Ho conosciuto Vittorio Arrigoni attraverso il suo blog, alcune e-mail e una sua visita ad Aosta, per una serata all’Espace Populaire, nella quale ha presentato il suo libro «Gaza. Restiamo umani», testimonianza dei crimini di guerra israeliani a Gaza durante l’operazione “Piombo fuso”. Ho bevuto insieme a lui. Ha preso in braccio mia figlia. Abbiamo riso e scherzato, anche.
L’ho conosciuto come persona di pace, attivista per i diritti umani in una terra sfortunata, dove la vita è crudele e alla fine se l’è portato via, soffocato, dopo un rapimento durato ancor meno delle 30 ore concesse dall’ultimatum. Chiunque abbia ucciso Vittorio, un gruppo salafita, come dicono i media, o i servizi sergreti israeliani, come si vocifera (non solo) in rete, il punto è che è stato ucciso un uomo che sotto le bombe del «Piombo Fuso» come nella miseria dell’embargo illegale aveva il coraggio di sfidare il pericolo e, ancor più, di concludere tutte le sue testimonianze con l’invito «Restiamo umani».
Non conosco da sempre Vittorio e non me lo so raffigurare in tutti gli aspetti della sua persona. Non conosco la famiglia, alla quale pure va il mio abbraccio, né i suoi amici più intimi. Ho avuto modo però d’incrociarlo e ammirarlo per quanto è stato in grado di fare per tutti, per la Palestina senza giustizia né pace, come per Israele, che a lungo andare dovrà per forza pagare le conseguenze della cecità dei suoi governanti, e infine anche per noi europei, ipocritamente aggrappati a categorie di «giusto» e «sbagliato» che poggiano in realtà soltanto su rapporti di forza economica e militare.
Ultimamente non ho fatto in tempo ad aprire alcune e-mail e oggi, se leggerò la mia posta, vedrò gli aggiornamenti della sua mailing list dalla Striscia di Gaza, come se Vik fosse ancora tra noi. Non riesco a credere che sia morto, non riesco a credere che un qualche gruppo fondamentalista – se così è stato – possa averlo ritenuto una spia dell’occidente (si tratta di ignoranza e l’ignoranza non si può giustificare: sarebbe stato sufficiente leggere che cosa scriveva da Gaza, oppure sapere che nelle ambulanze della Mezzaluna rossa ha sfidato più volte le bombe per fare da elemento di dissuasione nei confronti dell’aviazione israeliana).
È, fortunatamente, la prima volta che rapiscono e uccidono qualcuno che conosco e, conoscendolo, mi domando come possano non aver capito, mentre lo filmavano con gli occhi bendati dal nastro adesivo nero, che quello lì, davanti a loro, era un essere umano.
Grazie di tutto, Vik, mi mancherai moltissimo.
Restiamo umani.
>>> Ho corredato questo articolo con una foto scattata durante una manifestazione ad Aosta per Gaza, nei giorni dell’attacco israeliano «Piombo Fuso» sulla Striscia, perché in una e-mail Vittorio aveva commentato che era sempre bello vedere dei bambini con la bandiera della pace. Un altro modo per invitare a restare umani.
>>> Leggi anche (in inglese) un ricordo di Eva, come Vittorio presente a Gaza come membro dell’International Solidarity Movement.