con altre armi, nella speranza che i versi parlino al cuore e si facciano «sentire» più degli articoli o dei saggi. Io non riesco a comprendere come sia possibile, di fronte a certi comportamenti, che non ci troviamo ancora sulle barricate, ma è un fatto che tendiamo ad accettare qualunque cosa non dico senza prendere le armi (che è cosa che di per sé non condivido), ma senza neppure smettere di votare le stesse persone e gli stessi partiti.

La poesia vuole suggerire ciò che fino a qualche anno fa sembravamo condividere in moltissimi: che – cioè – un altro mondo sia (ancora) possibile, e comunque necessario. In questo i versi funzionano meglio della prosa (quanto meno del saggio e dell’articolo) perché sono in grado di suscitare emozioni di un certo tipo in persone fra loro molto diverse per orientamento e “tifoseria” politica. Ciò che altrimenti sarebbe etichettato come «comunista», «idealista», «ingenuo», «sognatore» – o ideologicamente nemico delle proprie idee – nella poesia si mostra nella sua evidenza, così com’è.

Il meccanismo dell’appropriazione: di reddito, potere, diritti. Il malcostume. L’indifferenza. E naturalmente anche questioni che con la lotta non c’entrano nulla, ma che sono lo stesso importanti in quanto umane, dai sentimenti, alle aspirazioni, ai voli pindarici compiuti tutti i giorni per non pensare, come ho scritto altrove, «che il nostro è il volo breve e colorato / dei petali nel vento».

Un’arma potente, insomma, come più in generale la letteratura. E una sfida: provare a diffondere e a leggere i miei testi in un Paese che non legge e che non legge poesia. E una sfida in evoluzione perché, dopo i testi brevi raccolti in Cianfrusaglia, mi piacerebbe scrivere qualcosa di completamente diverso, e mi frulla per il capo un’idea della quale non farò assolutamente nulla – come spesso mi succede – ma che non sarebbe affatto male: dipingere l’affresco della generale corruzione in una nuova Commedia, a partire da quella di Dante: una «selva» abitata da personaggi squallidi, dei quali non si dovrebbe neppure «ragionare», ma sui quali i nostri media spargono il loro miele: uomini e donne capaci di condizionare la nostra vita, uomini e donne di potere, eppure – in fin dei conti – figure squallide e meschine, alle prese con le loro fissazioni e manie.

A questo, nei prossimi giorni, penso di iniziare a dedicarmi.

>>> Nell’immagine, opera del fotografo Dante Alighieri, il sole abbraccia per un istante un gruppo di alberi della «seva oscura».

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