Crisi e manovra (I) – un articolo di Guido Viale

Mi propongo di pubblicare, a partire da oggi, alcuni interventi sulla crisi e sulla manovra delle «lacrime e sangue», quella che, secondo alcuni, dovrebbe aiutare l’Italia a non finire come la Grecia, Paese oggi in vendita per aver perduto la propria sovranità economica e per volontà delle agenzie di rating internazionali.

Per evitare di finire come la Grecia, ci assicurano, occorre tagliare i servizi, penalizzare lavoratori e famiglie, liberalizzare (=privatizzare =svendere) quei servizi che ancora sono gestiti da società pubbliche (in barba a quanto i cittadini italiani hanno voluto esprimere attraverso i referendum), magari dare in concessione la torre di Pisa per farne un bell’albergo pendente per ricchi; tutte ricette accomunate dalla perfetta osservanza dei dogmi ultraliberisti che hanno causato la crisi e ora pretendono di risolverla.

Quello che segue è un articolo di Guido Viale, che ri-pubblico con il consenso dell’autore, comparso sul manifesto del 12 luglio e, online, sul blog dell’autore.

Uragano in arrivo
di Guido Viale

Tanto tuonò che piovve. Messa a confronto con la potenza della finanza internazionale, la situazione dell’Italia si rivela ormai ben poco differente da quella della Grecia. Non importa che i cosiddetti “fondamentali” dell’economia siano differenti; o che lo siano i rispettivi tessuti industriali (o quel che ne resta: venerdì scorso la Fiat si è sbarazzata di un altro impianto: Irisbus, l’unica sua fabbrica italiana di autobus). La finanza internazionale ha ormai la forza e gli strumenti, se lo volesse, per mettere alle corde persino la Germania. È da mesi che gli economisti lo sanno (o lo temono). Ma non lo dicono; per scaramanzia. Al massimo lo accennano: ma solo per chiedere più lacrime (le loro: di coccodrillo) e più sangue (quello di chi non ne ha quasi più). Il problema è che non sanno che altro dire. Mario Draghi, per esempio, ha affermato che non ci sono precedenti di fallimento (default) di uno Stato da cui trarre insegnamenti. Intanto non è vero e, vista la posizione che andrà a occupare, sarebbe meglio che anche lui – e non solo lui – studiasse meglio il problema. Perché non c’è solo la Grecia, né solo gli Stati membri più deboli – i cosiddetti PIGS, a cui ora si è aggiunta anche l’Italia: PIIGS – a essere a rischio. Persino Obama teme il default: e non ha solo il problema, anche lui, dei tagli di bilancio: tra un po’ deve rinegoziare una fetta di debito e potrebbe non trovar più sottoscrittori disponibili come un tempo; poi deve confermare l’ultimo stock di moneta creata dal nulla: una cosa (che adesso si chiama quantitave easing) con cui gli Stati Uniti hanno dominato l’economia mondiale per sessant’anni, ma che non è detto gli riesca ancora. Neanche la Francia naviga in buone acque. E la Germania, la locomotiva d’Europa, vive di export verso il resto del continente e verso la Cina. Ma se metà dei paesi membri dell’UE sarà messa alle strette la bonanza tedesca potrebbe finire. E neanche la Cina va più tanto bene: scioperi, rivolte, aumenti salariali vertiginosi, inflazione, “bolle” finanziarie. «Ben scavato vecchia talpa!» direbbe Marx; se sullo sfondo non ci fosse una crisi ambientale di dimensioni planetarie. Insomma: non c’è “aria di crisi”. C’è un urgano in arrivo.

Per mesi gli economisti hanno trattato Tremonti come un baluardo contro il default del paese: solo perché lui sostiene di esserlo. Ma è un ministro – il secondo della serie – che non si accorge nemmeno che la casa dove abita viene pagata, vendendo cariche pubbliche a suon di tangenti, da una persona con cui (e con la cui compagna) lui lavora da anni gomito a gomito. Affidereste a quest’uomo i vostri risparmi? Povero Brunetta! È toccato solo a lui fare la parte del cretino. Ma si informino, diceva Totò (e ce lo ricorda Moni Ovadia).

Qualcuno però ha trovato la soluzione: azzerare tutto il deficit pubblico subito. «Lacrime e sangue» ora e non tra due anni: così Perotti e Zingales sul ilsole24ore di sabato scorso. Tagliare subito pensioni, sussidi alle imprese, costi della politica (anche; ma è solo fumo per gli allocchi, ci assicurano); e giù con le privatizzazioni. Che originalità! Segue un bell’elenco di “roba” – aziende e servizi pubblici – da vendere subito (per decenza non hanno citato anche l’acqua). Per le manovre “intelligenti”, aggiungono gli autori, non c’è tempo. Infatti la loro proposta non è una manovra intelligente. Intanto, in queste condizioni, vendere vuol dire svendere. E azzerare il deficit non è possibile, perché poi, anche se non si emettono nuovi titoli, bisognerà rinegoziare quelli in scadenza; i tassi li farà la finanza con le sue società di rating; e non saranno certo quelli di prima. Così il deficit si ricrea di continuo, in una rincorsa senza fine. Prima o dopo il default arriva. Naturalmente, per mettere alle corde pensionati, lavoratori e welfare, e svendere il paese, ci vuole il “consenso”, ci avvertono gli autori. Per loro il consenso è il «coinvolgimento dell’opposizione». Forse ci sarà; ma non servirà a niente.

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Granparadiso estate: il resoconto dell’ottava Marcia

L’ottava Marcia è stata la marcia dei record: 58 i partecipanti umani sulla linea di partenza e insieme a loro un cane, Dasy, contro i 28 dell’anno scorso (e nessun quadrupede); molti bambini, tra i quali Luca Dessimone, il partecipante più piccolo (appena 4 mesi); la concorrente più giovane di sempre a completare il giro, la statunitense Olivia Doran (12 anni); e per finire il nuovo record del circuito, 6 ore giuste, realizzato da Bruno Zanivan, il vincitore di questa edizione. All’ultima concorrente che ha tagliato il traguardo, Vally Lettry, è andata la «Coppa Espace Populaire».

Al primo classificato, come da regolamento, l’obbligo di acquistare la coppa entro un anno dalla vittoria (pena la squalifica) e di scrivere un resoconto dell’esperienza che sarà pubblicato sul blog. A tutte le persone che hanno partecipato rivolgo l’invito a inviare testi, immagini e altro materiale-ricordo (video? canzoni?) all’indirizzo e-mail info.blog[at]libero.it, o granparadisoestate[at]gmail.com. Il blog pubblicherà.

Una fotografia, per dimostrare agli scettici che la Granparadiso estate si può affrontare senza stress o angosce, nonostante i 35 chilometri del percorso sembrino tanti: la Marcia,  si sa, non è competitiva ed è gestita interamente dai partecipanti, che scelgono liberamente come affrontarla… Facendo colazione al primo bar, ad esempio, 200 metri dopo la partenza!

Di seguito la classifica e l’elenco dei partecipanti (è sufficiente mettere un piede oltre la linea di via per rimanere, nei secoli, negli annali della Marcia).

Ordine di arrivo dei concorrenti che hanno finito la gara (prossimamente pubblicherò la classifica ufficiale con i tempi):

1° – Bruno Zanivan (6h);
2° – Heny Doran (7h18’);
3° – Pier Luigi Olivero Pistoletto e Marzia Bastasina (ex aequo);
5° – Giorgia Fracca e Roberto Binaghi (ex aequo);
7° – Mariangela Baldi e Grazia De Simoni (ex aequo);
9° – Mario Badino e Laura Verducci (ex aequo);
10° – Olivia Doran;
11° – Ivan Linty e Patrizia Gruppo (ex aequo);
13° – Vally Lettry.

Bruno Zanivan al traguardo

Elenco dei partecipanti (in ordine alfabetico):

Margherita Agostini
Bianca Annibal
Emma Annibal
Luca Annibal
Emma Badino
Gian Piero Badino
Mario Badino
Mariangela Baldi
Marzia Bastasina
Patrizia Bellini
Roberto Binaghi
Rossella Bizzini
Sara Capogrossi
Serafina Casaleggio
Paola Casati
Marcello Cevasco
Rossano Cinotti
Vincenzo De Gaetano
Grazia De Simoni
Luca Dessimone
Maurizio Dessimone
Diego Dondeynaz
Henry Doran
Olivia Doran
Diana Finzi
Giorgia Fracca
Fabio Gandolfi
Alessandra Giovinazzo
Alberto Gradizzi
Patrizia Gruppo
Emilio Lanni
Michele Lanni
Francesco Lelli Mami
Vally Lettry
Ivan Linty
Barbara Morselli
Carla Perruchon
Julien Pession
Alessandra Piccioni
Pier Luigi Olivero Pistoletto
Elisa Quaregna
Laura Ramella
Marta Ricci
Silvia Rinaldi
Valeria Rubini
Francesca Socci
Daniele Sorcelli
Davide Sorcelli
Luigi Sorcelli
Manuela Spini
Stefania Tiraboschi
Pino Turzo
Barbara Tutino
Marco Veneziani
Laura Verducci
Gianni Visigalli
Bruno Zanivan
Tiziano Zuffada

A quattro zampe:

Dasy

>>> La foto della partenza è di Federica Rinaldi, quella dell’arrivo del vincitore è di Gian Piero Badino.

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Una serata per ricordare Genova 2001, pensando alla Val di Susa

Con colpevole ritardo, annuncio la serata di oggi, martedì 12 luglio, presso il circolo Arci Espace Populaire di Aosta, a partire dalle 21.15 (ma già dalle 19.40 c’è il buffet), per ricordare i fatti di Genova a dieci anni dal G8 e per parlare di chi ancora si ostina a cercare di costruire mondi migliori, a cominciare dal movimento No Tav della Val di Susa.

Alla serata saranno presenti Alexandre Glarey, al tempo portavoce dell’Aosta Social Forum, e Ezio Bertok del movimento NO TAV.

Seguono il comunicato di presentazione dell’inizativa e il resoconto-commento della partecipazione valdostana alla manifestazione nazionale No Tav dello scorso 3 luglio, opera di Alex Glarey.

Car*,

10 anni sono passati dal G8 di Genova.

Tempo di memoria, ma anche di bilanci e riflessioni.

Martedì 12, dalle 21h15, l’Espace Populaire di Aosta ospita una serata per raccontare a chi non c’era, per spiegare cos’era il movimento No Global e per individuare chi oggi ha raccolto il testimone della lotta per un altro mondo possibile, migliore dell’esistente.

Lo faremo, tra gli altri, con Alexandre Glarey, già portavoce dell’Aosta Social Forum, e con Ezio Bertok del movimento NO TAV.

Immagini, video, testimonianze e, soprattutto, discussioni. L’invito è aperto a tutti quei cittadini, a quelle associazioni che hanno partecipato ai movimenti del passato e che ancora oggi sono attivi.

Per capire quali strumenti e pratiche recuperare dalle precedenti esperienze e come inventarne di nuovi, più adeguati non ai tempi che viviamo, ma a quelli che vogliamo.

Qui di seguito una mia testimonianza della manif valsusina

A presto e buone resistenze,

Alexandre glarey

Ps: dalle 19h40 è possibile mangiare al buffet dell’espace.

3 luglio: Manifestazione nazionale No Tav
di Alexandre Glarey

Alla fine siamo una ventina a partire dall’Espace Populaire per la Val Di Susa: un po’ di soci di Legambiente e dell’ARCI, qualche compagno della Federazione della Sinistra e diversi cittadini. Assieme a quelli già in Val di Susa, saremo oltre 30 persone.

Ai tempi del movimento No Tir eravamo già scesi in Val di Susa. Le lobbies politico-affariste pro TAV cercavano di propinare la favola che la Torino Lione potesse diminuire il traffico di TIR sotto il Tunnel del Bianco. Fu sufficiente un confronto con i valsusini per capire che la realtà era ben diversa: i treni attuali viaggiano semi vuoti, le previsioni sulla saturazione delle linee sono ben lontane dall’avverarsi, anche in ragione della crisi economica ed energetica. Assieme abbiamo compreso che non saranno nuove infrastrutture a risolvere un problema esploso con la globalizzazione neoliberista; servono invece nuove politiche di decrescita, rispettose dell’uomo e della natura.

La prova dell’ipocrisia delle argomentazioni pro TAV è tangibile, è scritta nel cartello autostradale del traforo del Frejus, che incrocio mentre guido verso Susa: gli stessi politici che annunciano che l’alta velocità sposterà il traffico merci da gomma a rotaia hanno realizzato, con l’inganno, presentandola come galleria di sicurezza, una nuova canna del traforo ed ora ne chiedono l’apertura al traffico commerciale.

Siamo in Val di Susa: ovunque, persino sui pali dell’illuminazione pubblica, bandiere NO TAV. Sulle montagne enormi scritte in bianco, del tipo: TAV = Mafia (scrivere ‘ndrangheta era troppo lungo).

In auto, leggiamo i giornali e restiamo colpiti dall’assenza di notizie rispetto al corteo. La Stampa vergognosamente non dice nulla: nei giorni precedenti aveva creato un clima di tensione, parlando di fantasmatici black bloc stranieri e oggi cancella l’evento.

La Stampa, e la gran parte dei media istituzionali, sostengono questa grande opera. Perché i padroni dei mezzi d’informazione sono anche i padroni delle ditte che progettano e realizzano la TAV. PD compreso, tramite il sistema delle cooperative.

I NO TAV, senza l’aiuto di nessuna grande organizzazione, hanno avuto appena una settimana per organizzare la manifestazione. Una mobilitazione dal basso, resa possibile soprattutto dal web e da una rete di contatti tra amici e compagni di altre lotte, come quella per i referendum sull’acqua.

Ci basta arrivare nei pressi di Chiomonte, per capire che oggi, come già a Bussoleno e a Venaus, sarà una giornata storica: da ogni strada e sentiero arrivano persone di ogni età e condizione.

Il paese ci accoglie magnificamente, c’è persino una cantina che offre vino scontato ai NO TAV!

Siamo tantissimi, ma è solo quando incrociamo il corteo che viene da Exilles, che ci rendiamo conto che la giornata è nostra: 70.000 persone (no, non ho dimenticato uno zero come fa la questura). Vuol dire che, oltre alle delegazioni che hanno portato la loro solidarietà dall’esterno, quasi un abitante della vallata su due è sulla strada!

Un serpentone bellissimo, ricco di bambini e famiglie, allietato dai ritmi della samba band, che procede per ore sotto il sole. Mentre guardo la natura della Val Di Susa, mi chiedo se da qualche parte ci sia quel metro quadro di terreno che, a nome dell’Espace, avevo comprato qualche anno fa, per ribadire che questa terra non si tocca.

Diversi valsusini chiedono da dove veniamo, sono felici di sentire che altri sono al loro fianco e sono orgogliosi di raccontarci un percorso fatto di assemblee, presidi, manifestazioni.

Camminando arriviamo davanti all’imbocco del cantiere, nei pressi della centrale elettrica. Tutti cominciano a battere sui guardrail e sulla strada: è un assedio sonoro!

Il corteo va oltre, fischiando quell’assurdo fortilizio – filo spinato, reti e agenti antisommossa – posto a difesa di un cantiere inesistente.

Ci arrampichiamo lungo i tornanti che dovrebbero riportare il corteo a Chiomonte,  e qui, sull’altro versante di una vallata che ogni volta sorprende per quanto sia stretta, vediamo l’altra parte dell’area di cantiere, scorgiamo la sagoma del museo etnografico, occupato e trasformato in centro operativo per la polizia e, soprattutto, intravediamo una nube di gas lacrimogeni.

Capiamo che il terzo corteo, quello che ha scelto la via dei boschi, sta cercando di avvicinarsi alla sede dei lavori e viene respinto dalla polizia.

Assistiamo impotenti per almeno un’ora al getto degli idranti e al lancio di CS Gas, un inquinante cancerogeno vietato in tempo di guerra e utilizzato, a partire dal G8 genovese, per reprimere le manifestazioni. Le vigne, le coltivazioni, le arnie nei dintorni sono perse, ecco le prime devastazioni della TAV.

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Manca un giorno alla Marcia!

Quasi ci siamo: domani, domenica 10 luglio, si terrà l’ottava edizione della Marcia Granparadiso estate, con partenza dai prati di Sant’Orso, a Cogne (Aosta), vicino al parco giochi.

Chi non sa di cosa sto parlando può scoprirlo QUI. Ricordo soltanto che non c’è bisogno di iscriversi e che per partecipare basta trovarsi alle 8.30 del mattino sulla linea di via. Non ci sono spese (se si tralascia il fatto che prima o poi un panino ve lo dovrete mangiare), salvo che per il vincitore, che ha l’obbligo di comprarsi la coppa.

L’ultimo arrivato, invece, come da tradizione, riceverà la «Coppa Espace Populaire», offerta dall’omonimo circolo Arci di Aosta.

Il regolamento (che sarà consegnato alla partenza insieme all’itinerario) vieta di correre e prevede che ognuno si cronometri da solo e s’imponga da solo di rispettare le regole della competizione.

Novità di quest’anno, in una Marcia organizzata dai partecipanti, nella quale promozione e sorprese avvengono su base squisitamente volontaria, è che ogni partecipante riceverà alla partenza un ciondolo ricordo in legno (fino a esaurimento scorte: ne abbiamo una cinquantina), realizzato a titolo di dono da Ottavio Martinet, amico della Marcia.

Per questo dono, Martinet ha voluto utilizzare materiali che sono presenti a Cogne: la base è in legno di ciliegio selvatico, la figura in tiglio e il ciondolino centrale in betulla. La “medaglia” raffigura l’astragalo coda di volpe (Astragalus alopecurus Pall.), che in Valle d’Aosta è presente solo nella vallata di Cogne.

Ringrazio dunque Ottavio Martinet, così come ringrazio tutte e tutti quelli che hanno contribuito a diffondere la Marcia e, in particolare, un albergo di Cogne (che non nomino perché, come sa, la pubblicità è in contraddizione con lo spirito della Marcia), che è stato così gentile da donare un premio speciale per il primo e l’ultimo arrivato (suspence, mistero!). Il grazie più grande, comunque, va a tutte le persone che saranno sulla linea di partenza domani mattina alle otto e mezza, anche soltanto per curiosare, o per fare qualche passo e entrare per sempre negli annali della manifestazione…

>>> L’immagine di questo articolo raffigura alcuni dei ciondoli ricordo che saranno distribuiti alla partenza.

>>> Guarda l’itinerario illustrato della Marcia.

>>> Consulta presentazione e regolamento dell’iniziativa.

>>> Leggi l’intervista a Barbara Tutino, vincitrice dell’ultima edizione.

Hai un blog o un sito? Vuoi diffondere, sia pure in extremis, la Marcia?
Pubblica la locandina-banner, copincollando il codice che trovi di seguito:
<a href=” http://mariobadino.noblogs.org/post/2011/06/10/viii-marcia-granparadiso-estate/” target=”_blank”> <img style=”vertical-align: top; border: 0px;” src=” http://mariobadino.noblogs.org/files/2011/06/banner_2011.jpg” alt=”Cogne, 10 luglio 2011 – VIII Marcia Granparadiso estate” /> </a>

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Freedom Flotilla: la nave greco-svedese «Juliano» in acque internazionali in viaggio per Gaza

Leggo sul sito Infopal che la nave greco-svedese «Juliano», che fa parte della Freedom Flotilla 2 / Stay Human, si trova in acque internazionali ed è diretta verso Gaza. Alle 11.20 di oggi, venerdì 8 luglio, la redazione del sito è riuscita a parlare al telefono con Dror Feiler, che si trova a bordo della nave.

«Dror ci ha confermato che sono in rotta verso Gaza, muovendosi lentamente in attesa dell’arrivo delle barche canadese e francese», si legge sul sito. L’attivista svedese ha spiegato che tutti i problemi burocratici addotti dalle autorità greche per fermare la nave sono stati risolti. La nave ha lasciato la Grecia mercoledì.

Dal sito del quotidiano israeliano Haaretz, intanto, si apprende dell’esistenza di “liste nere” di passeggeri indesiderati, diffuse da Israele a compagnie aeree come Lufthansa, Alitalia e l’ungherese Malev.

A 200 passeggeri, in prevalenza francesi, è stato impedito di procedere al check-in in vari aeroporti europei, perché considerati attivisti pro palestinesi. I passeggeri “indesiderati” hanno scoperto di essere tali soltanto dopo essere giunti in aeroporto per imbarcarsi sul proprio volo.

L’articolo completo di Haaretz (in inglese).

Aggiornamento: tra le compagnie che hanno rifiutato “passeggeri indesiderati” anche Easy Jet e Air France. Sul sito italiano della Freedom Flotilla un articolo con video (protesta all’aeroporto di Ginevra) e un rimando al sito www.europalestine.com (in francese).

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A colloquio con Barbara Tutino

Un colloquio con Barbara Tutino, pittrice residente a Valnontey (frazione di Cogne, Aosta) e vincitrice dell’ultima edizione della Marcia Granparadiso estate, prima donna ad aggiudicarsi il titolo, con il tempo di 7h40′ (secondo miglior tempo assoluto dell’edizione estiva).

Blog: Rivivi il momento in cui hai tagliato il traguardo. Che cosa hai provato?
Barbara Tutino: Una gioia suprema, anche perché non ho mai vinto niente in vita mia. A parte in prima elementare, a Parigi. Avevo quattro anni; eravamo a Parigi perché mio padre era inviato dell’Unità. A scuola avevo difficoltà legate all’età e al fatto che non conoscevo la lingua. Non capivo niente e avevo paura che mi scoprissero. Un giorno la maestra mi ha chiesto come si diceva «escargot» (lumaca) in italiano e io, tutta fiera, ho risposto. Quel mese ho vinto una «croix au mérite» (croce al merito), una crocetta rossa da appuntare al petto che veniva consegnata ogni mese all’alunno più meritevole. Mi sono messa a piangere di rabbia, perché sapevo di non meritarla.
B: Vincere la Granparadiso è stata un’emozione diversa…
B.T: Ho scoperto che essere primi in qualcosa è davvero piacevole, è una sensazione appagante.
B: Come hai vissuto la Marcia?
B.T: Ho camminato da sola, il che è bello per chi vede i posti per la prima volta, perché l’itinerario è vario, ma se li conosci da una vita andare da soli per 35 chilometri è una noia mortale! C’è stato un momento di sconforto, verso la fine, lungo l’interminabile falsopiano che da Epinel porta a Les Ors. L’altro punto critico è la salita verso Gimillan, perché è tutta esposta al sole, ma ho fatto meno fatica dell’altra volta [Barbara aveva già partecipato alla quarta edizione della Marcia, ndr] perché era meno caldo.
B: Veniamo alla coppa [si veda la foto qui sopra, ndr]. Come è stata realizzata?
B.T: È stata realizzata in ferro da Paolo Buthier, fabbro tornitore di Cogne.
B: Dal momento che sei pittrice, la domanda nasce spontanea… Quando realizzerai una locandina per la Marcia?
B.T: Quando vuoi! [in questo modo Barbara si è impegnata solennemente a realizzare quella per il prossimo anno, ma forse ancora non lo sa, ndr]
B: Approfitto dell’accenno alla locandina per parlare del tuo lavoro. Mi dici qualcosa della mostra che è in corso a Cogne?
B.T: Si intitola Le travail de l’homme ed è una mostra sul lavoro operaio, con qualche riferimento anche al lavoro rurale. Ho voluto fare una celebrazione del lavoro operaio in una fase storica in cui il tema è caduto pressoché in disuso: recentemente si è tornati a parlarne, ma negli ultimi trent’anni la parola «operaio» era stata sostituita da «professionista». Oggi è difficile che una persona sotto i sessant’anni sappia ancora fare, produrre qualcosa.
B: Concretamente, che cosa deve aspettarsi il visitatore?
B.T: Lavori non grandissimi su fenolico, schegge di legno incollate, che creano un fondo un po’ puntinato, per cui dipingendo viene fuori un effetto “fotografia antica”. È un materiale edile, molto robusto. Ho utilizzato colori abbastanza grigi, i colori del lavoro. Mi piacerebbe accompagnare la mostra con un video sulla miniera di Cogne [di ferro, oggi non più sfruttata, ndr]. La mostra rientra nel quadro di un’eventuale restituzione dei siti industriali di importanza culturale, di cui la Valle d’Aosta è ricchissima. L’idea che ogni cosa sia recuperata separatamente dalle altre e in genere per fini commerciali mi fa tristezza. Noi dobbiamo ricordare il nostro passato. Qui c’è una filiera unica e si poteva pensare a un intervento complessivo di recupero. La Regione spende molto – e fa bene – per la difesa degli alpeggi, del patois, ma la “valdostanità” è stata anche miniere e industria.
B: Quanto durerà la mostra?
B.T: Fino al 30 settembre. A inizio dicembre sarà in Lussemburgo, a Dudelange, in coincidenza con la festa di Santa Barbara, patrona dei minatori (4 dicembre). In primavera potrebbe arrivare in Toscana. Dudelange si trova in un bacino minerario, nel sud del Lussemburgo, e utilizzava un trenino come quello di Cogne. Nella stazione, che adesso è la stazione ferroviaria del paese, c’è un altoforno non più utilizzato, ora sede di mostre. L’esposizione è organizzata dal Centre de recherche sur l’intégration humaine, così come un convegno sulle famiglie lussemburghesi emigrate nel mondo, in particolare gli ingegneri minerari, fra i quali il mio bisnonno, Jules Elter, che aveva brevettato il detonatore a tempo. Suo figlio Franz sarebbe diventato direttore delle miniere di Cogne.
B: Quali sono i tuoi progetti futuri?
B.T: Da quattro anni sto lavorando su Giovanna D’Arco, personaggio che mi piace moltissimo, usurpato dall’estrema destra francese per scopi nazionalistici, ma in realtà simbolo di una resistenza contro un invasore. Una donna, per di più, una ragazzina, un personaggio puro perseguitato dalla giustizia e dal potere. Gli atti del suo processo sono avvincenti. Ho adottato due film: uno è La passion de Jeanne D’Arc, di Dryer, interamente fondato sulle carte processuali. L’altro è Enrico V, un film a colori del 1944, di Laurence Olivier, il quale si dice si sia ispirato per le battaglie ai dipinti di Paolo Uccello. Io sto facendo le battaglie, il ritratto di Giovanna, fatto ad arazzo, che la vede molto giovane, ragazzina, coperta dall’armatura, con un viso pronto al pianto ma estremamente determinato. Sto realizzando anche le facce dei giudici. Per evocare gli assedi vorrei prendere delle scale da frutteto, da appoggiare al muro, in mezzo alle opere, nella torre del castello di Bosses [in Valle d’Aosta, ndr], dove dovrebbe tenersi la mostra. Dovrebbe suonare la pianista genovese Elisa Tomellini, che studierà appositamente musica del ‘400. Tutto ciò se ci riesco!
Giovanna D’Arco è un personaggio che mostra la resistenza al femminile. Io cerco di non lasciar passare neanche un anno senza ricordare la Resistenza. Ho inaugurato la mostra Le Travail de l’homme il 25 aprile, per ricordare la Liberazione e la Repubblica nata dalla Resistenza. È importante che ogni mestiere sia messo al servizio della società.

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Gas Cs: i danni possono essere permanenti

Secondo Massimo Zucchetti, ingegnere nucleare e docente di protezione dalle radiazioni presso il Politecnico di Torino, intervistato da Alessandra Fava sul manifesto del 7 luglio, i gas lacrimogeni utilizzati dalle forze dell’ordine domenica scorsa in Val di Susa possono produrre danni permanenti e andrebbero considerati «armi di distruzione di massa».

I gas Cs, orto-cloro-benziliden-malononitrile, sparati contro i dimostranti non solo domenica scorsa, ma già pochi giorni prima, in occasione dello sgombero del presidio No Tav, e prima ancora, dieci anni or sono, al G8 di Genova, sono strumenti vietati dalla convenzione internazionale sulle armi chimiche del 1993, ratificata dall’Italia nel ’95 ed entrata in vigore due anni dopo. Il divieto riguarda l’uso di tali gas in tutte le guerre internazionali ma, paradossalmente, non proibisce esplicitamente il loro impiego in tempo di pace, perché, semplicemente, non menziona tale eventualità.

Il cloruro conferisce a questi gas le caratteristiche dei composti urticanti; la presenza di sostanze liquide, solide e gassose produce lesioni di vario tipo, tanto temporanee quanto definitive; l’esposizione ai gas può risultare cancerogena, perché il corpo umano li metabolizza sotto forma di cianuro. Quanto a quest’ultimo aspetto, il Cs «ha gli stessi effetti degli idrocarburi policiclici aromatici»; contiene, inoltre, «un anti-agglomerante a base di silicone, perché si nebulizzi quando viene sparato». La conseguenza, spiega il professor Zucchetti, è che «si deposita al suolo e rimane attivo per giorni e in un ambiente polveroso va in sospensione, per cui si continua a respirare il materiale anche a distanza di tempo».

«Per sgomberare mille persone, domenica ne sono stati sparati almeno 500», dice ancora Zucchetti, «e altrettanti prima». Il che significa generare il rischio di esporre i manifestanti – e gli agenti, non tutti dotati di maschere antigas – a danni permanenti, se si tiene conto che «ogni lacrimogeno crea una nuvola di 6 metri di diametro e che nel centro della nube la concentrazione è di 2.500 milligrammi a metro cubo – [appena, ndr] cinque volte al di sotto della concentrazione letale che crea un danno del 50% ai polmoni». Se i gas colpiscono le cellule germinali, inoltre, «oltre che un tumore è possibile avere anche figli malformati».

In attesa di un deputato o senatore di buona volontà che si prenda la briga di fare un’interrogazione parlamentare sull’uso dei gas Cs da parte delle forze dell’ordine, credo che sia essenziale diffondere la notizia (magari, eventualmente tappandosi il naso, anche mandando un’e-mail ai propri “rappresentanti” in Parlamento).

>>> L’immagine, tratta da Wikipedia, si riferisce al G8 di Genova, del quale si celebra questo mese il decennale. Da allora a oggi il «mondo migliore possibile», sognato dalle tante e dai tanti scesi in piazza contro i signori del liberismo e della guerra, è ancora tutto da costruire, ma molti movimenti, come quello No Tav, si sono radicati e hanno offerto esempi concreti di partecipazione e democrazia.
L’autore della foto è Ares Ferrari e la riproduzione è libera, nel rispetto della licenza di pubblicazione.

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