Il referendum sul welfare

 Manifestanti a Novara contro gli F-35L'accordo sul welfare siglato a luglio (quello che i radicali della Rosa nel Pugno non sono disposti a vedere modificato) contiene qualche piccolo difetto. Vediamo se li trovate, scorrendo il seguente appello, che leggo e diffondo.
 
 «Noi precari esclusi pronti a votare no»
 

 Quest'estate il governo Prodi ed i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) hanno sottoscritto un accordo su pensioni e mercato del lavoro che sottoporranno ai lavoratori, che lo dovranno approvare in una consultazione nei posti di lavoro l'8-9-10 ottobre. L'accordo viene presentato da tutti, governo, sindacati ed anche da Confindustria, come il migliore possibile per garantire un futuro ai pensionati e soprattutto ai giovani.
Tutto sembra procedere per il meglio, ma da subito emergono non solo le perplessità di circostanza ma tutte le gravi insufficienze dell'accordo: non cancella ma diluisce soltanto lo «scalone» di Maroni, conferma sostanzialmente la Legge 30 e quindi il futuro di precarietà per milioni di giovani (e meno giovani). Non solo: penalizza le lavoratrici ed i lavoratori, facendoli lavorare più a lungo, rende una beffa il miglior trattamento per i lavori usuranti limitandolo a 5000 lavoratori l'anno, introduce una sorta di scala mobile al contrario tagliando i coefficienti, riduce i contributi per gli straordinari, permette che i contratti a termine durino oltre i 36 mesi, rendendo il destino precario per milioni di giovani per i quali, inoltre, il limite del 60% delle pensioni più basse è solo un'ipotesi allo studio. Ma che bel futuro che ci hanno disegnato!
 Per questi motivi questo accordo è stato immediatamente condannato da tutto il sindacalismo di base, dai centri sociali e da tutti coloro che da anni si battono contro la precarietà. Anche la discussione nella Cgil porta la Fiom ad annunciare la propria contrarietà. Un no secco, che potrà avere anche conseguenze sulla consultazione.
 Da Montezemolo agli esponenti del partito democratico, passando per i sindacati, un fiume di insulti e di accuse di irresponsabilità per una componente sindacale, la Fiom appunto, che si rifiuta semplicemente di sottoscrivere un accordo che penalizza le lavoratrici e i lavoratori, soprattutto quelli precari e precarie, i disoccupati, i migranti e le migranti, gli studenti e tutti i nuovi lavoratori della conoscenza, della cultura, dello spettacolo, ma anche tutto il mondo della parasubordinazione che è completamente escluso dalle misure previste dall'accordo.
 Guarda caso infatti sono proprio questi i soggetti esclusi dalla consultazione dei sindacati confederali a cui invece possono per paradosso partecipare milioni di pensionati dal futuro «garantito». Si legittima così l'accordo senza nulla chiedere a quelli che ne sono più coinvolti. E' una ferita alla democrazia e alla rappresentanza delle organizzazioni sindacali, sociali e politiche. Una nuova frattura, dopo le molte aperte in questo anno di governo, sulla base di Vicenza, sulla guerra, i diritti civili per le persone glbtq, il tema del securitarismo: troppe, per chi ancora una volta deve sentirsi escluso dalla partecipazione democratica. Troppe per chi pensa che nessuno ha il diritto di decidere escludendo e recintando. Troppe per una generazione di studenti e precari a cui è stato letteralmente rubato il futuro. Non ci vogliono far contare ma non siamo dei fantasmi e vogliamo farci sentire.
 Siamo movimenti, sindacati di base, centri sociali, precari, migranti, senza casa, studenti, lavavetri, writers e senza diritti: dobbiamo trovare il coraggio di alzare la voce e di unirci ai guastafeste della Fiom. Dovremmo farlo con assemblee, azioni di denuncia della nostra condizione di precarietà ma soprattutto urlando il nostro no nella consultazione sull'accordo, e anche organizzandoci per andare a votare e per far votare laddove veniamo sfruttati, nei territori, nei Municipi, nei centri sociali, nelle scuole e nelle università, per le strade.
 Organizziamo questa partecipazione dal basso partendo da noi ma con la capacita di parlare a tutti, associazioni, cooperative, intellettuali, artisti e mondo della cultura in genere, trasformando la sgrammaticata antipolitica in domanda sociale autorganizzata. Vieni a votare no dal 6 al 10 ottobre. Cerca il seggio piu' vicino su www.consultazioneprecaria.org

 Cobas, Action, M. Marcelli e G. Cremaschi (Rete 28 Aprile Cgil), Csoa Corto Circuito, Factory Occupata, Csoa Spartaco, Csoa La Strada, Spazio Sociale 32, Ass. Movimenti, Comitato quartiere Alberone, Giovani Comunisti/e, Leoncavallo Spa, Csoa Depistaggio, Csoa GrottaKapovolta, Ass. Duumchatu

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Ancora sul 20 ottobre

 Oggi ho trovato un volantino per strada, firmato dal Partito dei Comunisti italiani, che invita a partecipare alla manifestazione del 20 ottobre a Roma. "La società", dice il volantino, è "sempre più ingiusta e pesante", soprattutto "per le grandi masse popolari che, da quando non c'è più il PCI, hanno visto progressivamente peggiorare le loro condizioni di vita". Allora ho avuto l'illuminazione. Non sto parlando di comunismo, dico solo che quando c'era un grande partito a difesa dei lavoratori, i lavoratori stavano meglio. E questo porta a considerare che cosa è diventata la sinistra, comunista o meno; che cos'è oggi il centrosinistra targato Unione… Leggo sul giornale di oggi che i radicali minacciano di votare con il centrodestra per il ripristino integrale della legge Maroni se solo la sinistra radicale otterrà qualche cambiamento al protocollo sul welfare. Di fronte alla minaccia, che potrebbe concretizzarsi in una crisi di governo, il buon Romano non avrà che una strada: accontentare ancora una volta il centro del suo schieramento, quello che lo affosserà con i suoi Dini, Di Pietro, Mastella. In questa situazione sarebbe molto bello se la manifestazione del 20 ottobre servisse perlomeno a compattare la sinistra e a spingerla un pochino dove dovrebbe stare: dalla parte di chi ha meno.
 
 Per informazioni sulla manifestazione del 20 ottobre: www.20ottobre.org.

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10 ottobre: Giornata europea contro la pena di morte

 Lara Cavagnino, L'appesoIn questo momento sto guardando Anno Zero, la trasmissione di Michele Santoro. Ha appena finito di parlare Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, ed è un quarto d’ora che sento gente che invoca pena di morte, torture, legge del taglione. Tutti vogliono la tolleranza zero, l’ordine, la pulizia: la gente ha paura. Garantismo e diritti rischiano di andarsene a puttane, ma non importa, purché i lavavetri abbiano ciò che si meritano. L’esigenza di sicurezza, ovviamente, non è in discussione: e chi vorrebbe sentirsi in pericolo? Ma il dubbio è che l’emergenza propalata dai media sia costruita per coprire altro: l’economia sbagliata, l’ingiustizia sociale. In questo panorama tutti siamo disposti a rinunciare a un po’ di libertà per la sicurezza e a invocare pene più severe.
 Così, per riaffermare i valori, voglio proporre un documento: la dichiarazione istitutiva della Giornata europea contro la pena di morte, che si celebrerà il 10 ottobre. Boicottata in sede Ue dalla Polonia, che avrebbe voluto una giornata per il diritto alla vita (contro aborto ed eutanasia), la celebrazione è stata “salvata” dal Consiglio d’Europa. Insieme alla faticosa proposta di moratoria della pena capitale presso l’Onu, si tratta di una goccia d’ottimismo in questo presente di vite precarie e guerre preventive.
 L’illustrazione che correda questo articolo è opera di una mia amica, Lara Cavagnino. Fa parte di un progetto poetico-visivo, di cui darò notizia più avanti e si chiama (se non ricordo male) L’appeso.

 
 DICHIARAZIONE CONGIUNTA
 DELL'UNIONE EUROPEA E DEL CONSIGLIO D'EUROPA
 CHE ISTITUISCE LA "GIORNATA EUROPEA CONTRO LA PENA DI MORTE"
 
 10 ottobre 2007
 
 Ricordando che la pena di morte è contraria ai diritti fondamentali su cui si fondano l'Unione europea e il Consiglio d'Europa; che l'abolizione della pena di morte è sancita dai protocolli n. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e si riflette nell'articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
 ricordando che, dal 1997, non vi è stata alcuna esecuzione capitale in tutta la superficie geografica costituita dai 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, fra cui i 27 Stati membri dell'Unione europea;
 sottolineando che l'abolizione della pena di morte è una condizione che devono soddisfare gli Stati per poter essere membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea;
 invitando gli Stati membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea a continuare a spiegare l'importanza rappresentata dall'abolizione della pena di morte in Europa per il rispetto della dignità umana;
 ricordando il ruolo centrale, nel sistema europeo dei diritti dell'uomo, dei protocolli n. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che aboliscono rispettivamente la pena di morte in tempo di pace e in tutte le circostanze, e sottolineando l'importanza della loro ratifica da parte di tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa;
 ricordando l’importanza della ratifica e della promozione, da parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea, del secondo protocollo facoltativo al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che costituisce il principale strumento universale inteso ad abolire la pena di morte;
 sottolineando l'importanza di portare avanti incessantemente le azioni a favore dell'abolizione della pena di morte nel mondo intervenendo presso i paesi terzi, agendo nelle sedi multilaterali e sostenendo le azioni della società civile in tal senso;
 invitando i cittadini europei a manifestare il loro sostegno all'abolizione della pena di morte per contribuire così allo sviluppo del diritto fondamentale alla dignità umana;
 riconoscendo l'importanza della "Giornata mondiale contro la pena di morte" che dal 2003 si celebra il 10 ottobre di ogni anno, e per rafforzare questa iniziativa delle organizzazioni non governative con un impegno delle istituzioni europee,
 
 l'Unione europea e il Consiglio d'Europa
 
 approvano l'istituzione della "Giornata europea contro la pena di morte" il 10 ottobre di ogni anno.
 
 
 


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Travaglio e la manifestazione del 20 ottobre

Pericolosi estremisti sfilano contro i caccia F35. Moderati preoccupati per la democrazia.In difesa della manifestazione del 20 ottobre, organizzata dalla terribile sinistra radicale che vuol far cadere il governo (ma per fortuna c'è Mastella che esce dall'aula per aiutare Prodi), copio e incollo un articolo di Marco Travaglio, giornalista notoriamente incline alla militanza di estrema sinistra. L'articolo è tratto dal blog di Beppe Grillo.

“Allora
è ufficiale: la manifestazione del 20 ottobre sul welfare e contro il
precariato promossa dalla “sinistra radicale” è un attentato al governo
Prodi. “Un’insanabile contraddizione”, sentenzia D’Alema. “Iniziativa
sbagliata”, dice Fassino. “Niente ministri in piazza”, intimano
Veltroni e la Bindi, una volta tanto d’accordo. “Se i ministri scendono
in piazza, è crisi di governo”, minaccia Mastella. Persino Mussi della
Sinistra democratica frena: “Meglio un’assemblea a porte chiuse”.
Purtroppo, a prescindere dalla giustezza o meno delle ragioni dei
promotori, nessuno spiega perché mai scendere in piazza sarebbe un atto
così orrendo. Tanto più che la revisione della legge 30 (abusivamente
ribattezzata “Biagi”) è prevista dal programma elettorale “Per il bene
dell’Italia”, in base a cui l’Unione è stata votata e il governo Prodi
è nato. Continua a leggere

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F16 parte da Aviano e precipita a due passi da un paese

 Caduta materiali dall'altoStrage sfiorata martedì scorso in Val di Zoldo (Belluno), dove un aereo militare F16 decollato dalla base statunitense di Aviano è precipitato dopo avere sfiorato le abitazioni di Fusine e Soramaè, frazioni del comune di Zoldo Alto. L’incidente, secondo indiscrezioni, sarebbe imputabile a un’avaria del motore. Soltanto l’abilità del pilota, poi salvatosi grazie al paracadute, avrebbe permesso di evitare le case. A quanto pare, l’F16 americano stava effettuando «un’operazione di routine» e non trasportava armi. Ancora una volta la base militare di Aviano è responsabile di un incidente aereo, evenienza che rientra nell’ordine delle probabilità anche senza supporre una particolare mancanza d’attenzione da parte delle forze aeree Usa, perché una base militare è di per sé fonte di rischio per il territorio che la circonda. Il pensiero dei testimoni e degli abitanti dell’area è subito andato al 3 febbraio 1998 «quando», rileva il Comitato unitario contro Aviano 2000, «un aereo militare partito […] dalla base di Aviano tranciò il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme e provocò la morte di 20 persone». Ma se il rischio è condizione endemica in presenza di strutture militari di questo tipo, spetta alla politica compiere una valutazione del rapporto costi benefici: quale reale esigenza difensiva giustifica il pericolo che le basi militari Usaf costituiscono per la sicurezza della popolazione civile? Ad Aviano, ad esempio, sono dislocate 50 bombe termonucleari, ciò che fa della struttura friulana la più importante base nucleare d’Europa (nonostante l’Italia aderisca al Trattato di non proliferazione nucleare). I comandi americani hanno detto che l’aereo caduto era disarmato. Anche a crederci senza riserve, è normale provare una certa apprensione pensando a quell’altro bombardiere americano che, giusto qualche settimana fa, aveva sorvolato gli Usa (la Madrepatria!) armato «per errore» di testate atomiche.
 
Di fronte all’esistenza reale di un pericolo, cui vanno aggiunti elementi di disagio per la popolazione, come l’inquinamento prodotto dai velivoli e il loro rumore assordante, il programma elettorale dell’Unione aveva proposto di ridefinire le «servitù militari». Oggi il governo Prodi ha riconfermato tutti gli accordi del precedente esecutivo con l’amministrazione Bush, anche quelli puramente verbali, come il placet di Roma per la costruzione di una nuova base al Dal Molin di Vicenza, o l’acquisto di più di cento bombardieri F35 di nuova generazione, o ancora gli accordi di cooperazione militare con Israele. Questo atteggiamento dispiace, soprattutto perché mancano condizioni di necessità tali da giustificare gli inconvenienti e il rischio accollati alle comunità che, dal canto loro, hanno cominciato a difendersi da decisioni prese al di sopra della volontà popolare. L’esempio vicentino è uno stimolo per tutte le comunità che lottano per dire no alla strategia della guerra preventiva e permanente voluta dal presidente americano, cui l’Italia aderisce nonostante l’andamento fallimentare delle guerre in Medio Oriente ne abbia messo in discussione non solo la legittimità, ma persino la convenienza.
 
«È giunto il momento anche per noi di alzare la testa […] di manifestare la nostra ostilità allo scempio di territori utilizzati come servitù militari», scrive sul suo blog il Comitato unitario contro Aviano 2000. E intanto decine di consiglieri, sindaci, associazioni, sindacati, esponenti della sinistra hanno scritto al prefetto di Pordenone, chiedendo delucidazioni circa l’F16 precipitato. «Noi cittadini che da tanti anni viviamo vicino alla base Usaf di Aviano», esordisce la lettera, «con questo ennesimo incidente che fa parte di una lunga lista di altri incidenti imputabili alla presenza di questa base di guerra nel nostro territorio (jet caduti, pezzi persi per strada, bombe e serbatoi in orti e giardini) oltre alla presenza delle cinquanta testate nucleari, senza dimenticare la tragedia del Cermis, esprimiamo una forte e sentita preoccupazione per la sicurezza di tutti i cittadini della provincia di Pordenone». I firmatari chiedono inoltre spiegazioni circa la richiesta «da parte dei carabinieri italiani e dei militari americani di far firmare un documento all’uomo che ha incontrato il pilota statunitense sulla strada, perché non riveli nulla sull’accaduto». Sulla zona dell’incidente, infatti, è subito calato il «segreto militare» che, insieme allo speciale regime giuridico dei militari americani in Italia, mai perseguibili dai nostri tribunali, è un altro elemento di fastidio e preoccupazione per gli abitanti chiamati a convivere col personale delle basi.


 Circa il bombardiere che ha sorvolato gli Usa armato di testate atomiche, consiglio di consultare L'opzione nucleare nella guerra Usa in Iran: danzando verso l'abisso, di Lucio Manisco.

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AICRAM GRANPARADISO I COLORI DEL BOSCO – PRIMA EDIZIONE

 Concorrenti incerti alla partenza dell'esperimento agostano dell'AicramCi risiamo! Probabilmente chi frequenta il blog sa già tutto dell'iniziativa chiamata Marcia Granparadiso estate. Forse qualcuno ha sentito parlare anche della prima edizione dell’omonima Aicram, la Marcia Granparadiso al contrario (leggete il nome da destra a sinistra). Dopo il tentativo agostano, incredibilmente ammutinatosi, il non-comitato organizzatore ha deciso di riprovarci. La partenza sarà domenica 14 ottobre 2007, alle 9.00, nei prati di Sant’Orso a Cogne (solito posto, vicino al parco giochi). Invece di lanciarci verso la Valnontey, cominceremo con il giro trionfale del prato (sorrisi, braccia al cielo, grida di giubilo), per volare verso Les Ors, 600 m di dislivello (mi raccomando: è vietato correre).
 Alla partenza sarà distribuita la mappa della Marcia Granparadiso estate (bisognerà leggerla al contrario, però!), nonché l'itinerario, che già trovate qui sotto.
 Poiché l'estate – ahinoi – non è più nel pieno del fulgore, l'iniziativa assumerà un nome nuovo, più appropriato, I Colori del Bosco. E vedrete che il bosco saprà ricompensare la fatica della marcia, mettendo l'abito nuovo…
 Lo spirito della nuova competizione è assolutamente lo stesso della Marcia di luglio (confronta qui): una sfida con se stessi, nella quale non c’è bisogno dei vari orpelli delle gare ufficiali (iscrizioni, pettorali, ecc). Ci si trova nel posto e all’ora indicati e si parte; cronometraggio dei tempi e rispetto dell’itinerario sono delegati alla sportività dei partecipanti.
 Il regolamento è quasi identico a quello della Marcia (ed è disponibile qui), perché è vietato correre (ecc, ecc). Contrariamente a quanto annunciato in passato, anche questa volta c’è l’obbligo, per chi vince la gara, di comprarsi la coppa.
 Ma una volta di più, si tratta di riappropriarsi del proprio tempo, mettersi gli scarponi e… partire.
 
 
L'Aicram su Gazzetta MatinParlano di noi:
 
 la Gazzetta Matin in edicola questa settimana (lunedì 8 ottobre 2007) che ringraziamo per aver fatto miracoli per citarci: non essendovi organizzazione la notizia è giunta in redazione quando le pagine dell'Alta Valle erano già chiuse!
 (il ritaglio qui a sinistra è stato scansionato da FPC);
 
 il sito dell'espace populaire di Aosta;
 
 un ringraziamento a Top Italia Radio Valle d'Aosta che mi ha intervistato in diretta.
 
 

 Clicca qui se vuoi sapere qualcosa sull'esperimento di agosto!

 
  
 
AICRAM GRANPARADISO estate – Prima edizione – Cogne, 14 ottobre 2007
 
 ITINERARIO DELLA GARA
 (l’ordine dei numeri tra parentesi quadre può sembrare stano, ma si riferisce ai punti segnati nella cartina della Marcia)
 

 PARTENZA [1]
 Si parte dai prati di Sant’Orso (Cogne, 1534 m), in prossimità del campo giochi. Ci si avvia in direzione del torrente.
  Continua a leggere

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Il rientro in città (i lavavetri non m’hanno aggredito!)

 Sarò pure sconfortato, ma sembro in preda agli acidiAlla fine è successo. Ho dovuto lasciare i miei monti per tornare in città e riprendere il lavoro. Come ricorderanno i più assidui, sono insegnante di scuola media e, porca miseria, l’anno scolastico è iniziato. Sembra che nei giorni scorsi il ministro Fioroni abbia voluto dare un’immagine di serietà; pensate: ha persino ripristinato il voto di ammissione all’esame di terza media, quello che aveva tolto lui l’anno scorso, per intenderci (forse dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso). Ha anche detto che d’ora in poi darà la caccia ai professori fannulloni e tutto questo mi starebbe bene, se non puzzasse di pubblicità a buon mercato. In fin dei conti, io al rientro mi sono ritrovato in una classe di 26 alunni rumorosi, la III C (che per la mia generazione evoca subito un telefilm di qualche anno fa). Per i non addetti ai lavori, preciserò che 26 alunni sono tanti, ma che, purtroppo, oggi costituiscono la norma. Vorrei invitare il ministro in aula, per vedere quanto ci mette solo a imparare i nomi… Nella nostra scuola le terze sono tre, tutte numerose. Sarebbe più ovvio farne quattro: seguiresti meglio gli alunni e daresti lavoro a qualche altro insegnante. Evidentemente, però, la logica economica non corrisponde a quella didattica, come potrebbe dimostrarci alla lavagna l’alunno Padoa Schioppa.
 Cambiamo argomento. Negli ultimi giorni l’impatto con il nuovo anno scolastico mi ha assorbito molto, per cui non ho potuto commentare il Vaffanculo Day, di cui pure avevo dato notizia. Come dimostrano le foto, sabato sera ho firmato anch’io.

 

 Le 50.000 firme necessarie per portare la proposta di legge popolare in Parlamento sono state abbondantemente superate e ad Aosta sono addirittura finiti i moduli. Ora tocca al potere legislativo dello Stato trovare il modo per insabbiare tutto senza dar troppo nell’occhio. Il mio consiglio, naturalmente, è quello di soffermarsi a riflettere su ciò che si fa: magari questa volta i cittadini non saranno disposti a perdonare… (No, ministro Amato, non è un invito all’insurrezione armata)
 A proposito del V-Day, ho letto in ritardo il commento lasciatomi da Ghost CCCP, che m’invitava a vedere il suo video promozionale per la giornata di sabato. Anche se l’appuntamento è passato, il video merita, quindi ve lo “giro” (ciccate qui per vederlo).
 Che altro dire? Ultimamente è successo di tutto, c’è stato persino un vertice a Palazzo Chigi in cui si è parlato di… lavavetri! Autorevoli esponenti della politica, invece, hanno tirato in ballo i graffitari. Inquietante il sito del TG5, che, cavalcando l’onda, ha lanciato un sondaggio, chiedendo ai cittadini di votare i reietti peggiori, scegliendo tra mendicanti e compagnia bella, fino ad arrivare all’incredibile voce “turisti stranieri” (che nel Paese delle contraddizioni sarà stata la più gettonata dagli albergatori).
 Frattanto, nel pavese, esseri umani inermi hanno rischiato il linciaggio. Forse per una volta non è azzardato parlare di emergenza sicurezza…


 Le foto che mi ritraggono sono di Silvia Rinaldi.

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