Lettera agli assassini di donne [da Meno e Pausa]


Muoiono donne
, in Italia, uccise da uomini che non le ritengono degne degli stessi diritti di un uomo, della stessa possibilità di decidere con chi uscire e (soprattutto) con chi no, in quali strade camminare e in quali è meglio di no, come vestirsi, anche, come disporre di sé. Nella civile Italia, dove una Costituzione ridotta sempre più a carta straccia rivendica però ancora la pari dignità, in diritti e doveri, fra i generi.

Ripubblico una lettera «agli assassini di donne», scritta da Antonella, autrice del blog Meno e Pausa, al quale rimando per ulteriori letture. Molti – e certamente anche molte – troveranno violenti i toni.

I toni! Perché è comodo vedere la violenza delle parole e giustificare nei fatti quella che fa male, trasformando in estremista chi invece la rifiuta, e in un pericolo chi addirittura osa difendersi.

Ripubblico volentieri questa lettera.

Lettera agli assassini di donne: i vostri crimini contro l’umanità
da Meno e Pausa.

Cari stronzi,

leggo di voi quasi tutti i giorni. Diciamo che non ne posso più. Sono una donna che dalla nascita ha dovuto difendersi per non farsi mettere le mani addosso da chi non accetta un No come risposta, da chi voleva spegnermi e sfinirmi, da chi voleva cancellarmi e ricattarmi, da chi voleva nuocere alla mia esistenza perché sono una donna. Altri motivi non ce n’è. Sono una donna e tanto basta. Perché non appartengo, non voglio appartenere, non mi concedo, non cedo, non mi svendo, non mi lascio inzozzare dalle mani unte, non mi lascio leccare da un bastardo viscido, non mi lascio penetrare da chi non sa neppure fare l’amore. Perché non dico sì quando penso no, perché ho il coraggio delle mie opinioni, perché sono tutta intera, di corpo testa e anima, perché ho un cuore grande, enorme, e vedo perfino te che ammazzi e spegni vite se non ti compiacciono e soddisfano e se non passano il tempo a spompinarti per obbedire all’ego, il tuo.

Sono una madre di una figlia, meravigliosa figlia, e ho passato la vita a difenderla perché l’ho partorita, la mia carne si è lacerata per darle respiro, il mio corpo è mutato per fare spazio a lei, perché l’ho nutrita, l’ho voluta, l’ho cresciuta e mai avrei potuto assistere impotente a un gesto, una parola, di un coglione che avesse osato metterle una mano addosso.

Ho passato la vita a difenderla per impedire che da bambina fosse toccata, strusciata, buffettata sulla guancia da pessimi individui. Per impedire che donne e uomini potessero umiliarla, mortificarla, toglierle sicurezza e autostima, far perire dentro di lei la chiara sensazione di ingiustizia che ti premia se hai una mente vigile e se nessuno accanto a te mente e ti infogna il cervello dicendoti che non è vero niente, che quello che hai visto non corrisponde alla verità, che hai torto, sei bugiarda. Invece è tutto vero, figlia mia, fidati delle tue sensazioni, sempre, perché l’istinto di sopravvivenza è l’unica cosa che ti salva certe volte e se tu percepisci un pericolo allora devi considerarlo tale.

Sono una madre e se vedessi un uomo chiamare mille volte al cellulare mia figlia che gli ha detto no gli farei ingoiare quel telefono di merda. Se vedessi uno che l’aspetta sotto casa potrebbe dire addio ai denti. Se vedessi uno che la rapisce e tenta di buttarla da un viadotto alla fine, credo, io gli farei cose inenarrabili perché non ci sono argomenti, salvacondotti, pene adeguate a torturatori di donne, carnefici, aguzzini, terroristi che intimoriscono le nostre figlie e le rendono succubi, insicure, sottomesse, paurose.

Se tu, assassino, osassi toccare quella figlia che io ho cresciuto, voluto e che amo più della mia stessa vita, non vedresti giorno e neppure notte. Non vedresti più niente. Perché io non accetto alcuna forma di tutela. La tutela serve a te per difenderti da me e da tutte le donne madri, sorelle e amiche di quelle che hai assassinato. Le pene sono solo un espediente che ti tiene protetto, al caldo, con attenuanti e cazzate varie, mentre là fuori tutto il mondo piange le tue vittime. Sei tu che hai bisogno di una scorta e non io ed è per questo che ti consegni, confessi, ti lasci ammanettare, racconti, che lei era così e poi cosà e non avevi scelta. Ce l’hai una scelta, quella di non incontrarmi mai perché io non perdono, non mi lascio imprigionare da sentimenti religiosi, non porgo l’altra guancia, non sono una missionaria e non faccio la carità.

Se ti avvicini a mia figlia tu – semplicemente – non esisti più.

E in generale, assassini, vi si dà fin troppo spazio. Vi vedo intervistati nelle televisioni. Vi vedo a raccontare palle dopo palle. Vi vedo a vilipendere le vostre vittime e io vi chiuderei la bocca uno a uno. Vi vedo a fare quello che nessuno dovrebbe permettervi di fare.

Siete assassini. Avete spento vite. Avete ucciso figlie, madri, sorelle, amiche, meravigliose donne che lottavano per esistere e che mentre lottavano non ce l’hanno fatta. Siete assassini e avete un piano di sterminio che elimini dalla faccia della terra le donne che vi disobbediscono. Siete assassini e nazisti e dovete fare la loro fine. Commettete crimini contro me, lei, loro, contro tutta l’umanità e siete ancora liberi di parlare e dire e giustificare e infangare e sputare veleno sulle donne che avete ucciso.

Sono una donna e sono una madre e la mia vita e la vita di mia figlia contano più della vostra. Avvicinatevi e vi farò a pezzi. Avvicinatevi e troverete una resistenza dura. Avvicinatevi e troverete partigiane che non hanno paura di niente e che riconoscono i criminali quando ne vedono uno. Avvicinatevi e tutto ciò che avverrà sarà per legittima difesa.

>>> L’immagine è opera di Lara Cavagnino.

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Una risposta a Lettera agli assassini di donne [da Meno e Pausa]

  1. Queste sono le parole giuste per dire basta, da sottoscrivere in ogni sillaba. Contro questa gente non si possono usare toni diversi. Sono troppi e sono sostanzialmente impuniti e ipergarantiti da una vecchia mentalità sessista che finisce sempre per prevalere, anche nei tribunali.
    Meglio cantare chiaro, meglio non aver paura di dirglielo: “Sono una donna e sono una madre e la mia vita e la vita di mia figlia contano più della vostra. Avvicinatevi e vi farò a pezzi. ”
    E purtroppo non sempre è sufficiente tenerli a distanza; agiscono anche senza “mani” in situazioni spaventose di violenza psicologica, sul lavoro ad esempio.

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