Serata Kurda – Appunti da Diyarbakir – La morte di Ceylan Önkol

 Diyarbakir. Centro culturale Dicle Fyrat
 Serata di solidarietà con il popolo kurdo questa sera (sabato 14) al circolo Arci di cui faccio parte, l’espace populaire di Aosta, gemellato con il centro culturale Dicle Fyrat (Tigri ed Eufrate) di Diyarbakir, per festeggiare l’accoglimento della domanda di asilo politico della nostra amica Ezel, una delle tante vittime della repressione turca. Si comincerà con una cena kurda (prenotazioni al numero 0165 45 233), che prevede il sawar (cous-cous kurdo), il guvec (spezzatino di carne con verdure), l’insalata kurda e il sorbesir (dolce al latte). A seguire, sarà proiettato un video sulla situazione del popolo kurdo in Turchia e sarà presentato un progetto promosso dall’Arci in appoggio ai famigliari dei detenuti politici. Per finire, musica kurda.
 Proprio mentre mi accingevo a pubblicizzare
(con estremo ritardo) l’iniziativa sul blog, ho ricevuto un’e-mail da Arnela, che insieme a Luca si trova in Kurdistan, e che ha accolto il mio invito a farsi inviata del blog. La copincollo di seguito, ma invito anche a leggere la prima testimonianza inviatami, che ho pubblicato QUI. Segue un testo sulla morte di Ceylan Önkol, 14 anni, diffuso da Firat news agency, che ho appena tradotto dal francese, e che propongo a mo’ d’esempio della repressione del popolo kurdo in atto in Turchia.
 

 Appartenenza, frustrazione, repressione

 Appunti da Diyarbakir (Kurdistan)di Arnela
 
 Il centro culturale Dicle Fyrat (Tigri ed Eufrate), gemellato con l’Espace, si trova in un edificio del centro storico ed è molto frequentato dai giovani, soprattutto durante l’estate. Nei fine settimana sono
proposti molti corsi, dalla fotografia alla musica, alle danze popolari kurde. Mentre ci stavamo prendendo un çay, nel cortile interno del centro, un gruppo di ragazzi stava provando i propri strumenti…
 Durante il viaggio per Diyarbakir (Amed in kurdo), in una delle stazioni degli autobus si sono avvicinati a noi due ragazzi, studenti, chiedendoci se la nostra destinazione fosse proprio la loro città e alla nostra risposta, intuendo che per noi questo non rappresentava un problema, ci hanno detto, con un sorriso
indimenticabile, di essere kurdi.
 Abbiamo chiacchierato molto con le persone che abbiamo incontrato, spesso fino alle 5 del mattino, e quello che emerge dalle parole di ciascuno disegna uno scenario davvero lontano dal nostro immaginario. La negazione dei diritti del popolo kurdo, dalle piccole cose a quelle più atroci, è all’ordine del giorno da decenni. Questo spiega il forte attivismo di molti, cosa che all’inizio ci ha parecchio sorpresi, e che, di conseguenza, rende lunghissima la lista dei processi e degli arresti. Chi attraverso il partito (DTP), chi nelle strade e chi in montagna, ciascuno concentra la maggior parte delle proprie energie alla difesa dell’identità del proprio popolo e alla lotta di liberazione.
 Abbiamo, ovunque, avvertito il loro irrefrenabile desiderio, o ormai innata necessità, di parlare della propria cultura, delle tradizioni, delle abitudini, una ferrea volontà di studiarne le origini approfonditamente e di scoprirne altre meraviglie. Di fare il possibile perché non si perda nemmeno una parola, un modo di dire, della loro lingua e dei dialetti. Si sentono letteralmente derubati, della loro storia, delle usanze, della possibilità di far rimanere in vita la propria
cultura.

 
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 È impressionante poi come le parole prigione, tortura, arresto, facciano parte dei loro focolari. Dai racconti della maggior parte delle persone che abbiamo incontrato affiorano ricordi, spesso dell’infanzia, delle visite in prigione a padri, fratelli, amici. E proprio alcuni di loro sono in attesa di processi che, nella migliore delle ipotesi, si concluderanno con una decina di anni da scontare. Ci sono diverse carceri a Diyarbakir e loro le conoscono tutte. E le vedono ogni giorno andando all’università o a lavorare
.

 L’impegno che il governo Erdogan ha preso con l’Unione europea, a proposito della questione kurda, non ha nulla di autentico. Sì, è stato istituito un canale televisivo in lingua kurda [a proposito: proprio stasera mi sono imbattuto in questo articolo di PeaceReporter – un motivo di speranza?; aggiunta mia] ma non gestito direttamente da loro. E loro nemmeno lo considerano e continuano a guardare quei canali che già da qualche anno sono trasmessi sul satellite, attraverso il Belgio, e dai quali attingono alle informazioni e, soprattutto, alla loro musica. Cantano, cantano spesso, canti d’amore e di libertà. E hanno voci calde, vibranti.
 Il forte senso di appartenenza, e la frustrazione, che la repressione ha prodotto li guida alla ricerca delle proprie radici, quelle pure e incontaminate, e li porta a vedere in maniera negativa qualsiasi contaminazione storica. Le difese di Apo, Abdulah Ocalan, sono profonde ricerche volte a giustificare la presenza sul territorio del proprio popolo e a ricostruire, a partire da un lontanissimo passato, gli elementi su cui fondare la richiesta di riconoscimento e di indipendenza.
 Il nazionalismo ha sempre avuto bisogno di teorici e teorizzazioni per diffondersi in maniera capillare. Ho la sensazione che questo possa essere, senza che ce ne sia l’intenzione, un meccanismo inverso.


 La morte di Ceylan Önkol, 14 anni, ignorata dalle autorità
 
 Il 28 settembre 2009, Ceylan Önkol, giovane kurda di 14 anni, è morta in seguito a un tiro di mortaio. Il dramma ha avuto luogo in pieno giorno vicino al villaggio di Ecemis (Gorton), nel distretto di Lice (Diyarbakir). La giovane stava pascolando il gregge della sua famiglia quando su di lei è caduto un colpo di mortaio sparato, a quanto dicono gli abitanti del villaggio, dall’esercito turco.
 In attesa dell’arrivo del Procuratore della Repubblica e del medico, che in seguito hanno dichiarato di non essersi mossi a causa della mancanza di protezione e sicurezza,  il corpo della giovane è rimasto sul luogo del dramma per quasi sei ore, prima di essere trasportato dalla popolazione locale al posto di polizia e poi all’obitorio. Secondo quanto ha riportato l’edizione elettronica di Taraf, l’autopsia sarebbe stata praticata rapidamente da una inserviente e un funzionario dell’ospedale pubblico.
 L’imam e un abitante del villaggio hanno filmato il corpo, verosimilmente dilaniato della giovane per mostrarlo alle autorità che non si sono prese il disturbo di spostarsi. Il fratello della vittima ha dichiarato che hanno dovuto raccogliere loro stessi i pezzi del corpo di Ceylan Önkol, sparpagliati sopra vari alberi.
 «Il mortaio ha colpito all’altezza della pancia», ha dichiarato il fratello maggiore della vittima. «Abbiamo raccolto i pezzi del corpo della mia sorellina sugli alberi. Abbiamo estratto noi stessi i pezzi di mortaio che si trovavano nel corpo della mia sorellina. Siamo rimasti a piangere sul suo corpo. Abbiamo aspettato più di sei ore l’arrivo del Procuratore della Repubblica e del medico. Abbiamo contattato alcuni deputati. Alla fine, il Procuratore della Repubblica ci ha spiegato che non poteva spostarsi a causa della mancanza di sicurezza e che avremmo dovuto trasportare il corpo fino al posto di polizia di Abali. Abbiamo preso una bara in un altro villaggi, abbiamo messo i pezzi del corpo dentro una coperta e abbiamo dovuto trasportare il corpo con i nostri mezzi fino al posto di polizia di Abali a Bingöl. La vita di un essere umano vale davvero così poco? Perché nessuno si assume le proprie responsabilità?»
 Alcuni delegati dell’associazione per i diritti umani di Diyarbakir (Insan Haklari Derneği –IHD) si sono recati sul posto per esaminare il teatro del tramma. Secondo il loro rappresentante Serdar Çelebi, la ragazza non è morta in seguito all’esplosione di una mina perché non sono stati rinvenuti buchi sul luogo del dramma. Çelebi ha portato la testimonianza di alcuni abitanti del villaggio che hanno dichiarato di aver inteso un’esplosione a seguito di uno sparo. «Potrebbe trattarsi di un mortaio o di un’altra arma. Dopo il fatto, gli abitanti del villaggio hanno informato le autorità. Ma nessuno si è recato sui luoghi. Il posto di polizia di Abali ha incaricato un imam e un abitante del villaggio di filmare il luogo del dramma e fare alcune foto. Dopo di che, un responsabile dell’ospedale e uno del tribunale si sono recati al commissariato per stilare un rapporto. Nel rapporto è stato scritto che la vittima è morta a causa di una sostanza esplosiva e che non si considera utile l’autopsia», ha riferito Çelebi alla stampa.
 Il delegato dell’associazione per i diritti umani di Diyarbakir ha spiegato che, secondo le testimonianze, il colpo sarebbe venuto dal posto di polizia di Tapantepe (alla frontiera tra Bingöl e Diyarbakir). Un posto di polizia sito in una posizione dominante, che permette di osservare e notare tutto.
 Una delegazione composta dal rappresentante dell’Associazione per i diritti umani incaricata dell’est e del sud-est della Turchia, Ali Akinci, da un avvocato di Mazlum-Der, Mustafa Sarihan, da un membro del tribunale di Diyarbakir, Önder Üngur e da un membro dell’ordre dei medici di Diyarbakir, Cengiz Günay, si è recata la mattina del 1° ottobre 2009 à Lice. La delegazione dovrebbe incontrare gli abitanti del villaggio, le autorità militari, il procuratore della repubblica e il sottoprefetto che non hanno svolto l’indagine sul caso. La delegazione dovrebbe redigere un rapporto che sarà reso pubblico.
 
 Fonte: Firat news agency, Haber Diyarbakir, Taraf


 Di Arnela e Luca leggi anche:
 Visto negato
 «Siamo tutti nomadi» in Il No-B Day in Giordania
 Viaggio a est


 Le immagini di questo articolo mi sono state inviate da Arnela, "inviata in Kurdistan" per il blog, e raffigurano il centro culturale Dicle Fyrat (Tigri ed Eufrate) di Diyarbakir.
 Leggi anche la testimonianza Viaggio a est
 La serata kurda è su Facebook
 Leggi anche il post Asilo politico

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2 risposte a Serata Kurda – Appunti da Diyarbakir – La morte di Ceylan Önkol

  1. Eliolibre scrive:

    Ci sarò con lo spirito!!!!!

  2. Mario scrive:

    Grazie, Elio, ieri è stato molto interessante… Se trovo il tempo, pubblico il resoconto!

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