NO!

 Si lavora! - 1NO! NO! NO! Voglio dire, ha vinto il sì, purtroppo, com'era logico aspettarsi. E ciò, secondo me, vuol dire meno welfare e nuovamente arrendersi all'americanizzazione della società. In Italia come nel resto d'Europa. E del mondo. E' la globalizzazione, dicono. Ma non ho mai capito perché un mal comune dovrebbe essere un mezzo gaudio… Che cosa penso dell'accordo del 23 luglio l'ho detto QUI. QUA, invece, ho riportato un intervento di Giorgio Cremaschi, che certe cornacchie, in rete danno già per ridimensionato. Manca soltanto QUO, e poi abbiamo fatto tutti i nipoti di Paperino. Del resto, dobbiamo vivere in America. Che cosa penso dell'accordo, però, ho voluto dirlo anche a Prodi con una mail. Tra l'altro: mi scuso con il Presidente, ma il limite di 3000 caratteri (spazi inclusi) mi ha obbligato a "limare" il testo della lettera al limite della sciatteria, come si fa con gli sms. Il servizio mi ha risposto che il Presidente mi ringrazia per l'invio del mio messaggio al quale sarà risposto al più presto. Mi farebbe piacere, come cittadino. Intanto lo pubblico qui di seguito…
 
 Gentile Presidente,
 non legga quanto dirò in chiave polemica, né consideri le mie parole come quelle di un qualunquista. Le scrivo come cittadino italiano e penso che conoscere l’opinione dei propri amministrati sia dovere e interesse di ogni governo.
 Beppe Grillo arringa le folle contro i costi della politica, che non fanno piacere a nessuno; io dico che se chi ci governa fosse all’altezza del proprio ruolo nessuno si chiederebbe quanto guadagna. Parliamoci chiaro: può affermare, in tutta onestà, di stare rispettando gli impegni assunti attraverso il programma elettorale? E se la risposta è no che cos'è che non va? Erano sbagliati gl'impegni o è sbagliata l’Unione? Continua a leggere

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Campagna per un’Italia Zona libera da Armi nucleari

  Ancora espace, venerdì sera. Incontro con Giovanni Salio, già ricercatore presso il Dipartimento di Fisica generale dell'Università di Torino, oggi presidente del Centro studi Sereno Regis, e con Piercarlo Racca del Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento e del Centro studi Sereno Regis. Titolo della serata: “Armi nucleari: dalla politica del terrore alla politica dei terrorismi”. Esordisce Piercarlo Racca, che ripercorre la storia del Movimento nonviolento in Italia e delle sue campagne, come quella sull’obiezione di coscienza al servizio militare, o quella contro le centrali nucleari (nel nostro Paese ne erano previste 20). «Con la fine della guerra fredda», dice Racca, «si era diffusa l’illusione che si potesse fare a meno delle guerre, mentre in realtà le spese militari sono aumentate». Anche gli impegni presi a livello internazionale, come il Trattato di non proliferazione nucleare firmato dal nostro Paese, sono stati spesso disattesi. L’Italia oggi ospita sul suo territorio 90 testate nucleari Usa, depositate nelle basi di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone). La proposta d’iniziativa popolare per rendere l’Italia zona libera dalle armi atomiche è un segnale di cambiamento che si vuole dare anche se, dice Racca, «i precedenti non sono confortanti circa le leggi d’iniziativa popolare». Non è mai successo, infatti, che il Parlamento abbia accettato di discutere una legge d’iniziativa popolare. «Questo è il rispetto della popolazione da parte della casta», commenta Racca, secondo il quale la proposta di legge (il cui testo pubblico in appendice all’articolo) potrebbe comunque contribuire a invertire la folle corsa al riarmo cui stiamo assistendo. «I nuovi aerei F-35, ad esempio, costeranno tra i 90 e i 100 milioni di euro cadauno. L’Italia ne acquisterà un centinaio (si parla di 131 velivoli, ndr). Ma qual è la loro utilità?».
 Dare lo sfratto alle atomiche statunitensi non dev’essere considerato inattuabile. Lo hanno già fatto la Grecia e la Spagna. Continua a leggere

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Per non dimenticare Anna Politkovskaja

 Giovedì sera: espace populaire ha ospitato Andrea Riscassi, giornalista di Tg3 Lombardia. Intervento-dibattito dal titolo Per non dimenticare Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa con quattro colpi di pistola da un killer che il 7 ottobre dello scorso anno, giorno del compleanno di Putin, ha agito a viso scoperto, sicuro della propria impunità. Anna Politkovskaja è morta per aver denunciato il ridimensionamento delle libertà civili e politiche nella Russia del nuovo zar e la sua morte pesa sulla coscienza dei governanti russi, rivelando oltretutto l’ipocrisia dei Paesi occidentali: fatta eccezione per Marco Pannella, ai funerali della giornalista non era presente alcun parlamentare europeo.
 Anna Politkovskaja ha sempre avuto nel mirino Putin e la società russa, per la quale additava il rischio di “cecenizzazione”. «Ciò che facciamo in periferia», diceva, «si ripercuoterà sul centro». In Cecenia, stuprando e uccidendo, l’esercito russo alleva i futuri kamikaze. Anna non se l’è mai presa con le categorie: ha sempre fatto nomi e cognomi, come quello del generale Budanov, che ha stuprato e strangolato una ragazza cecena.
 «Se Anna Politkovskaja è morta», dice Andrea Riscassi, «è perché oggi in Russia è in atto un arretramento della società civile». Dopo il cambiamento della legge elettorale, per non fare che un esempio, si sa già in anticipo che le elezioni saranno vinte dal partito del Presidente. Il 60% della popolazione ha dichiarato che voterà per chiunque sarà indicato da Putin come suo successore. La gente si è adeguata al cesarismo.
 Negli ultimi anni, il Presidente Putin è stato “sdoganato” in Europa, in particolare dall’«amico» Berlusconi e dall’ex premier tedesco Schroeder, che hanno provveduto a inserirlo nel consesso dei governanti internazionali. Su iniziativa statunitense, la Russia ha avuto accesso al G8, benché in realtà non possegga i requisiti (non solo) economici degli altri Paesi che ne fanno parte. Frattanto, Putin ha avuto modo di fare alcuni passi verso una politica di potenza, per vedere come avrebbe reagito l’Occidente. L’Occidente non ha reagito. La Russia è ai ferri corti con la Georgia, la Polonia, la Moldavia, ma l’Unione europea non ha ancora ritenuto di dover chiedere conto dell’atteggiamento di Mosca. Lo scorso inverno c’è stata la crisi del gas con l’Ucraina, voluta dal Cremlino per testare il proprio margine di manovra. Dall’oggi al domani, Putin ha chiuso i rubinetti del gas. 50 anziani sono morti di freddo. Entro il 20 di questo mese, Gazprom vuole vedere tutti i propri crediti saldati, oppure cesserà l’erogazione del gas verso l’Ucraina. Eppure, in Europa, insieme ai tedeschi, siamo i più filorussi e Gazprom venderà gas in Italia. Con il cambio di governo non c’è stata alcuna discontinuità nella nostra politica verso la Russia. Continua a leggere

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Giorgio Cremaschi – Le ragioni del NO (2)

 Giorgio Cremaschi all'espace populaireIeri pomeriggio Giorgio Cremaschi era all'Espace populaire di Aosta per spiegare le ragioni del NO al referendum dei lavoratori, che dovrà legittimare o bocciare l'accordo sul welfare dello scorso 23 luglio tra Cgil, Cisl, Uil e il governo. Ho rischiato di perdere l'appuntamento perché credevo che fosse di sera. Quella di Cremaschi, invece, è stata una rapidissima toccata e fuga, prima di proseguire per Cuneo,
dove aveva un altro incontro. Questo semplice fatto dà l'idea
dell'energia che i sostenitori del NO stanno profondendo in assemblee e
incontri in tutta l'Italia, nel tentativo di impedire un accordo tremendo per tutti i lavoratori
.
 Cremaschi esordisce prendendosela con i mezzi d'informazione. In TV si litiga spesso su cose che non esistono, come il superamento dello scalone Maroni, necessario per il centrosinistra, assolutamente sbagliato per il centrodestra. Ebbene, dice il sindacalista della Rete 28 Aprile, l'accordo del 23 luglio non contiene alcun superamento dello scalone. Prevede un po' d'attenuazione adesso, per poi proporre scalini molto ripidi più avanti. "Bersi un aumento di cinque anni dell'età pensionabile", sostiene Cremaschi, "è una catastrofe sociale e non è un caso se Confindustria è contenta dell'accordo mentre gli operai di Mirafiori lo hanno fischiato". Anche perché l'emergenza pensioni è il frutto di una campagna finta, organizzata dai centri economici internazionali, fondata su calcoli ipotetici basati sul possibile allungamento della vita umana. "Sono le grandi agenzie di rating", dice Cremaschi, "quelle che dovrebbero occuparsi degli scandali finanziari, come Parmalat, a prendersela con le pensioni". Oggi i nostri lavoratori non possono arrivare a 62 anni. Persino Montezemolo ha chiesto il ritiro a 50 anni per gli operai addetti alla catena di montaggio. Oggi la gente si ammala di lavoro, perché il lavoro è diventato più faticoso, usurante. "Solo dopo un miglioramento delle condizioni generali di lavoro", continua Cremaschi, "sarebbe possibile aumentare l'età pensionabile". E fa l'esempio della Germania, dove esistono le 35 ore settimanali. Ciò che più dispiace, infine, nel tentativo di rubare ai lavoratori la dovuta pensione è la considerazione che oggi le casse dell'Inps sono in attivo. Continua a leggere

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La Fattoria degli Animali – Le ragioni del NO (1)

 Nella vecchia fattoria...Nella Fattoria degli Animali di Orwell, gli animali sono tutti uguali e godono di pari diritti, cosa ben lontana dalla realtà. Vi è poi chi tradisce (i maiali) e prende il potere per sé, cancellando i diritti degli altri. E questo, purtroppo, è meno lontano dalla realtà. Spiace pensare che chi per statuto si occupa degli altri (magari dei lavoratori) possa cambiare ragione sociale (ps: ho saputo che a Bologna c’è un sindaco-sceriffo che ha lo stesso nome e cognome del sindacalista Cofferati…).
 Naturalmente io non sono un economista e nel dettaglio certe cose non le capisco. Però devo dire che alcuni entusiasmi sindacali riguardo all’accordo sul welfare del 23 luglio mi sembrano del tutto fuori luogo. L'altra mattina sono stato a un’assemblea sindacale, ho ascoltato i segretari confederali della mia città, li ho sentiti descrivere il protocollo come la migliore intesa possibile: perfetta no, ovviamente, ma al governo non si sarebbe potuto strappare di più. «Un accordo soltanto “a prendere”», così ci è stato presentato. Eppure, le nuove “conquiste” non mi sembrano affatto sostanziali e non mi pare che andare in pensione 3 anni prima delle altre categorie di lavoratori perché si è fatto per almeno mezza vita lavorativa un lavoro usurante giustifichi toni così trionfalistici. Aver trasformato in scalini lo scalone Maroni potrà aiutare a non fare il passo più lungo della gamba, ma non capisco perché bisognerebbe gioire al pensiero che nel 2008, invece di andare in pensione a 60 anni d’età con 35 anni di contributi, come prevede la riforma Maroni, sarà sufficiente averne compiuti 58, sempre con 35 di contributi pagati, mentre nel luglio 2009 si potrà “scegliere” tra i 60 anni + 35 o i 59 + 36…
 Per quanto riguarda il mercato del lavoro, non vedo come siano state scoraggiate le forme contrattuali atipiche. Il fatto che dopo 36 mesi di lavoro a contratto il lavoratore possa avvalersi dell’assistenza del sindacato al momento della nuova firma, abbiate pazienza, non mi pare un gran deterrente contro gli abusi delle imprese, che hanno tutta la convenienza a cumulare tanti contratti a termine invece di assumere il lavoratore a tempo indeterminato. E credo che la lotta alla precarietà figuri ancora tra le buone intenzioni del sindacato (del governo non più) e non faccia davvero parte dell’accordo. Continua a leggere

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Una manifestazione per dire la propria

 Manifestanti a VicenzaVorrei rilanciare l’appello, pubblicato sul manifesto dello scorso 3 agosto, per una grande manifestazione a Roma, capace di rilanciare sette questioni oggi assolutamente fondamentali per il Paese, dalla lotta contro la precarietà al tema dei diritti civili. Si tratta di un invito all’Unione per realizzare i punti più qualificanti del proprio programma elettorale, oggi in gran parte lettera morta. Sarò al corteo, lavoro permettendo, e in ogni caso mi associo sin d’ora alle sette proposte che costituiscono la piattaforma della manifestazione, convinto che, per farsi sentire, qualche volta si debba alzare la voce.
 Non nutro illusioni: il governo Prodi ha spostato recisamente verso il centro i propri equilibri ed istanze. O forse non ha neppure senso parlare di deriva centrista, o verso destra. Oggi, infatti, c’è un’unica ideologia dominante, quella del liberismo, che porta con sé la deregolamentazione dell’ambito economico e la sopraffazione, e quest’ideologia rischia di valere per il centrodestra come per il centrosinistra, accomunati anche da una voglia di “ordine” che va assumendo sempre più i contorni del linciaggio.
 In ogni caso, è ancora importante essere presenti, essere in tanti, e dimostrare che esiste tuttora chi la pensa in altro modo, chi non è disposto ad accettare che si sprechino milioni di euro in armamenti o che si calpesti la volontà di intere comunità. Andare a Roma è la risposta migliore alle polemiche delle ultime settimane, per cui, ancora una volta, si vuole negare alla sinistra cosiddetta radicale diritto di rappresentanza, s’impone ai ministri la disciplina di governo e si pretende che tutto sia accettato, pena il ritorno dell’Orco Cattivo a Palazzo Chigi.
 È anche una risposta al cattivo accordo sul welfare dello scorso 23 luglio, recentemente contestato a Mirafiori, che ha visto i sindacati confederali adeguarsi alla deriva della politica verso il pensiero economico unico, che unisce sullo stesso fronte Luca Cordero di Montezemolo, il futuro Pd, l’ex presidente Dini e tutti gli evergreen del centrismo all’italiana.
 
Roma, 9 giugno 2007Infine, la manifestazione del 20 ottobre è un’ennesima occasione per tentare di far capire ai partiti che compongono il governo che stanno perdendo la loro base, cosa che – questa volta sì – rischia di favorire Berlusconi. In quest’ottica (e unicamente in quest’ottica, mi sembra) la manifestazione di Roma non si pone contro il governo, ma cerca di spronarlo al cambiamento. Per chi ha ancora a cuore le sorti della sinistra e non si arrende all’appiattimento dei due poli su posizioni comuni, per chi non trova nelle liste civiche di Grillo la risposta alla crisi della politica, né crede che le comunità in lotta possano farcela senza rappresentanza in Parlamento, questa è un’opportunità da non sprecare.
 Per informazioni sulla manifestazione del 20 ottobre www.20ottobre.org.

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Sevitù militari – effetti collaterali

Certi argomenti meritano un approfondimento.
 
E voi, persone serie: ma fatemi il piacere!Come mi fa notare Ilaria in un commento a un precedente articolo, a Soramaè nella Val di Zoldo (dov'è precipitato un F16 americano decollato dalla base di Aviano) "si è dispersa l’idrazina, liquido estremamente tossico e inquinante contenuto in uno speciale serbatoio stagno da 25 litri posto all’interno della fusoliera". Naturalmente quel che è successo è nulla in confronto a ciò che sarebbe potuto accadere se l'aereo fosse stato armato, o se il pilota non avesse avuto la prontezza necessaria a evitare lo schianto sul centro abitato. Ma accanto al pericolo, endemico quando hai una base militare a due passi da casa, c'è pure la frustrazione di dover convivere con soggetti sottoposti a un regime giuridico speciale, che promette loro la massima impunità in caso d'incidente (la tragedia del Cermis parla chiaro in proposito). Quando ci sono di mezzo i militari, meglio se americani, tutto viene messo a tacere: c'è il segreto di stato, le zone vengono recintate e quando le notizie trapelano nessuno ha il diritto di pretendere spiegazioni. Questi, insieme all'idrazina, sono gli effetti collaterali della servitù militare e oggi il governo, invece di pensare a riconvertire le basi a scopi civili, come vorrebbe buona parte della popolazione, decide di privilegiare i buoni rapporti con l'alleato statunitense, sacrificando nuove porzioni di territorio, strappate alla giuristizione nazionale e alle comunità. E' ovviamente il caso della base di Vicenza (ma non solo di Vicenza) e l'aereo caduto nella Val di Zoldo non è che l'ennesimo motivo per cui Prodi farebbe bene a tornare sulla propria decisione. Ma certe cose, naturalmente, non si fanno: non sono da persone "serie e responsabili"!
 
 Sull'incidente nella Val di Zoldo consulta il blog del Comitato unitario contro Aviano 2000.
 Per la pace e i diritti partecipa alla Marcia Perugia-Assisi del 7 ottobre.

 Aderisci alla tre giorni di mobilitazione europea a Vicenza (14, 15, 16 dicembre).

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