Impatti ambientali ecologici

 
 
 Dopo una ventina di giorni, Silvia e io abbiamo lasciato la Puglia e siamo tornati in Valle d’Aosta. Più di mille chilometri di aeroplano sulla diagonale sud-est/nord-ovest d’Italia, con l’idea – spericolata – di fare scalo a Fiumicino e la conseguente perdita del bagaglio imbarcato (pare che all’aeroporto di Roma sia diventata la norma). Il sole del Salento ha lasciato spazio a un cielo grigiastro, trapassato ogni tanto da qualche raggio pallido, però assicurano che da domani il tempo migliorerà. Scrivo da Cogne, fuori della porta sta piovigginando, cerco di rimettermi in pari con gli avvenimenti dopo un poco di latitanza dal blog.
 
 Si può essere dalla parte del giusto, ecologicamente parlando, e arrecare danni al patrimonio culturale e ambientale? È quanto mi chiedo, in maniera neanche troppo retorica, pensando al parco fotovoltaico in fase di allestimento presso l’antica masseria Li Vasaputi di Mesagne, Brindisi (il cartello la chiama Vasapulli, in forma italianizzata; un mio amico, invece, dice Vasapuddi). Si tratta di un edificio bellissimo (come si vede dalle foto), circondato da campi (quasi) a perdita d’occhio. Di fronte ci sono una stradina di campagna e una chiesetta; più avanti, la vecchia provinciale per Latiano, che si snoda fra i campi e gli ulivi, oggi poco utilizzata dalle macchine e divenuta il regno di ciclisti e podisti. L’intera zona, del resto, è stata da poco attrezzata come itinerario cicloturistico: vari percorsi tagliano la pista d’asfalto vecchio, crepato, forti di nomi altisonanti (Appia, Messapia, Bizantina).
Più avanti, quasi all’altezza di Latiano, c’è l’area archeologica di Muro Tenente. Continua a leggere

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Camminante – Passeggiata Mesagne-Latiano

Mesagne e Latiano sono due comuni della provincia di Brindisi, uniti dalla superstrada Lecce-Taranto e da due provinciali. Quella vecchia, poco transitata dalle macchine, è un nastro d’asfalto che si snoda tra i campi e gli ulivi. Mi piace percorrerla a piedi, sotto il cielo enorme, che comunica, a chi come me è abituato alle montagne, l’idea dell’infinito. Se guardi bene all’orizzonte, girando lento su te stesso, hai l’impressione di vedere la volta celeste, di riuscire a seguirne la curvatura. Un passo dietro l’altro, come sempre, lungo il ciglio della pista, buttando l’occhio alla campagna. Tanto il calore del sole, quanto la forma del paesaggio comunicano un’impressione di eternità. Come se questi ulivi ci fossero sempre stati, colle radici ben piantate nella terra rossa e i rami verdi al cielo. Ho visto file di tronchi simili a colonne di cattedrale, strani ghirigori disegnati in terra sotto gli alberi, la carcassa delle cicale aggrappata alle cortecce, i muri bianchi di pietre, a secco. Ho visto i rovi con le more, la vite, mi sono sentito ospite della Magna Grecia. Sono tornato alla realtà, di tanto in tanto, alla presenza di qualche mucchio d’immondizia, ma poca cosa, giusto gli scarichi abusivi di qualche privato, che si libera così delle cose più impensate, ad esempio i vecchi sanitari. Ho seguito l’asfalto, fatto di passi, fino al paese, vi sono penetrato, come faceva lo straniero, un tempo, quand’eravamo nomadi.

«Eravamo tutti nomadi, una volta», mi dice il parroco di Latiano. Lo incontro mentre sto per tornare indietro, lasciandomi il paese alle spalle. Io sono a piedi, lui in macchina. Si propone di darmi un passaggio; gli spiego che sono lì per camminare. Le persone trovano sempre strano che uno voglia andare a piedi. Però la cosa lo intriga, Continua a leggere

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Espace populaire – Dicle Firat: gemellaggio Aosta-Kurdistan

 

Dicle Firat
 
 
Dicle Firat [Tigri ed Eufrate] è un centro culturale che opera in difesa della cultura e dell’identità kurda in un contesto particolarmente difficile. Si trova nel centro storico di Diyarbakir, la città principale del Kurdistan turco, una regione situata nel
sud est dell’Anatolia e abitata da 20 milioni di persone, alle quali il governo di Ankara non riconosce i diritti fondamentali (non possono, ad esempio, parlare nella propria lingua madre). Lo Stato turco, inoltre, cerca di ostacolare tutte le forme di espressione culturale autonome kurde. Malgrado la repressione, Dicle Firat resiste da anni, portando avanti le sue iniziative, che spaziano dal teatro ai concerti, dai corsi di fotografia a quelli di musica. Lo spazio è libero e autogestito e rappresenta un luogo di aggregazione per gli abitanti del luogo.
 
 L’espace populaire di Aosta ha appena ufficializzato il proprio gemellaggio con Dicle Firat, come espressione di solidarietà internazionale e appoggio concreto nel difendere i diritti dei popoli.
 
 Negli anni ’90 la guerra che ha opposto l’esercito turco agli indipendentisti del PKK ha causato più di 40 mila morti, migliaia di arresti, torture e un’ondata di profughi dai villaggi di montagna. Attualmente, dopo alcuni anni di tregua unilaterale da parte del PKK, è ripresa la guerra aperta e la repressione contro il popolo kurdo nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale.
 

 Per saperne di più visita il sito Uiki Onlus.
 Leggi l’articolo sul sito dell’espace populaire.
 


 
 La foto di questo articolo è tratta dal sito dell’espace populaire.      
 

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Here, There, Everywhere: un viaggio fantastico da Liverpool a Trieste

 ( ! ) SCADENZA: 23 AGOSTO!
 

 

 

 
Clicca sull’immagine per ingrandirla
 
 
A fine aprile avevo pubblicato il mio resoconto sulla mostra aostana «Arrivano i Beatles. Storie di una generazione». Recentemente ho ricevuto un commento, che è un invito, alla mostra «Here, There, Everywhere: un viaggio fantastico da Liverpool a Trieste», organizzata da Eugenio Ambrosi in collaborazione con il Comune di Trieste. La mostra, a ingresso libero, sarà aperta fino al 23 agosto.
 
 Giro l’informazione a tutte le persone interessate!
 

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In diagonale su YODA

  Yoda a Mesagne
 
 È verde ed è vecchio, come Yoda, il Maestro Jedi di Guerre Stellari.
 È un furgoncino Volkswagen T2 del ’79.
 Dalla Valle d’Aosta a Mesagne (Brindisi), tra una deviazione e l’altra, ci son volute 4 giornate e più di 1300 km. 3 le soste notturne, la prima sotto Pesaro, a Fano, in un’area verde all’interno della quale si è svolta, dall’una di notte in poi, la partitella di calcio Fano-Resto del Mondo. Seconda tappa notturna sul Gargano, tra Peschici e Vieste, ospitati sotto la tettoia di uno splendido residence. Terza notte a Castellana, nel parcheggio dei frati, dopo l’estenuante ricerca di una pizzeria. Il blog ha intervistato Lara e licenzafissa, protagonisti di questa epopea, compiuta al nobile scopo di venirci a trovare.
 
 

 
Le interviste del blog!
 
 Blog: Allora, come si viaggia nel ventre di Yoda? Come vi è venuto in mente? Esiste uno spirito particolare?
 
 Lara: Lo spirito guida! [ride] Sono tre anni che abbiamo Yoda. È il primo viaggio così lungo. Prima eravamo stati al massimo in Toscana.
 
 licenzafissa: È stato un esperimento, non sapevamo se arrivavamo. Continua a leggere

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La novità della guerra lampo

 

 
 La fine dei combattimenti
 
 La guerra in Georgia sembra finita: «Dopo Mosca, anche Tbilisi ha accettato il piano di pace in sei punti presentato da Sarkozy, presidente di turno dell’Unione Europea, che in una conferenza stampa ha fatto un annuncio congiunto con il presidente georgiano Michail Saakashvili esponendo le condizioni dell’accordo».  [leggi tutto sul sito di peacereporter].
 
 Nei giorni scorsi ho provato a raccontare qualcosa della guerra in Georgia, concentrandomi sullo status dell’Ossezia del Sud e sulla posta in gioco, in termini energetici e geostrategici. Il resto è la cronaca, terribile, del conflitto, per la quale rinvio a mezzi d’informazione più potenti e aggiornati del blog, cui senz’altro rimando. Basti dire che si parla di morti in Ossezia, decine, secondo i georgiani, centinaia secondo i russi, e di centinaia di migliaia di sfollati. Letti così, questi dati possono sembrare poca cosa, abituati come siamo alle cifre che giungono dall’Iraq, il che fa riflettere sul nostro grado di assuefazione alle tragedie, anche a quelle dovute all’uomo e quindi, volendo, completamente evitabili.
 
 Punti oscuri
 
 Circa le dinamiche del conflitto, nella mia testa ho ancora tanti dubbi, ad esempio in che modo il presidente georgiano Saakashvili possa essersi illuso di sfidare Mosca senza rimetterci, o se veramente abbia creduto di poter ristabilire l’autorità di Tbilisi sulla regione «ribelle» con la mossa – arrischiata – dell’invasione militare. Sia che sperasse nel non intervento del Cremlino o nell’aiuto occidentale in una guerra contro la Russia, la strategia di Saakashvili sembrerebbe confermare le parole di Adriano Sofri che, sulla Repubblica di lunedì 11 agosto, afferma che «le potenze sono stupide», «ottuse». Anche se Sofri non li cita, penso subito agli Usa di Bush, talmente ottusi da impantanarsi in Iraq senza aver pacificato l’Afghanistan e forse ansiosi di nuovi bombardamenti sull’Iran. O a Saakashvili, appunto, disposto ad agitare con assoluta leggerezza il panno rosso davanti agli occhi di Putin.
 
 La nuova «guerra lampo»
 
 Nel suo articolo, Sofri analizza quella che definisce la «piccola novità della guerra lampo». Mi permetto di citare l’efficace definizione. «Vuol dire», spiega, «che non è affatto destinata a finire presto, e forse mai – finirà mai la guerra in Cecenia? – ma è la guerra che esplode in un lampo. Non ha bisogno di incubare, non aspetta macchinazioni diplomatiche, telegrammi di Ems, provocazioni terroristiche, attentati di Sarajevo, tergiversazioni sull’alleanza con cui schierarsi: si scatena in un batter d’occhio, emula finalmente del disastro naturale, del terremoto, dello tsunami, che non a caso sono ormai il lessico prediletto dalla politica quotidiana. Continua a leggere

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Il Caucaso in fiamme

 
 
 Questo che avete davanti agli occhi è un blog.
 Lo gestisco da solo e non ho i mezzi per raccogliere informazioni di prima mano su quanto accade in Ossezia (o in Iraq, in Palestina, in Afghanistan…). Ieri mattina, come gli altri giorni, stavo andando al mare. Mi sono fermato al bar per comprare il giornale, l’ho buttato in macchina e ho proseguito per la mia strada, senza pensare ad altro. È stato solo più tardi, quando ormai avevo finito il primo bagno, che mi sono accorto che la prima pagina parlava di una nuova guerra, quella tra russi e georgiani, per il possesso dell’Ossezia del Sud. Il sole non è venuto meno per questo e lo Ionio, per quanto agitato, era pulitissimo. Sul quotidiano che stavo leggendo si parlava di morti, di sfollati, del presidente georgiano amico degli Usa che chiedeva l’intervento della Nato; si elencavano, insomma, le condizioni propizie per un ulteriore deterioramento della situazione, un nuovo passo verso la guerra fredda o verso lo scontro (finale?) fra titani. Ho cercato, per quanto ho potuto, di tracciare un quadro della vicenda, perché ritengo che capire quanto sta accadendo ai confini dell’«impero» russo sia determinante per intuire gli sviluppi futuri di un mondo perennemente sull’orlo della guerra. Riporto di seguito una descrizione della questione ossetina, così come sono riuscito a ricostruirla dai giornali. Evito volutamente di rendere lo stile accattivante, nel tentativo di essere, soprattutto, chiaro. Quanto al commento della vicenda, preferisco tacere: uscirebbero soltanto banalità (del tutto vere, peraltro) come quella che gli interessi degli Stati sono la causa della morte e della sofferenza di migliaia di persone, che pure definiamo cittadini. Oppure che, come in quella vecchia poesia di Bertolt Brecht, l’uomo che ha scritto sopra un muro: «Viva la guerra», forse oggi «è già caduto».
 
 L’Ossezia del Sud
 
 L’Ossezia del Sud è una piccola regione montuosa, simile per dimensioni alla provincia di Viterbo, delimitata da confini che non sono mai stati definiti con chiarezza. Ci vivono all’incirca 70 mila abitanti, quasi tutti di etnia e lingua osseta (di origine iranica, totalmente diversa da quella georgiana). Il suo territorio è considerato parte della Georgia, anche se, di fatto, la piccola regione caucasica si è resa indipendente da Tbilisi (la capitale georgiana) tra il 1991 e il 1992, attraverso una guerra definita «a bassa intensità», ma che ha comunque causato qualche migliaio di morti. A partire dal ’92, la pace è difesa da truppe russe e georgiane, che hanno ricevuto il mandato di Caschi blu dell’Onu. L’Ossezia è oggi amministrata da un governo locale non riconosciuto da nessuno Stato e guidato dal presidente Eduard Kokoity. Nella regione sono però presenti villaggi abitati da osseti e villaggi abitati da georgiani: in base a questo puzzle etnico, alcune aree sono rimaste sotto il controllo diretto di Tbilisi. La Georgia è determinata a riaffermare la propria autorità sull’intera regione, ma il sogno della maggior parte della popolazione ossetina è una riunione etnica e storica con la confinante Ossezia del Nord, che è parte della Federazione russa. Molti osseti del Sud, del resto, si erano rifugiati in Russia al tempo del precedente conflitto ed erano stati naturalizzati; erano poi tornati a vivere nelle proprie terre alla fine delle ostilità. Continua a leggere

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