Acqua pubblica: un referendum da conquistare (1)

Quelle ritratte nell’immagine sono le cascate di Lillaz, situate vicino a Cogne (Aosta). Diversi anni fa avevo pubblicato in una rivista locale un breve racconto nel quale un oste apriva un chiosco all’altezza del ponte sopra le cascate; il mio “lavoro” aveva suscitato una polemica inattesa, perché il proprietario del ponte si era visto riconosciuto in quelle poche righe, il che assolutamente era estraneo alle mie intenzioni, anche perché avevo sempre ignorato che quel ponte avesse un proprietario.

Fu quell’episodio a farmi riflettere sul fatto che ciò che avevo sempre immaginato di tutti – una montagna, un bosco, un ponte-cioè-un-pezzo-del-sentiero non è per forza pubblico. Del resto, da che mondo è mondo, i prati che offrono spettacolo di sé al camminante e al turista sono poi i pascoli utilizzati dagli allevatori, che non dobbiamo calpestare, «Sennò io cosa mangio?», come dicono le mucche nei cartelli, oppure perché, come recitava un’altra iscrizione più diretta, i prati «son fonte di reddito».

Eppure, che una montagna possa appartenere a qualcuno mi sembrava e continua a sembrarmi strano, tanto che per un pezzo, raccogliendo castagne nei boschi, non ho avuto il minimo sentore di stare “rubando” qualcosa al proprietario di un “fondo”. Dove ancora la natura è selvaggia, mi dicevo e mi dico, come fanno gli alberi a essere “miei” o “tuoi”, quand’è ovvio che sono di tutti, e soprattutto degli scoiattoli, degli insetti, degli uccelli che li abitano, degli animali che vi si nascondono e ne fanno la propria casa?

Insomma, senza voler fare per forza la rivoluzione del proletariato, senza ambire a socializzare ogni cosa e a ridurre sul lastrico tanti “padroni” che in fondo nulla obiettano se passeggio per i “loro” boschi, devo ammettere che mi dà fastidio l’idea che sempre più il concetto di «proprietà privata» sia considerato normale in ogni ambito.

Qua non si parla della casa. Non si parla neppure della propria attività, se una persona decide di c(r)edere alle lusinghe del mercato e trasformarsi in imprenditore. Parlo piuttosto di quella terra della quale siamo tutti ospiti, forse non sempre i migliori ospiti possibili, dell’aria che ci circonda, della strada che porta il viaggiatore dall’orizzonte che ha dietro le spalle a quello che lo attende… all’orizzonte.

Una terrala Terra – nella quale forse non tutto può essere di tutti, ma neppure tutto dev’essere di qualcuno.

Mi sono trovato a riflettere sul concetto di «bene comune» – l’acqua da bere, l’aria, il paesaggio, l’ambiente, ma anche l’accesso al lavoro, i diritti – in un’epoca che tutto va privatizzando (la gestione dell’acqua, la qualità dell’aria, il paesaggio, l’ambiente, e anche l’accesso al lavoro, i diritti), come se l’interesse di pochi dovesse prevalere sulla necessità collettiva. Come se quella fosse la via, l’unica via possibile.

Sul referendum per l’acqua pubblica è stato scritto tutto lo scrivibile, per cui mi sono dilungato nel racconto personal-poetico del mio approccio al tema anziché entrare nel dettaglio ma, sintetizzando per chi si fosse messo solo ora all’ascolto, è possibile dire che oggi in Italia, dopo 15 anni di privatizzazioni, l’acqua pubblica, quella del rubinetto, può essere almeno in parte gestita da privati, con finalità di lucro. Dove questo è accaduto la bolletta dell’acqua è aumentata, non necessariamente è migliorato il servizio.

Il referendum che si terrà, probabilmente, a giugno chiede che sia riconosciuto il valore dell’acqua come bene comune, impedendo che vi si possa lucrare sopra e imponendo, conseguentemente, un ritorno alla gestione pubblica della sua distribuzione. Si tratta di un referendum importante, che non possiamo permetterci il lusso di lasciar fallire, magari per non aver raggiunto, l’ennesima volta, il quorum. Sta a noi adoperarci per la riuscita dell’appuntamento referendario.

Che cosa pensi in proposito il governo lo ha riassunto molto bene Ugo Mattei sul manifesto del 5 febbraio, con un incipit brillante che mi permetto di “rubare” (in cambio invito pubblicamente tutti a leggere «il manifesto», che non ha padroni né – conseguentemente – denari):

«Il ministro degli interni della Repubblica di Bunga Bunga ha comunicato ieri che il referendum contro la privatizzazione dell’acqua si terrà il più tardi possibile, ossia domenica 12 giugno. La motivazione è che quel giorno una gran parte delle laboriose popolazioni della Repubblica si troveranno al mare o imbottigliate in coda nei loro grandi Suv e che quindi non potranno raggiungere le urne, facendo così saltare il quorum. L’annuncio costituisce il solito schiaffo in faccia al Presidente della Repubblica che, non consultato, si troverà a firmare un decreto che costerà ai pochi fra i cittadini che pagano le tasse una cifra vicina ai 10 milioni».

Perché ovviamente la privatizzazione dell’acqua è un business enorme e il governo, si sa, è dalla parte degli affari. Perché ovviamente questo, si sa, non è il primo referendum che si cerca di far fallire “mandando” tutti al mare, che almeno ci pagassero la sdraio.

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9 febbraio: Giornata della Libertà di Scelta sulla propria Vita

Se questa è una donna, alimentata da un sondino nasogastrico, perché da 17 anni è in coma. Se questo è un uomo, tenuto in vita da una macchina della quale è appendice inconsapevole e incosciente. Se questi sono uomini, che impongono per legge l’accanimento terapeutico, l’alimentazione forzata di chi non tornerà fra noi e unicamente “vive” lo stato vegetativo.

E io lo so che Lazzaro era morto e dopo un po’ è risorto, però la fede è cosa relativa – c’è chi ce l’ha e chi no – mentre la volontà dovrebbe essere di ognuno, come di Eluana Englaro, che aveva chiesto, se fosse capitato a lei, di non essere sottoposta ad alcun accanimento terapeutico, sorte che invece le toccò per 17 anni.

Il 9 febbraio è il giorno in cui il cuore di Eluana smise di battere. Un governo moribondo, il nostro, ha deciso di trasformarlo nella Giornata nazionale degli Stati Vegetativi, in chiaro spregio dell’esperienza tragica di Eluana, per colpevolizzare ancora il coraggio e l’ostinazione del padre Beppino e la stessa sentenza emessa dalla magistratura in favore dell’interruzione della nutrizione artificiale.

Contro questa decisione «moralmente mostruosa», la rivista MicroMega ha lanciato un appello per fare del 9 febbraio la Giornata della Libertà di Scelta sulla propria Vita, attraverso iniziative in tutte le città d’Italia.

Si tratta, a mio avviso, di un dovere morale per ribadire il diritto individuale alla scelta – attraverso strumenti semplici e chiari ma pervicacemente rifiutati, come il testamento biologico – e riaffermare il principio della laicità delle Istituzioni contro visioni del mondo relative, siano esse religiose o ideologoche, imposte a tutti come assolute.

Puoi leggere QUI il testo dell’appello di MicroMega.

Puoi ascoltare QUI una lettura del brano L’istituzione-branco, scritto da Wu Ming 1 sulla vicenda Englaro. La voce è mia, il pianoforte è quello di Beppe Barbera.

Pubblico di seguito l’iniziativa che si terrà nella mia città, Aosta, a cura della Consulta valdostana per la Laicità delle Istituzioni, per celebrare la Giornata della Libertà di Scelta sulla propria Vita. La partecipazione naturalmente è libera, ma è possibile aderire all’evento su Facebook.

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metropolitanaostana

Quali ragioni misteriose si celano dietro la lunga inattività del blog?

Qualche reportage in giro per il mondo di prossima pubblicazione?

Qualche lettura appassionante di cui darò presto conto?

Neanche per sogno! Le solite cose da fare – tante – e una fastidiosa influenza che piglia lo stomaco e ti lascia senza forze.

Frattanto nella mia città, Aosta, si ricomincia a parlare di un progetto che la presente amministrazione comunale (Union Valdôtaine + PDL) aveva utilizzato come cavallo di battaglia nella campagna elettorale. Dopo la vittoria, lo scorso maggio, l’idea imbecille (esprimo un parere, per carità!) sembrava abbandonata, ma recenti dichiarazioni del sindaco fanno pensare che forse non è così.

Mi riferisco, lasciando il parlar criptato, al progetto di costruire ad Aosta(!) – 35mila abitanti – una linea metropolitana sotterranea lunga poco più di un chilometro con 3(tre!) fermate in tutto, comprese quella di testa e quella di coda, lungo un tratto percorribile a piedi in circa 20 minuti.

Costi previsti: 50 milioni di euro. Anni di disagi per gli abitanti del centro.

Vantaggi: (??)

Tornerò sull’argomento, temo.

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Memoria e impegno civile

Mi sembra, pur senza avere il tempo, oggi, di approfondire, che fare memoria degli orrori dell’umanità sia giusto nei confronti delle vittime e utile – come ogni fatto storico – per analizzare il presente.

La Shoah, apice assoluto della crudeltà eretta a sistema, è al tempo stesso un laboratorio che permette di studiare la natura umana e il funzionamento delle società; un’occasione per capire, in altre parole, quanto ci accade attorno, forse per intervenire.

Della Shoah ho scritto sul blog in molte occasioni e presto tronerò a farlo. Vorrei oggi “celebrare” online la Giornata della Memoria proponendo un accostamento irrituale e forse, per alcuni, ofensivo. Mi riferisco all’accordo imposto dalla Fiat di Marchionne agli operai di Mirafiori, come già a quelli di Pomigliano e, in prospettiva, all’intera forza-lavoro italiana. Un accordo che impone la rinuncia “volontaria” a diritti fondamentali conquistati dai lavoratori in decenni di lotte e fino a questo momento dati per assodati.

Accostare le pretese di Marchionne all’opera di sterminio di milioni di persone da parte di un sistema di potere totalitario e razzista potrà sembrare arbitrario. Chi scrive, del resto, non ha la stessa idea di Marchionne e di Hitler. È un fatto, tuttavia, che tutti i regimi, politici ed economici, che mirano a costruire il cittadino in base alle esigenze di pochi devono per forza scontrarsi con i diritti delle persone per poter perseguire le proprie finalità.

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Collettivamente Memoria 2011


Come mia abitudine da qualche anno a questa parte (questa volta con un po’ di ritardo), pubblico il calendario delle iniziative di Collettivamente memoria, un progetto culturale dedicato a Italo Tibaldi e Ida Désandré, deportati politici, e Anna Dati, staffetta partigiana.

Un insieme di iniziative “a più voci” incentrate sul fare memoria del passato (i campi di sterminio, la Shoah, ma anche la Resistenza e la nascita della Costituzione italiana) per gettare luce sul presente (si confrontino le varie iniziative sulla nostra età, certo non immune da comportamenti razzisti).

Il progetto, che si sviluppa ad Aosta presso la sede della Biblioteca regionale, è curato da Silvia Berruto, nipote di un internato militare, fotoreporter e giornalista freelance, insieme con Giornalisti contro il razzismo, l’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in Valle d’Aosta e il Comitato Regionale A.N.P.I. Valle d’Aosta.

COLLETTIVAMENTE MEMORIA 2011
Ospite d’onore Ida Désandré. Deportata politica a Ravensbrück, Salzgitter, Bergen-Belsen

Mercoledì 19 gennaio 2011
17.00-19.00
TRIBUTO A ITALO TIBALDI
Proiezione documentari:
“In memoria di Italo Tibaldi” di Andrea Guerrini, 13 ottobre 2010
“Italo Tibaldi … domani vincerete voi” di Bruno Capuana, 2007
Interventi di Ida Desandré, Paolo Momigliano Levi, Silvia Berruto
Riflessioni singolarmente collettive su le parole dei lager
A cura di Silvia Berruto

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Caminsùn: Memoria, roghi di libri, amenità

Con un titolo (in)solitamente stupido, ecco l’ennesimo annuncio-invito a portare pazienza.

Quanto prima sul blog alcune iniziative sulla memoria della Shoah (attività rituale ma necessaria, soprattutto in questi tempi di rigurgiti fascisti), sull’aria da Indice dei Libri Proibiti in Veneto e qualcos’altro ancora.

La mancanza di tempo mi costringe a “temporeggiare” ancora un po’…

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Il ricatto di Marchionne «il modernista»

Proprio in queste ore ai 5.300 operai di Mirafiori è chiesto di rinunciare ai propri diritti, sciopero compreso, in cambio non di una rendita perpetua con annessa villa ai Caraibi, ma più semplicemente di lavoro, quel lavoro sul quale la Costituzione fonda la nostra Repubblica.

Ai 5.300 di Mirafiori, in questo modo, sarà imposto di scegliere anche per gli altri perché, si sa, certi modelli fanno scuoladiversamente non si capirebbe tutta l’attesa creatasi nei confronti del “santo” Marchionne, evidentemente mandato a vedere “che aria tira” dai soliti poteri forti.

Da piccolo credevo che certe conquiste fossero acquisite una volta per tutte. Credevo che i principi fondamentali di una democrazia fossero sacri. Vedo invece che, mentre l’amministratore delegato della Fiat chiede ad altri di approvare contro se stessi le premesse necessarie per poter calpestare diritti garantiti dalla legge, quasi tutti, con la positiva eccezione della Fiom e di pochissimi altri, insistono sulla “necessità” di cedere al ricatto.

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