Recensione “vissuta”: M. Travaglio, La scomparsa dei fatti

Ieri sera sono andato all'Espace Populaire di Aosta per assistere alla presentazione del libro  La scomparsa dei fatti, di Marco Travaglio . Sono arrivato cinque minuti dopo le 21, data d'inizio dell'incontro, però l'autore doveva ancora arrivare. Quello che mi ha colpito è stato il movimento, alle nove di sera, nelle vie semiperiferiche intorno all'Espace: tutti per Travaglio, naturalmente. Trovare un parecheggio è stato un'impresa. Le parole che ho appena scritto possono apparire senza senso a chi non conosca Aosta. Ma se uno c'è stato, anche soltanto in vacanza, si chiederà: e come mai tutti quegli aostani hanno trovato la voglia di uscire di casa a notte inoltrata per andare a una conferenza? Questa è la dimostrazione che quando le cose si fanno, la gente partecipa. Nell'angusto spazio dell'Espace (un nome e un ossimoro) eravamo pigiati come acciughe. Io no, stavo bene, seduto per terra. Insieme ad altri fortunati abbiamo trovato posto dietro al tavolo del conferenziere. E abbiamo sentito l'autore.

Marco Travaglio ci ha parlato del suo nuovo libro, La scomparsa dei fatti, uscito persso il Saggiatore. Più di 300 pagine ben documentate, com'è nello stile del giornalista, per raccontare «lo stato dell’informazione in Italia: un’informazione programmaticamente svuotata di contenuti, malata di revisionismo, corrotta, mercenaria, sostanzialmente menzognera». «Se in America il giornalismo è il cane da guardia del potere, illumina Travaglio, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto».

Nel corso della serata, sono individuati cinque modi diversi di nascondere una notizia, anzi, per rimuovere i fatti, veri assenti dai dibattiti (non solo) televisivi in Italia. Il primo è semplice: succede una cosa e tu non ne parli (rimozione assoluta). Maestro di questo genere è l'ex direttore del Tg1 Clemente J. Mimun. Il secondo è un po' più raffinato: inventare o gonfiare ad arte notizie da presentare come importantissime per nasconderne altre, scomode. E' l'arte in cui eccelle Bruno Vespa. 3°: parlare delle cose senza parlarne. Buttare un tema e poi soffocarlo con un dibattito confuso, nel quale non si capisce niente. E' la tecnica dei Mentana, dei Floris. 4°: Se un giornalista riesce a raccontare un fatto lo si attacca sul piano personale ("Comunista!", "Fascista!"), affinché si parli del giornalista e non del fatto. 5°: Cambiare il significato delle parole, ad esempio chiamando pace la guerra, come nel romanzo 1984 di Orwel. Esemplare il caso di Tangentopoli: dal dibattito, infatti, sono scomparse proprio le tangenti e i colpevoli son divenuti vittime, i latitanti esuli, o addirittura rifugiati politici.

Mi sono comprato il libro di Travaglio e ho cominciato a leggerlo. Come al solito, si ride per non piangere.

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3 risposte a Recensione “vissuta”: M. Travaglio, La scomparsa dei fatti

  1. GF scrive:

    Azz, ma quanti miliardi di libri scrive Travaglio? Niente di male poi, lui è uno bravo (anche se spesso sembra che ci voglia tutti in galera) e male non fa…..

  2. claudio scrive:

    Sempre di meno di quelli di vespa comunque; e Travaglio
    ha molto piu’ tempo libero.

  3. Mario scrive:

    Comunque alla fine l’ho letto, il libro. Devo dire che è molto interessante, segno che, a differenza di Vespa, qualcosa da dire Travaglio ce l’ha. In particolare, mi ha colpito l’assurdità di certi sistemi, apparentemente sotto gli occhi di tutti, ma che, forse proprio per questo, non notiamo più… Parlo della politica e del rapporto coi media, parlo della mancata rivoluzione di Mani Pulite. A distanza di più di 10 anni sono ancora tutti nel Palazzo, e quelli che non sono sopravvissuti allo smascheramento dei loro reati sono diventati dei martiri!
    GF, come fanno certi a trovare il tempo per fare tutto quello che fanno non lo capirò mai!

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