Non gettatevi dal finestrino – Ne vous jetez pas par la fenetre – Do not throw yourself…

Alla cortese attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi;
Alla cortese attenzione del Ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa;
E, per conoscenza, alla Direzione di Trenitalia.

Aosta, 11 aprile 2007


Signor Presidente, Signor Ministro,
vi è mai capitato di prendere uno dei tanti espressi notturni che attraversano il nostro Paese, collegando le città del sud a quelle del nord e viceversa? In caso affermativo, non vi stupirà questa mia osservazione: è scomodo e snervante, la notte, percorrere lunghe distanze in treno. In caso contrario, invece, vi converrebbe farlo: tocchereste con mano una situazione altrimenti inconcepibile. Ma andiamo con ordine: ieri sera sono salito a Brindisi sull’espresso per Torino. Mi sono insinuato nei corridoi pieni di gente, aprendomi pazientemente un cammino tra i corpi dei passeggeri senza prenotazione. Dietro di me, il mio trolley rosso.

I fatti notevoli del viaggio sono stati due: un caso in seguito smentito di doppia prenotazione dello stesso posto (una donna e un ragazzo avevano il medesimo sedile, anche se poi si è scoperto che la signora si era sbagliata, perché aveva prenotato per il giorno precedente) e l’intervento di un’ambulanza alla stazione di Bari.
Il primo fatto, in verità non molto straordinario, acquista valore se si fa un’analisi del comportamento dei viaggiatori. Prima che la vicenda sia chiarita, i commenti sono tutti contro Trenitalia, che non gode di ottima reputazione. «Il costo del biglietto più il supplemento e non aver neanche la certezza di sedere!», dice qualcuno. «Puoi ottenere il rimborso del biglietto», consiglia la donna al ragazzo che, cavallerescamente, le ha ceduto il posto. «Lo chieda lei», le risponde, «a noi il biglietto lo rimborsa la ditta». Insomma, è una gara di solidarietà: presto si scoprirà che le Ferrovie non hanno commesso alcun errore, ma per tutti i presenti l’ipotesi di un disguido è talmente ovvia da attivare strategie di mutuo soccorso contro il presunto disservizio.
Il secondo episodio è legato all’arrivo del treno alla stazione di Bari Centrale, con relativa frenata e tonfo di una valigia dalla reticella portapacchi dritta dritta sulla testa di una ragazza. Che si ferisce, inizia a piangere, a tremare. Interviene il 118. L’infortunata decide di proseguire il viaggio. Il medico raccomanda di tenerla sveglia tutta la notte, se ho capito bene per evitare che vomiti. Anche qui si tratta di un semplice incidente, ma vorrei capire una buona volta che cosa prescrivono i regolamenti (ammesso che i regolamenti prescrivano qualcosa) circa la dislocazione dei bagagli, fatalmente ammassati gli uni sugli altri in un treno strapieno.
Per il resto il viaggio è perfettamente normale: più di dodici ore per coprire un migliaio di chilometri e tanta gente accampata nei corridoi, chi seduto per terra, chi in piedi. Alla stazione di Foggia salgono altre persone, qualcuno grida: «Ma perché li fanno salire, se non ci sono più posti?». Dopo Foggia, insomma, raggiungere il gabinetto in fondo al corridoio appare un’impresa impossibile. Decido di sopportare lo stimolo il più a lungo possibile. Persino i fumatori hanno smesso di fare la spola tra lo scompartimento e il fondo della carrozza. A questo proposito: dodici ore di treno e non uno spazio per fumare! Ciò significa, per chi ha il vizio, chiudersi in bagno, o farsi una fumata in corridoio, ammorbando spazi comuni, concentrando le esalazioni in luoghi molto angusti, destinati ad altri scopi e che tutti frequenteranno, bambini compresi. Ciò che contrasta con le attuali disposizioni sul fumo che imporrebbero di attrezzare locali appositi, ampi e ventilati.
Nello scompartimento, intanto, comincia a fare un caldo insopportabile. A un certo punto qualcuno proverà ad aprire la finestra e io mi prenderò un bel mal di gola. Il ragazzo che ha ceduto il proprio posto alla signora è un muratore di Mesagne (BR) e viaggia verso Modena con un collega. Stanno  lavorando alla costruzione della nuova centrale idroelettrica sul fiume Secchia, a Sassuolo. Qualche giorno a casa per Pasqua, ma ora ricomincia il lavoro. La donna accanto a me è un’insegnante di Porto Cesareo (LE) e lavora in un centro territoriale di Modena. Domani sera ha lezione; sono quattro anni che fa avanti e indietro nord-sud. Qualcuno parla di gente che è riuscita a tornare a casa. «Beati loro» è il commento generale.
Signor Presidente, Signor Ministro, ma secondo voi è ovvio che nell’Italia del XXI secolo, che invia soldati in giro per il mondo e acquista centinaia di nuovi cacciabombardieri, migliaia di cittadini siano costretti alla condizione di immigrati nel proprio Paese? Che i soldi spesi per lo sviluppo del meridione finiscano sempre nelle tasche sbagliate? O forse è questo il concetto di flessibilità che avete in mente, quando parlate di riforma del mercato del lavoro? Se è così, non vi affannate: la flessibilità esiste da anni. È quella di mariti e mogli che, per mantenere una famiglia, vivono e lavorano in regioni diverse e fanno le ferie assieme. Quella di padri e madri meridionali che hanno figli in “alta Italia”, o in Europa. Quella di chi deve affrontare dodici ore di viaggio e affittarsi un monolocale per essere sul luogo di lavoro.
Se è questo ciò che si intende con flessibilità, qual è la differenza con quella precarietà della vita, degli affetti, delle relazioni sociali contro la quale in campagna elettorale il candidato Prodi diceva di voler intervenire? Vede sfide economiche più importanti di questa, Signor Presidente? Scorge opportunità di sviluppo più concrete, Signor Ministro? E se davanti a tutto questo doveste dichiararvi impotenti, se non sapeste rendere davvero cittadini tutti quei cittadini che sono stranieri in patria, se il vostro modello di riferimento fosse quello della mobilità assoluta, bè; anche in quel caso, traetene le giuste conseguenze. Almeno, fate in modo che un viaggio in treno non somigli a un trasporto di bestiame («Manco gli animali!», si sentiva gridare stamattina). Per quanto è in vostro potere, intervenite su Trenitalia per garantire il rispetto di alcune regole elementari relative al comfort, alla sicurezza e all’igiene. Non dimentico, Signor Ministro, che giusto qualche giorno fa lei ha lamentato il fatto che le tariffe ferroviarie italiane sono le più basse in Europa. Se così fosse (ma certo non sarà così dappertutto) dovrebbe essere un vanto, non un problema! Ma faccia come le consigliavo all’inizio: spenda 44 euro e 80, più 3 di prenotazione per un viaggetto da Brindisi a Torino. Lasci perdere la cuccetta, provi l’emozione del posto a sedere. Potrebbe cambiare idea sul prezzo del biglietto, facendo un semplice rapporto qualità/prezzo.
Io sono un cittadino italiano privilegiato, perché abito nel nord e ho un lavoro fisso, ma certe cose non le sopporto lo stesso. Grazie per l’attenzione,
Mario Badino.

Questa voce è stata pubblicata in Posta prioritaria. Contrassegna il permalink.