Noto Mezzogregorio, grande occhio Nato del Mediterraneo [di Antonio Mazzeo]

Ripubblico con il consenso dell’autore un articolo di Antonio Mazzeo, il cui blog invito a visitare.

Si tratta dell’ennesima conferma del fatto che le servitù militari hano conseguenze dirette sulla vita dei cittadini e che spesso la guerra uccide anche dove non infuria direttamente. Con buona pace di quella carta ormai dimenticata, che imporrebbe alla Repubblica di ripudiare il conflitto armato.

Noto Mezzogregorio, grande occhio Nato del Mediterraneo
di Antonio Mazzeo.

Panorami mozzafiato, a nord l’Etna innevata, da est a sud il mare azzurro smeraldo dello Ionio e del Canale di Sicilia. Intorno, le innumerevoli cave di calcare dell’altopiano ibleo, i voli dei falchi, i carrubi, i mandorli, gli ulivi. Le antichissime necropoli lambite dai letti di fiumi e ruscelli. I ruderi di eremi e chiese bizantine, i resti di quella che fu l’antica Noto spazzata dal funesto terremoto del 1693. Più a valle, la Noto nuova, città-gioiello del barocco siciliano. Su per i tornanti, a una decina di chilometri in direzione nord-ovest, contrada Mezzogregorio, 639 metri sul livello del mare. Un balcone con vista su mezza Sicilia e il Mediterraneo. Dalla fine del 1983, ospita una delle stazioni radar più importanti e meno conosciute dell’Alleanza Atlantica. Un enorme fungo-pallone bianco si erge a fianco di edifici e casermette. Più a lato, su una torretta, un radar che si muove incessante. A un centinaio di metri, separata da una stradina, una seconda area sottoposta a servitù militare, con sette alte antenne per le telecomunicazioni. È domenica, ma i camion e le ruspe si alternano all’ingresso dei cancelli della base del «34° Gruppo Radar GRAM dell’Aeronautica Militare di Siracusa». Accanto al fungo-pallone, alcuni operai lavorano a una nuova grande torre in cemento armato. Altri sono impegnati a scavare e posare lunghi cavi di acciaio. Le opere di ampliamento della telestazione di guerra sono iniziati qualche mese fa. «A Mezzogregorio è in atto l’ammodernamento delle strutture operative e tecniche nell’ambito del progetto Air Command and Control System (ACCS), che prevede il progressivo trasferimento delle funzioni di controllo radar presso un unico centro operativo nazionale», spiegano i portavoce dell’Aeronautica militare. L’ACCS è uno dei più recenti programmi della Nato (2009), costo complessivo due miliardi di euro, per potenziare la rete strategica di comando e controllo alleato in Europa. Nella grande torre in costruzione verrà installato uno dei dodici sistemi Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL commissionati dal ministero della Difesa italiano a Selex Sistemi Integrati, la società fino a poco tempo fa amministrata da lady G, Marina Grossi, moglie dell’ex presidente e ad Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini. Una supercommessa da 260 milioni di euro che interessa altri undici siti radar sparsi in tutto il territorio nazionale, a cui partecipa anche la Vitrociset S.p.A. di Roma, il cui presidente è il generale in pensione Mario Arpino, capo di Stato Maggiore della difesa fino al 2001. «Il FADR costituisce la struttura portante del programma con cui l’Aeronautica militare ha avviato la sostituzione dei propri sistemi di sorveglianza aerea per rendere disponibili le frequenze necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-MAX (Worldwide Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità in modalità wireless», ha spiegato il generale Mario Renzo Ottone, comandante del Centro per le operazioni aeree nazionali e Nato (COA-CAOC) di Poggio Renatico (Ferrara). Per i manager di Selex-Finmeccanica, il nuovo sistema radar «ha eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa frequenza di aerei e missili balistici», supportando diverse funzioni d’intelligence e guerra elettronica in ambito alleato. Il Fixed Air Defence Radar appartiene all’ultima generazione dei sistemi 3D a lungo raggio: con una portata sino a 500 km di distanza e 30 km in altezza, opera in una frequenza compresa tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band) e con una potenza media irradiante di 2,5 kW. Il 34° GRAM concorre oggi alla sorveglianza dello spazio aereo italiano e di buona parte di quello della regione sud-europea della Nato, «funzione primaria del sistema di difesa aerea che vede operativi, 24 ore su 24, i caccia-intercettori dei gruppi di volo dell’Aeronautica e i sistemi missilistici Spada e Hawk». «Il Gruppo radar di Mezzogregorio» – aggiunge il Comando dell’Aeronautica – «è sottoposto a una doppia dipendenza, una in linea gerarchica da parte del Comando di squadra aerea “Drago” di Milano, e una operativa Nato/Nazionale, rappresentata dal CAOC 5 (per la parte Nato) e dal co-ubicato comando COFA (per la parte nazionale) di Poggio Renatico». Al 34° GRAM convergono, per la loro elaborazione, le informazioni raccolte dalle due Squadriglie radar dell’AMI operanti in Sicilia, la 134^ di Lampedusa e la 135^ di Marsala. Il centro assicura pure l’interscambio informativo con le unità navali Usa e Nato in navigazione nel Mediterraneo. «Il 34° Gruppo radar è uno dei due siti italiani in possesso del sistema SSSB (Ship-Shore-Ship Buffer), attraverso il quale è possibile ricevere e trasmettere, in tempo reale, alle navi militari impegnate nelle attività di pattugliamento e sorveglianza marittima e dotate di particolari apparati elettronici, l’immagine della situazione aerea d’interesse», aggiunge l’AMI. Anche l’SSSB è uno dei programmi più rilevanti dal punto di vista strategico avviati in sede Nato. La stazione nel territorio di Noto (20 ettari di terreno espropriati a partire del 1977) fu inaugurata ufficialmente l’1 gennaio 1984, assorbendo le funzioni e parte dei sistemi di rilevamento dell’allora centro radar AMI di contrada Belvedere, nel comune di Siracusa. «Per l’assolvimento della missione assegnata, il 34° Gruppo radar si avvarrà di due distinte sedi, distanti tra loro circa 40 Km, la sede operativa di Mezzogregorio e la sede logistica di Siracusa che utilizza il sedime e parte delle strutture dell’ex-idroscalo militare “Arnaldo De Filippis” e dell’adiacente idroscalo civile che a partire dal 1955 furono restaurati e riconvertiti per divenire un’unica sede di supporto logistico», spiegò l’Aeronautica. Nella base furono installati un radar 2D del modello “Argos 10” della Selenia e le apparecchiature “semiautomatizzate” integrate nel NADGE (Nato Air Defence Ground Environment), il sistema di comando e controllo della difesa aerea che copre integralmente il territorio europeo della Nato, dalla Norvegia alla Turchia. Nella seconda metà degli anni ’90, le apparecchiature furono ulteriormente potenziate: l’Argos 10 fu sostituito dal radar 3D “multimissione e a lunga portata” AN/FPS-117 della Lockheed-Martin, in funzione in sedici paesi Nato ed extra-Nato. Nel 2003, il 34° GRAM ricevette il “Multi AEGIS Site Emulator” (M.A.S.E.), sensore Nato per l’elaborazione dati, la gestione delle operazioni di difesa e attacco e il “mantenimento della superiorità aerea”. Nonostante la potenza dei trasmettitori e dei dispositivi radar ospitati, scarsissima attenzione è stata prestata dalle autorità civili e militari ai possibili effetti dell’inquinamento elettromagnetico sulla popolazione residente nella vicinissima frazione di Testa dell’Acqua. In passato, alcuni professionisti locali avevano denunciato «il cattivo funzionamento dei sistemi d’allarme, delle apparecchiature elettriche e degli elettrodomestici». «Mi accorsi una volta che un giocattolo di mio figlio si accendeva improvvisamente nei pressi del radar», racconta uno di loro. «Allertammo il sindaco di Noto e chiedemmo l’intervento dell’ARPA, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Fu pure denunciato il caso di un bambino che abitava a poche centinaia di metri dalla base che si ammalò di leucemia. I vertici dell’Aeronautica militare ci assicurarono di aver preso le dovute precauzioni schermando gli impianti. Questi fatti avvennero intorno al 1996, ma a oggi non sappiamo ancora se sono stati eseguiti controlli sull’elettromagnetismo». Negli stessi anni, a Potenza Picena (Macerata), dove era in funzione un analogo sistema radar “Argos 10” dell’AMI, amministratori e gruppi ambientalisti denunciarono l’alta incidenza di gravissime patologie e di decessi per particolari neoplasie «con una percentuale anche di 9-10 punti alla media nazionale». Un’interrogazione parlamentare presentata nel novembre 1998 segnalò che nella cittadina si registravano «fenomeni inspiegabili, dall’accensione e dallo spegnimento improvvisi di TV e radio alla perdita del controllo delle auto da parte degli automobilisti». Inoltre si erano moltiplicati «i casi di tumori, le leucemie, gli aborti spontanei, i problemi al cristallino dell’occhio, i casi di vertigini, le convulsioni, le insonnie, l’ipertensione». Il 30 aprile 1999, fu l’allora sottosegretario di Stato alla sanità, Antonino Mangiacavallo, a negare in parlamento qualsivoglia responsabilità delle onde elettromagnetiche dell’impianto militare. «In esito alle proprie indagini – riferì – sia l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro ISPESL sia l’Istituto superiore di sanità concordarono che i campi elettromagnetici irradiati a Potenza Picena non comportavano rischi per la popolazione, in quanto la loro intensità risultava, in qualunque condizione, inferiore ai limiti raccomandati dalle più autorevoli organizzazioni protezionistiche internazionali». Due mesi prima, il diligente sottosegretario aveva preso carta e penna per rispondere al parlamentare Nicola Bono (An), che aveva ipotizzato possibili legami tra la stazione militare di Noto – Mezzogregorio e «l’aumento di neoplasie solide e liquide» in alcuni comuni della provincia di Siracusa. «I dati e le notizie raccolti dalle autorità sanitarie della regione Sicilia e, in particolare, dai competenti servizi dell’azienda USL n. 8 di Siracusa, non indicano alcun significativo aumento di patologie neoplastiche nei comuni circostanti l’area in cui è installato il radar», scrisse Mangiacavallo. «L’USL aveva disposto un’indagine epidemiologica al fine di accertare l’eventuale relazione fra mortalità e morbosità per neoplasie e inquinamento elettromagnetico nel territorio limitrofo al 34o Gruppo Radar dell’Aeronautica militare. Tale indagine ha contemplato un arco temporale di incidenza delle patologie di dieci anni, così da poter verificare in maniera attendibile la linea di tendenza, in incremento o decremento, dei fenomeni indagati. Nel complesso, sono state individuate undici persone ammalate o diversi tipi di cancro. Tuttavia, veniva riscontrato, fra essi, un solo caso di leucemia infantile (in una bambina di 5 anni), mentre era considerato come “sospetto” caso di leucemia lo stato patologico osservato in una paziente adulta”. Nonostante l’ammissione che «taluni studi epidemiologici e sperimentali» avevano provato l’associazione tra l’esposizione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza e l’insorgenza di patologie tumorali e leucemia infantile, il sottosegretario alla sanità giungeva ad affermare che «il nesso di causalità non viene tuttavia dimostrato, sia per la mancanza di un chiaro meccanismo d’azione dell’eventuale cancerogenicità dei campi magnetici di frequenza industriale, sia per le stesse carenze talvolta riscontrate negli studi in questione». Infine, il membro dell’allora governo di centrosinistra sposava le conclusioni di un rapporto appena pubblicato dallo statunitense National Research Council: «Dopo aver esaminato oltre 500 studi in tre anni, il prestigioso organismo afferma che le ricerche effettuate non hanno mostrato in alcun modo esauriente che i campi elettrici e magnetici comunemente riscontrabili negli ambienti residenziali possano causare problemi di salute». Tutto era sotto controllo dunque, e diveniva inutile qualsivoglia studio o valutazione della portata delle emissioni del Grande occhio Nato del Mediterraneo. Adesso il 34° GRAM si fa ancora più importante e più potente. Con buona pace degli ignari abitanti di Testa dell’Acqua e Mezzogregorio.

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