Oggi due volte. All’ora di pranzo, davanti a casa. Nel tardo pomeriggio, di fronte all’ospedale.
Convogli di blindati «Lince» in centro. Forse sei per volta. Il milite in torretta dietro il suo bel mitra.
La città non è uno spazio militare. Organizziamoci per “rosicchiare spazi di pace“.
La mia petizione online per ridare il giusto nome alle cose («Basta ipocrisie: ripristiniamo il Ministero della Guerra») per ora non funziona: 46 firme in due mesi. Eppure non si tratta di una questione formale, come forse potrebbe apparire, ma di una maniera per dire no alla «guerra umanitaria» (perché così ce la propongono).
Hanno usurpato il linguaggio. Si sono appropriati dei significanti e ne hanno stravolto il significato. Diversamente, la guerra sarebbe illegale. Incostituzionale. E i nostri “eroi” (non dubito che alcuni lo siano, a modo loro; solo detesto la retorica) sarebbero complici di guerre imperialiste.
Forse qualcuno di più si arrabbierebbe.
Perciò firmate la petizione, ma impegniamoci a trovare altre forme di protesta. Credo che l’importante, in questo caso, sia agire sul piano simbolico. Contro l’esercito forse il Parlamento sarebbe impotente anche se non fosse connivente (e forse no, però le lobby esistono). Potrebbe aiutare un po’ preparare il terreno.
Ora io chiedo ufficialmente alle autorità civili e militari del capoluogo regionale e della Valle d’Aosta in base a quali accordi mezzi di guerra girino armati (il punto non è se le armi sono cariche o meno: non ho certo paura che si mettano a sparare) in luoghi civili.
Ora io chiedo ufficialmente alle autorità civili e militari del capoluogo regionale e della Valle d’Aosta se davvero ritengono indispensabili queste sfilate di blindati nelle vie cittadine, frequentate da bambini, da persone di pace, magari qualche volta persone traumatizzate da violenze subite.
E se mi si dimostrerà che i permessi sono stati dati a buon diritto, e che è cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza nella guerra contro il terrorismo allenarsi a pattugliare le strade cittadine, fare in Italia le prove generali della guerra (pardon, della «missione di pace») domanderò allora che in base al criterio della reciprocità sia consentito a me e a chi vorrà essere della partita di varcare i confini delle zone militari per portare in parata i simboli della pace.
Se la città, luogo civile, deve essere aperta alle armi, allora immagino che le caserme, luogo militare, debbano essere aperte ai pacifisti, alle sfilate contro la guerra, alle bandiere arcobaleno.
La proposta, come al solito, è simbolica. E credo che possa contribuire a costruire un immaginario diverso.
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