Il comunicato che segue è stato scritto da alcuni detenuti del Cie di Ponte Galeria (Roma) e inviato alla redazione di Radio Ondarossa, dal cui sito copio e incollo.
Dobbiamo tutt@ lottare per «una visione alternativa della frontiera e del diritto alla libertà di circolazione», come scrive Fortress Europe, che per domani, lunedì 25 luglio, ha lanciato l’iniziativa LasciateCIEntrare, una serie di visite parlamentari contro la censura voluta dal ministro Maroni (quello che il “compagno” Fini vorrebbe premier) che ha vietato con una circolare l’ingresso di stampa e associazioni nei Centri di identificazione ed espulsione a partire dallo scorso 1° aprile.
Dobbiamo lottare ma, per farlo, non possiamo prescindere dall’ascoltare le parole di chi subisce in prima persona, sulla propria pelle, un sistema ingiusto che strozza i poveri a vantaggio dei ricchi e li costringe a rischiare la vita in mare per poi finire magari dietro le sbarre senz’aver commesso alcun reato, se non quello di non avere i documenti a posto.
Comunicato di un gruppo di detenuti del Cie di Ponte Galeria
Roma, 13 luglio 2011
Scrivo a nome di cinque persone che sono detenute qua nel centro di Ponte Galeria a Roma.
Siamo quasi 200 uomini e 50 donne detenuti al centro di Ponte Galeria.
Qua siamo detenuti come colpevoli, come persone che hanno commesso un reato.
Perché sei mesi? è un periodo troppo lungo.
E ora vogliono aumentare a diciotto mesi.
Ma quelli che fannno queste leggi non sanno niente della nostra situazione e della nostra sofferenza.
Soprattutto quel partito della Lega Nord, quello del ministro Maroni.
La corte europea ha tolto l’articolo 14 della legge Bossi-Fini e questa è una sconfitta per Maroni.
E allora lui vuole fare una rivincita con un’altra legge che ammazza la gente: vuole convincere gli italiani che è per motivi di sicurezza ma è una legge fatta per un motivo fascista e basta.
Qua c’è gente per bene e gente per male, come in tutto il mondo.
Anche in Veneto, da dove viene lui, ci sono tanti stranieri che lavorano nell’agricoltura e nelle fabbriche.
A Milano e a Brescia il lavoro duro lo fanno gli stranieri.
Noi non siamo venuti qua dalla Tunisia per fare i delinquenti.
Una volta gli italiani hanno fatto per primi l’immigrazione in America.
Dicono che gli italiani sono mafiosi ma ci sono anche italiani per bene che hanno fatto la storia in America.
Noi crediamo all’Italia e all’Europa.
Noi non siamo venuti per fare male.
Io sono tunisino e sono scappato da una situazione disumana.
Dopo la caduta del nostro presidente Ben Alì non è cambiato niente, tutti i giorni ci sono manifestazioni e la gente muore per strada.
Abbiamo sentito che Maroni ha fatto un accordo col nuovo governo della Tunisia e rimandano lì la gente che arriva in Italia.
Ma nei nostri paesi c’è la guerra civile e i rifugiati che arrivano dalla Libia sono tutti qui.
Lì per noi non c’è niente da mangiare.
Ma noi amiamo l’Italia.
Nei nostri paesi guardiamo RaiUno e tifiamo per le squadre italiane.
Io sono nato nella città dove è nata Claudia Cardinale.
Non abbiamo problemi con voi italiani.
Noi veniamo perché sognamo la libertà, come voi una volta sognavate l’America.
È il nostro sogno e invece veniamo qua e troviamo un centro come questo a Ponte Galeria.
Perché? noi non abbiamo commesso niente.
Ti dicono che dopo sei mesi esci, ma io sono venuto qua per migliorare, per cambiare, per guadagnare qualcosa per i nostri figli e per le nostre famiglie perché nel nostro paese c’è la povertà.
E invece una mattina ti svegliano alle sei del mattino e entrano 20 persone coi guanti, ti portano in una stanza e ti tolgono tutta la tua roba e ti rimandano a casa.
Qua c’è gente che dell’Italia non ha visto niente, solo questo centro, e non parla nemmeno una parola d’italiano e la rimandano al paese suo senza il telefono e senza le sue cose.
Noi li chiamiamo al telefono e loro non rispondono perché il telefono è qua.
Ma poi quando ci chiamano, ci dicono che li hanno riportati al paese senza niente.
Noi siamo detenuti qua, in una situazione proprio disumana: otto persone in una stanza di quattro metri per quattro.
Viviamo uno attaccato al letto dell’altro.
Chi si alza dopo le otto del mattino non prende la sua colazione.
Chi arriva ultimo per la fila non arriva a prendere il pranzo e la cena perché noi facciamo la fila in 200 persone per prendere il nostro mangiare.
Chi arriva ultimo non arriva a prendere il suo pasto.
Ti danno un buono di 3 euro e 50 al giorno per comprare sigarette, shampoo, merendine, però non bastano, è troppo poco.
Anche per fare la doccia, l’acqua non c’è tutti giorni e nemmeno shampoo, asciugamano e dentifricio.
La gente scappata dalla morte non ha portato lo shampoo e la roba per fare la doccia dal suo paese.
Anche le pulizie non le fanno abbastanza perché i dipendenti della Auxilium si lamentano che li pagano poco e che il loro stipendio è basso.
Quelli della Auxilium ti ridono in faccia e ti accoltellano alle spalle, buttano le pietre e nascondono la mano.
Li chiami e non viene nessuno, sono troppo furbi.
Dei poliziotti non ne parliamo proprio, se dici «buongiorno» non ti rispondono.
Quando rimandano le persone al loro paese le legano come un pacco postale, legano mani e piedi e mettono una fascia sulla bocca per non farle gridare, per non farle sentire al pilota.
Ti fanno salire per ultimo così nessuno ti vede.
I poliziotti sono pronti per intervenire e dare botte come in un mattatoio.
I detenuti spesso si sentono male, hanno fatto il viaggio in mare, vengono dal loro paese e non sanno palrare, nessuno li capisce e la polizia li mena per farli calmare, così quelli dormono e basta.
Gente venuta da un’altra cultura, un altro mondo diverso dall’Italia.
Gente che non ha paralto con nessuno e non ha visto niente dell’Italia e si sente presa in giro, incompresa.
Le persone qui vorrebbero parlare ma nessuno li capisce, non hanno lingua per parlare e nessuno li ascolta, quindi per questo si ribellano e la polizia li picchia con i manganelli, con calci, pugni e tutto.
Un altro problema: la gente è venuta dal mare, fanno viaggi della morte per arrivare qua.
Quando arrivano sentono sei mesi e gridano tutta la notte, non hanno la testa normale e chiedono al medico tranquillanti perché hanno solo paura del domani, non dormono la notte e cercano un modo nelle medicine.
Gli infermieri ti danno le terapie per drogati e la gente dorme tutto il giorno, hanno la faccia gonfia come drogati e la notte urlano e gridano, sono disperati.
Prendono le gocce e se il giorno dopo devi partire te ne danno di più, così quando ti vengono a prendere non capisci nulla, è per evitare che ti ribelli alla deportazione.
Le nostre richieste sono:
Vogliamo che tutti i cittadini italiani sentano la nostra voce, che vicino a Roma ci sono 250 persone che soffrono di brutto, tutti giovani, donne e uomini, gente che è venuta qua in Italia perchè sogna la libertà, la democrazia. Perchè non abbiamo vissuto la democrazia, abbiamo sentito quella parola ma non l’abbiamo mai vissuta.
Noi chiediamo l’aiuto della gente fuori, aiutateci e dovete capire che qua c’è gente che non ha fatto male a nessuno e che sta soffrendo.
Noi soffriamo già 6 mesi, figurati 18 mesi. Se passa la legge qui c’è gente che fa la corda perchè già così, con i sei mesi, c’è gente che si è tagliata le mani, figurati con diciotto mesi, la gente si ammazza, la gente esce fuori di testa.
Chiediamo che la gente là fuori, tutti, anche i partiti politici, faccia di tutto per non far passare quella legge.
Chiediamo che la gente fuori, ogni giovedì mattina, vada a vedere a Fiumicino le persone portate via con la forza, che vada a fermare il massacro.
Un gruppo di detenuti del Cie di Ponte Galeria.