Petizione: Fuori Borghezio dal Parlamento europeo [su Change.org]

Copio e incollo il testo della petizione lanciata da Change.org riguardo all’europarlamentare leghista Mario Borghezio [nel video pubblicato qui sopra, intento ad ammaestrare i fascisti d’Oltralpe su come “sdoganarsi” come movimento tradizionalista], con la quale si chiede «che il Parlamento europeo favorisca le dimissioni dell’europarlamentare Borghezio o quantomeno attui nei suoi confronti i più pesanti provvedimenti disciplinari». Segue un campionario di frasi razziste pronunciate da Borghezio, l’ultima delle quali – un insulto razzista rivolto al neo  ministro italiano dell’Integrazione, Cécile Kyenge – ha fornito lo spunto per questa petizione.

La petizione.

Fuori Borghezio dal Parlamento europeo. #iostoconCecileKyenge

«Noi ai clandestini bastardi gli diamo il mille per mille di calci in culo con la legge Bossi-Fini».

«Per noi il Meridione esiste solo come palla al piede, che ci portiamo dolorosamente appresso da 150 anni».

«Quelle espresse da Anders Behring Breivik sono posizioni sicuramente condivisibili» (riferendosi al terrorista norvegese che nel luglio 2011 a Oslo ha ucciso 77 persone).

Sono solo alcune delle sconcertanti frasi pronunciate dall’esponente leghista Mario Borghezio in questi anni. Non un cittadino comune ma un rappresentante (di tutti) in una prestigiosa istituzione sovranazionale: il Parlamento europeo. E per di più membro della Commissione per le libertà civili.

Pochi giorni fa l’ennesimo insulto, delirante e razzista rivolto al neo ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge: «Scelta del cazzo, ha la faccia da casalinga». «Diciamo che io ho un pregiudizio favorevole ai mitteleuropei. Kyenge fa il medico, gli abbiamo dato un posto in una Asl  che è stato tolto a qualche medico italiano». «Questo è un governo del  bonga bonga».

Nell’ottobre 2012 il Comitato norvegese del Nobel ha deciso di assegnare il premio per la Pace 2012 all’Unione Europea per il suo ruolo nei «progressi nella pace e nella riconciliazione» e per aver garantito «la democrazia e i diritti umani» nel Vecchio continente. Il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz nel commentare la notizia scrisse: «Noi, rappresentanti del Parlamento europeo, siamo profondamente emozionati… L’Unione europea è un progetto unico nella storia, ha sostituito la guerra con la pace, l’odio con la solidarietà».

Le dichiarazioni del parlamentare europeo Mario Borghezio oltre a essere  una grave offesa al neo ministro Cecile Kyenge dovrebbero essere  considerate un oltraggio al parlamento europeo, l’istituzione legislativa della Ue, e ai suoi principi fondanti.

Sono Stefano Corradino, direttore di Articolo21, un giornale on line che da oltre dieci anni si batte per la libertà di espressione. Libertà di espressione che non significa tuttavia licenza di insultare e oltraggiare. Per questo ho deciso di lanciare questa petizione per chiedere che il Parlamento europeo, il massimo consesso comunitario, che rappresenta 500 milioni di cittadini, prenda provvedimenti nei confronti del deputato Borghezio, che con le sue dichiarazioni ingiuriose e razziste infanga la dignità delle istituzioni.

Con questa petizione chiediamo che il Parlamento europeo favorisca le dimissioni dell’europarlamentare Borghezio o quantomeno attui nei suoi confronti i più pesanti provvedimenti disciplinari.

>> FIRMA LA PETIZIONE <<

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No al Porcellum sindacale [di Giorgio Cremaschi]

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Copio e incollo, con il permesso dell’autore, un articolo di Giorgio Cremaschi, pubblicato sul sito della Rete 28 Aprile.

No al Porcellum sindacale
[di Giorgio Cremaschi]

Nella mia lunga esperienza sindacale non mi era mai capitato di vivere in prima persona la scena madre del film«’L’uomo di marmo»… Ora mi è successo. Ero sfuggito alle maglie strette della selezione preventiva di coloro che avevano diritto a partecipare alla riunione degli esecutivi CGIL CISL UIL. Su circa 150 persone ero la sola in dissenso con la proposta sulla rappresentanza illustrata dalla relazione di Bonanni.

Ho pertanto presentato la mia regolare richiesta di intervento, a cui non ho avuto alcuna risposta da una presidenza che guardava le nuvole. Allora, conclusa la relazione sono intervenuto con una mozione d’ordine, chiedendo di sapere se il dibattito era aperto a tutti i partecipanti che formalmente ne avevano il diritto oppure no. (…)

Angeletti mi ha risposto a nome di tutta la presidenza di no, parlavano solo gli oratori concordati preventivamente dalle segreterie… A questo punto ho detto che fare una riunione sulla democrazia ed escludere preventivamente chi è in dissenso, anche se avrebbe tutti i diritti di intervenire, è una precisa rappresentazione di ciò che si vuole fare.

Ero solo in quella sala a non essere d’accordo, che paura avevano di sentire le mie ragioni per 5 minuti? Ma non volevano proprio sentirle e quando la mia indignazione mi ha spinto a dire alle loro facce ipocritamente sorridenti che si dovevano vergognare e che in fondo la loro intolleranza corrispondeva a quello ha stavano decidendo sulla rappresentanza, cioè la cancellazione del dissenso, sono esplosi.

Ho visto una mano che cercava di staccare la corrente dal microfono, mentre diversi segretari confederali mi si avvicinavano e cominciavano a spingermi giù dal palco, uno di loro mi sussurrava di preoccuparmi per la mia salute. Interveniva il servizio d’ordine che a spintoni mi accompagnava fuori dalla porta della sala. Se non fossimo stati in una riunione degli esecutivi CGIL CISL UIL si sarebbe detta una scena di violenza.

Ripeto, io avevo formale diritto a parlare in quella sala, ma quel diritto non mi è stato negato per caso.

L’accordo sulla rappresentanza che CGIL CISL UIL stanno definendo con la Confindustria è infatti un brutale atto di normalizzazione autoritaria delle relazioni sindacali. Esso stabilisce che il diritto alla rappresentanza ce l’hanno solo coloro che preventivamente accettano quell’accordo. Cioè puoi partecipare alla misurazione della rappresentanza e alle elezioni delle rsu solo se accetti la flessibilità e le deroghe ai contratti e soprattutto se ti impegni a non scioperare se in disaccordo. Esattamente quanto è avvenuto alla Fiat di Marchionne, che ora viene esteso a tutti.

La nuova rappresentanza sindacale seleziona preventivamente chi ha il diritto alla democrazia e chi no. È il tavolo che che decide chi rappresenta i lavoratori e non sono i lavoratori che scelgono chi li rappresenta al tavolo.

È come se la riforma elettorale del governo Letta stabilisse che alle prossime elezioni politiche potranno partecipare solo coloro che votano oggi la fiducia al governo delle larghe intese. Non vorrei che l’accordo sindacale gli suggerisse l’idea.

D’altra parte tutto questo è in perfetta sintonia con l’impianto politico del governo appena varato, in un certo senso ne rappresenta il versante corporativo. CGIL CISL UIL e Confindustria varano oggi il governissimo delle parti sociali. Ma il fatto più grave non è neanche questo. Il fatto più grave è che chi non è d’accordo non ha più né diritto di parola né diritto di rappresentanza.

Questo è il fatto enorme, enorme è la sopraffazione che si sta organizzando e che, come sempre, per riuscire ha bisogno del silenzio. Che viene alimentato dalla solita stampa di governo, che ora esalta la ritrovata unità sindacale. Quando invece quella di oggi è l’esatto opposto della unità sindacale degli anni ’60 e ’70. Quella apriva la via alle conquiste del lavoro e della democrazia, quella includeva. Questa subisce e accetta le regole imposte dal mercato e dalle imprese, riduce la democrazia, esclude.

Per questo bisogna fare tacere ogni voce di dissenso.

L’accordo sulla rappresentanza è troppo scandaloso perché lo si conosca veramente. Deve passare attraverso la rappresentazione politica mediatica che ne cancella i contenuti reali. Le voci fuori dal coro sono pericolose… qualcuno potrebbe accorgersi che il re è davvero nudo.

Per questo non ci fermeremo e continueremo a spiegare con tutte le forze che abbiamo cosa è davvero il porcellum sindacale e perché bisogna combatterlo.

[30/04]

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La religione del Mercato [da ZiaPoe]

Una mia poesia, tratta dal blog ZiaPoe, sull’idolatria del Mercato e il pensiero unico dominante.

Le stesse cose che normalmente dico in queste pagine, però in versi (liberamente diffondibili secondo le modalità previste dalla licenza CC 3.0).

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La religione del Mercato

Disse «Ti nutrirai di ciò che cade
dalla mensa del ricco»:
avanzi, scatolette, sottomarche,
la vita regolata
dalle esigenze del Mercato, nume
che aleggia sugli schermi,
Padre nostro degli scaffali, Figlio
di lobby di potere,
Spirito di prodotti in promozione,
pubblicità del vano,
oppio somministrato con ricetta
dentro i laboratori
per rendere più docile il pensiero.
Lo schermo canta e ammicca
e si vorrebbe presenziare al rito,
esercitare il voto
con l’esse-emme-esse elettorale,
prendere posto in sala.
Il conduttore invita a stare uniti:
non c’è nessun conflitto
sulle poltrone gonfie e colorate
tra l’operaio a spasso
e l’amministratore delegato
che lo sostituisce
con corpi che rinunciano ai diritti.
Ci si ritrova stretti
dal tifo per gli stessi concorrenti,
in casa o in parlamento,
come in televisione così in terra.

Dice «Ti nutrirai di ciò che cade
dalla mensa del ricco»:
scoppia la zuffa ai piedi della mensa,
ci si strattona e spinge
per un osso di pollo già spolpato,
per un pezzo di pane,
lo sguardo volto ai commensali, grato
per il pietoso dono.

[Mario Badino, notte tra il 29 e il 30 aprile 2013]

>>> Altri testi su ZiaPoe.

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Il valore di una lettera aperta

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Ho contribuito
alla stesura di una lettera aperta ad Antonio Ingroia (che invito tutt* a sottoscrivere).

Il fine dichiarato del mio scritto è esortare Ingroia ad accettare di buon cuore il suo trasferimento ad Aosta, una terra che potrebbe fornirgli più opportunità lavorative di quel che normalmente si crede. Questo ha fornito il pretesto per parlare dell’infiltrazione della ‘ndrangheta, del sistema di potere vigente, dell’inquinamento della Cogne e di quegli sprechi che gridano vendetta al cielo (o almeno alla Corte dei Conti).

Ho stima di Ingroia, ma una lettera aperta ha sempre uno scopo più ampio di quello “apertamente” espresso: nella fattispecie, più che invocare l’avvento salvifico dell’«uomo della provvidenza», ho colto l’occasione per parlare a tutti, in primo luogo ai valdostani, della situazione che si vive da queste parti.

Se un magistrato del livello di Ingroia arriverà ad Aosta (e preciso di non aver mai pensato che i magistrati attualmente in servizio in Valle non siano all’altezza dei loro compiti), questa sarà senz’altro una buona notizia, con buona pace di CasaPound che ha manifestato la propria contrarietà (un ottimo motivo per venire) e di tutte quelle persone che si sono sentite offese per il fatto che ad Antonio Ingroia l’idea di venire in Valle d’Aosta non fa piacere per niente.

L’importante, in ogni caso, è cominciare a parlare di certi temi. Anche considerando che sono in vista le elezioni regionali, che a fine maggio rinnoveranno il Consiglio regionale. ‘Ndrangheta, inquinamento, clientele e sprechi sono argomenti che non possono rimanere fuori della campagna elettorale, ed è interesse di tutti i cittadini porre domande precise in occasione dei comizi delle varie forze politiche.

>>> Firma la lettera aperta ad Antonio Ingroia.

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Aosta può anche essere un’occasione. Il nostro benvenuto ad Antonio Ingroia

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Questa che segue
è una lettera aperta ad Antonio Ingroia, che dal prossimo 2 maggio potrebbe essere in forza alla procura di Aosta come sostituto procuratore della Repubblica.

A noi che l’abbiamo scritta, più che ragionare se si tratta di un atto dovuto – essendo quella di Aosta l’unica circoscrizione elettorale in cui il dottor Ingroia non si è presentato come candidato alla presidenza del consiglio nelle ultime elezioni – o, viceversa, di una misura a carattere punitivo per un magistrato ritenuto scomodo, interessa mostrare all’interessato quanto gradito sarebbe il suo arrivo per tutte quelle persone che si battono per cambiare la Valle d’Aosta.

Questa lettera sarà effettivamente inoltrata ad Antonio Ingroia nel giro di un paio di giorni. Chiediamo nel frattempo a tutte le persone interessate di sottoscriverla inviandoci una semplice e-mail con il testo «Firmo la lettera aperta ad Antonio Ingroia» e i dati personali (nome e cognome, eventualmente professione). L’indirizzo è quello del blog: levostremissive[chiocciola]autistici.org.

Aosta, 25 aprile 2013 – Festa della Liberazione

Gentile dottor Ingroia,

comprendiamo le motivazioni che le impediscono di accogliere con entusiasmo il suo trasferimento ad Aosta, terra molto lontana dai luoghi che ama, capoluogo di una regione talmente piccola da ospitare la stessa popolazione di un quartiere di città e presunta isola felice, nella quale non accade mai nulla e la vita scorre lenta, monotona.

La realtà, tuttavia, è ben diversa: noi valdostani abbiamo bisogno di un magistrato come lei,  capace, che non abbia paura di pestare, se necessario, i piedi a qualcuno, che abbia esperienza nel contrasto della criminalità organizzata, capacità da investire e una reputazione da mettere a frutto.

La Valle d’Aosta è infatti terra di conquista per la ‘ndrangheta e lo stato dell’infiltrazione mafiosa nel territorio è già avanzato (si veda, in proposito, l’inchiesta del giornalista Roberto Mancini, il cui indice è pubblicato in questo articolo);

La Cogne Acciai Speciali, industria siderurgica incastonata nella valle centrale, è accusata di inquinare al di là dei limiti di legge (si vedano i dati pubblicati da Arpa VdA, QUI e QUI);

Le voci di clientelismo e voto di scambio sono estremamente diffuse;

Gli sprechi nell’uso del denaro pubblico sono numerosi (un aeroporto sovradimensionato non ancora operativo e una ferrovia storica – il collegamento minerario tra Cogne e Pila, località sopra Aosta – in stato di abbandono e prossima allo smantellamento dopo un costoso restauro sono solo due dei numerosi esempi che si potrebbero fare).

Il senso della presente lettera aperta è dunque esprimere la nostra fiducia nei suoi confronti e la speranza che il suo arrivo susciterebbe nella popolazione locale. Lo facciamo sottoscrivendo questa lettera aperta con la quale, semplicemente, le chiediamo di prendere in considerazione l’idea di accettare il suo trasferimento.

Mario Badino, François Burgay

Seguono le seguenti firme (in aggiornamento):

Paolo Ardito, disoccupato – Mila Armand, dipendente regionale – Nino Borruto, imprenditore – Marta Burgay – Rosetta Bertolin, insegnante in pensione – Carola Carpinello – Barbara Caviglia – Ing. Bruno Courthoud, funzionario regionale in pensione – Novella Cuaz, restauratrice opere d’arte – Renato Dattola, dipendente ASL e scrittore – Elisabetta Drigo – Maria Grazia Iannizzi – Francesco Lucat, insegnante in pensione, segr. reg. Rifondazione Comunista – Davide Migliaccio, studente – Matteo Musi, studente – Patrizia Nuvolari, artista – Andrea Padovani – Alessandro Pascale, precario – Ing. Mauro Pilon – Luca Polo – Federica Rinaldi – Paolo Risi, insegnante – Gabriele Scattolin – Barbara Tutino – Devis Venturini – Lara Vercellin, pedicurista

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E così in Valle d’Aosta si vota (1)

logo_io_voto_libero_portale.jpgPrima puntata di una serie finalizzata a fornire argomenti sui quali riflettere in vista delle prossime elezioni regionali. Stimoli per chiunque voglia coglierli, e magari portare come domanda nei tanti appuntamenti pre-elettorali.

Domenica 26 maggio nella mia regione – la Valle d’Aostasi vota per il rinnovo del Consiglio regionale e della Giunta. Nell’attesa mi propongo di illustrare, come posso, la situazione particolare di una regione spesso sconosciuta al resto del Paese. Piccola, ricca, ma con forti ineguaglianze economiche, caratterizzata dagli sprechi e governata da decenni sempre dallo stesso partito, l’Union Valdôtaine.

Si converrà forse sul fatto che è molto difficile che una forza politica resti al potere così a lungo senza subire la tentazione di costruire clientele e voti di scambio, ma in proposito mi limito a registrare le tanti voci udite, voci di promesse e minaccead esempio in occasione del referendum sul pirogassificatore, lo scorso novembre.

Più documentato di me è il blog Patuasia che, in una serie di meritori articoli a firma di Roberto Mancini, riporta lettere intimidatorie, intercettazioni e sentenze della magistratura per mostrare a chi proprio non vorrebbe crederci lo stato avanzato dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nella nostra regione.

Linko di seguito le varie puntate dell’inchiesta, che invito a leggere, soprattutto in vista delle prossime elezioni regionali – e di quella campagna elettorale durante la quale il semplice cittadino può e deve intervenire ponendo domande scomode ai candidati e chiedendo conto di tutto ciò che non va.

Perché è certo che uno stadio avanzato di infiltrazione della criminalità organizzata come quello che emerge dagli articoli pubblicati su Patuasia presuppone, se non la diretta complicità delle locali forze di governo, almeno almeno un’insufficiente politica di contrasto del fenomeno. E quando il partito al governo è sempre lo stesso è anche facile capire a chi chiedere spiegazioni di ciò che sta accadendo.

La ‘ndrangheta made in VdA (1a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (2a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (3a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (4a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (5a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (6a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (7a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (8a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (9a puntata)
La ‘ndrangheta made in VdA (10a puntata)

1- Continua.

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Vicenza, 4 maggio: Manifestazione No Dal Molin – Siamo tutt* facinoros*!

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CONCENTRAMENTO ORE 10.00 PIAZZALE STAZIONE, VICENZA

Dopo averlo annunciato ai quattro venti, gli statunitensi hanno annullato l’open day in programma il prossimo 4 maggio sotto la pressione della voglia di tante e tanti vicentini di entrare al Dal Molin per contestare la militarizzazione. Ma se i militari annullano, noi confermiamo la nostra manifestazione: di fronte allo scempio della nuova struttura militare, la nuova base non deve essere inaugurata, ma chiusa.

Nella sua intervista il colonnello Buckingam ha spiegato di non poter aprire le porte del Dal Molin a causa di “pochi facinorosi”, annunciando al contempo l’inaugurazione della base a stelle e strisce il prossimo luglio. Pochi facinorosi sono, per i comandi militari, i vicentini che, in questi anni, si sono mobilitati in difesa della propria terra.

Contemporaneamente, decine di nuove denunceper fatti accaduti 3 o 4 anni fa – sono state recapitate ai NoDalMolin, quasi un monito di fronte a future manifestazioni, mentre il 3 maggio al Tribunale di Vicenza sarà pronunciata la sentenza per i 30 occupanti della Prefettura che, il 16 gennaio 2008, occuparono il palazzo governativo in segno di protesta.

Se difendere la propria terra vuol dire essere “facinorosi”, ebbene: siamo tutt* facinoros*.

Il 4 maggio torneremo nelle strade della nostra città, con un corteo che partirà dal Piazzale della Stazione alle ore 10.00. Vogliamo affermare la nostra opposizione a qualunque inaugurazione della nuova base Usa, ribadendo che, se questa sarà calendarizzata, ci troveranno ancora una volta in piazza a difendere questa terra dalle basi di guerra.

La nuova base statunitense, che già tanti danni ha prodotto alla città, non va inaugurata, ma chiusa: se prima ci opponevamo a un cantiere, ora ci opponiamo a una base di guerra e alle sue conseguenze distruttive, siano esse nel territorio che abitiamo o in luoghi lontani dalle nostre case. Il 4 maggio, tutt* in piazza!

Fonte: NoDalMolin.it.

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