Boicotta Omsa: la grande amica e il grande fratello

«Golden Lady grande amica», dice lo slogan. Grandi amiche così ce n’è davvero bisogno, nel mondo sferzato dalla crisi; così come abbiamo bisogno di grandi fratelli, aziende e centri di potere – più o meno legali, più o meno occulti – che decidono al nostro posto che cosa dovremmo fare nelle nostre vite, che cosa fare delle nostre vite.

La notizia è arcinota, ma la rilancio lo stesso, così come rilancio l’idea connessa del boicottaggio.

La ditta Omsa di Faenza, che fa parte dell’universo Golden Lady (Arwa, Golden Lady, Hue Donna, Hue Uomo, Omsa, NY Legs, Philippe Matignon, Saltallegro, Saltallegro Bebè, Serenella, SiSi) ha da poco comunicato il licenziamento di 239 lavoratrici, con un simpatico fax spedito alla vigilia di capodanno. La produzione sarà spostata in Serbia e chi s’è visto s’è visto.

«La decisione di chiudere lo stabilimento di Faenza per riaprirlo in Serbia non ha giustificazione», si legge, su Facebook, nella pagina dell’evento Mai più Omsa, che spinge al boicottaggio dei prodotti del gruppo: «la Omsa, infatti, non è in crisi, produce e vende tantissimo, si fregia del marchio “made in Italy” e in Italia ha il grosso del suo mercato. Ma in Serbia, forse, può sfruttare meglio chi lavora».

Quella cui ci troviamo di fronte è l’ennesima “fuga” dei padroni, l’ennesimo caso di delocalizzazione finalizzata all’abbattimento del costo del lavoro, a spese di quegli esseri umani che quel lavoro hanno fatto finora e del cui destino ai manager, agli amministratori delegati di aziende che aspirano a una struttura multinazionale, non importa un fico secco.

Intendiamoci: in questo sistema economico – che in tanti si affannano a presentare come l’unico possibile, dal Capo dello Stato a quello del Governo, passando per Confindustria, Piddì, Pidielle, Idivù, svariati sindacati e chi più ne ha più ne metta – il ragionamento di Nerino Grassi, patròn di Golden Lady, è perfettamente logico, come del resto quello del suo “collega” Marchionne: a conti fatti delocalizzare conviene.

Conviene alla proprietà, ovviamente, che bada unicamente agli utili. Ma dalla viceda possiamo almeno imparare qualcosa, dando una buona volta per assodato che, al di là della retorica corrente, dell’«iniziativa economica» alle imprese non interessano né «l’utilità sociale», né tantomeno la «sicurezza», la «libertà», la «dignità umana» dei lavoratori e delle lavoratrici.

Ed ecco spiegatose mai ce ne fosse stato bisogno – l’accanimento di molti a voler modificare l’articolo 41 della Costituzione italiana.

Ma se il destino delle lavoratrici e dei lavoratori di un’azienda è una questione secondaria rispetto alla necessità di abbattere il costo del lavoro; se i profitti, se gli utili di un’impresa possono anche non concorrere a rendere migliore la società, perché sono valutati in sé e per sé, come tante cifre che scorrono su un monitor, qual è allora il significato di questo sistema economico? Perché non dovremmo pensare a un «noi» e a un «loro» i cui interessi sono in perfetta contrapposizione?

Si tratta dell’artificiosamente sopita lotta di classe, dell’1% del mondo che decide e del restante 99% che deve obbedire, eventualmente pagando le conseguenze delle altrui decisioni. Si tratta, in questo caso, di reagire a un’imposizione nella maniera più semplice possibile: smettere di acquistare i prodotti della ditta incriminata.

Boicottare Golden Lady e i marchi a essa collegati è innanzitutto doveroso come atto di solidarietà nei confronti delle 239 operaie licenziate. È anche una precisa scelta strategica: si è detto che delocalizzare conviene; sta a noi renderlo sconveniente. Ingnegnamoci per coivolgere nel boicottaggio il numero di persone più ampio possibile, per far circolare la notizia facendo cattiva pubblicità all’azienda, per resistere alla tentazione indotta dal lavaggio del cervello pubblicitario, anche quando della vicenda non si parlerà più e andare avanti con il boicottaggio sarà più difficile, perché subentrerà l’idea della sua inutilità.

Il motivo principale per cui non serve a niente lottare con i mulini a vento, dopotutto, è che a un certo punto ci si dà per vinti. Ma non sarebbe la prima volta che un’azienda torna sulle sue decisioni in seguito a un calo degli utili.

BOICOTTA ANCHE TU

ARWA, GOLDEN LADY, HUE DONNA, HUE UOMO, OMSA, NY LEGS, PHILIPPE MATIGNON, SALTALLEGRO, SALTALLEGRO BEBÈ, SERENELLA, SiSi

>>> Su Facebook, l’evento Mai più Omsa. Nei negozi della tua città, un sacco di prodotti da boicottare, azioni pacifiche possibili per sensibilizzare la gente, dal volantinaggio a cose più creative… E non dimentichiamoci di dire che cosa pensiamo… al servizio clienti!

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