Olè! Scuola, riforma e flamenco

 
 E allora danziamo, come si danza sul ciglio dell’abisso, come si continua a sgambettare quando si è ormai caduti dentro, se non ci s’accorge che già manca la terra sotto i piedi.
 Che schifo, Mariastella. Ho visto i tuoi 35 anni, 2
appena più dei miei, e ho pensato a quanto assurdo sia sacrificarli al posto di comando. Tagliare a destra e a manca e dire che s’è fatta la riforma; ma pensa che tripudio, Mariastella! Veder votare «sì» severi senatori – alcuni hanno il doppio dei tuoi anni -: certo non manca un po’ di compiacimento. Mentre la nostra gioventù s’affanna a protestare, a chiedere dialogo, attenzione (hai notato Mariastella? le cose che i ragazzi chiedono agli adulti, né più né meno). Mentre la nostra gioventù legge e rifiuta una riforma che dice meno ore, meno qualità, meno posti di lavoro. Il trionfo del modello privato issato sulle macerie della scuola pubblica! Una solenne presa per il culo, per essere concreti, e forse più per ideologia che per «far cassa».
 Così la nostra gioventù si scontra per le strade, percossa appena appena da manganellate vaganti: non c’è bisogno di forzare stavolta. L’aula ha votato, ha deciso. Viva la democrazia rappresentativa! A meno che il movimento studentesco non riesca dove il resto della società  talvolta segna il passo: insistere, rifiutare di arrendersi, anche quando i giochi sono fatti.
 Che schifo, Mariastella: la tua riforma non la vogliono gli alunni, non la vogliono gl’insegnanti, non la vogliono le famiglie. E quindi è legge dello Stato, perché da giorni il TG5 s’affanna a mostrare i crumiri, i "dissidenti", quei quattro gatti («studenti di centrodestra», si definiscono) che apprezzano le ragioni della riforma e chiedono la fine delle occupazioni. E il TG5 li chiama «maggioranza silenziosa».

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Taranto: cordate alla diossina

 
 Le cordate alla diossina di Taranto
 di Salvatore ScaglioneMegachip
 
 Decine di animali sono stati abbattuti in provincia di Taranto perché intossicati dalla diossina prodotta dallo stabilimento siderurgico Ilva. L’Ilva è una delle industrie più inquinanti del nostro paese. E’ una di quelle aziende che dovrebbe modificare radicalmente i suoi sistemi di smaltimento ed abbattere le emissioni se il governo Berlusconi non avesse chiesto all’Europa il noto stop anti ambientale. C’era un comitato tecnico incaricato di valutare le emissioni dell’Ilva e verificare se esistono le condizioni per concederle l’autorizzazione ambientale. Ma il ministro Prestigiacomo lo ha sciolto. Proprietario dell’Ilva è l’industriale Riva. Riva fa parte dei capitani coraggiosi, azionisti della nuova Alitalia (se e quando nascerà). Che ci sia qualche relazione tra queste notizie? Intanto, degli animali alla diossina si sa, degli umani non ancora.


 Il testo è tratto dal sito Megachip (Democrazia nella comunicazione). È  liberamente riproducibile, ma occorre citare la fonte e gli autori. Il disegno, invece, è mio e – sia detto en passant – è sottoposto a una licenza dello stesso tipo.

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Potenti. Assassini inconsapevoli?

 Milano, cartoni
 Sarebbe di cattivo gusto fare una vignetta con Gelmini o Brunetta, o magari Tremonti, che alla notizia della maestra precipitata in un burrone dicono compiaciuti: «Una di meno». Sarebbe cinico e certo sarebbe sbagliato, perché sono convinto che tanto Gelmini, quanto Brunetta o Tremonti, sono sinceramente dispiaciuti per il caso di Sara Montemurro e magari (chissà) se si fossero trovati sul posto avrebbero rischiato la propria vita per scendere nel precipizio e salvare la ragazza. Perché il potere è come una lente deformante, attraverso la quale le cose appaiono confuse. O dobbiamo pensare che le varie marcegaglia si rendano davvero conto di avere davanti a sé persone in carne e ossa quando chiedono maggior flessibilità (ancora!) della forza-lavoro? Quando rifiutano pene severe per la proprietà in caso d’incidente dovuto a inadempienza della medesima? Forse i potenti, di fronte a un corpo vero e, per così dire, a tu per tu con esso, uscirebbero dalla loro prospettiva deforme e si accorgerebbero di avere a che fare con un proprio simile, che forse val bene la pena rischiare qualcosa per salvare. Continua a leggere

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8 punti. «Di sutura», suggerirebbe qualcuno.

 
 «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito… Lasciarli fare [gli universitari, ndr]. Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì… questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio». Vedi il testo intero dell’intervista.
  

 1) «Maroni dovrebbe fare quel che feci io». È una confessione: Cossiga ha violato la legge.
 2) Infiltrare il movimento per provocare devastazioni. Non è una semplice linea dura: Cossiga propone di violare sistematicamente la legge, di danneggiare cose e/o persone, ma soprattutto di inventare una realtà di comodo. Sa benissimo che gli studenti non hanno intenzione di far danni, perciò li vuole provocare lui, per poter fermare gli studenti con la forza. Continua a leggere

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È tornato Kossiga: «Mandarli tutti all’ospedale!»

 
 Un semplice link, dal sito Giornalismo Partecipativo, tratto a sua volta dall’edizione di «Giorno/Resto/Nazione» del 23 ottobre. Titolo: È tornato Kossiga. Leggete le dichiarazioni sulle proteste studentesche rilasciate dal senatore a vita, ex ministro dell’Interno, ex Presidente della Repubblica (e Garante della Costituzione). Vittorio Feltri, in confronto, è uno sdolcinato. Non sapevo in che categoria inserire questa notizia e ne ho creata una apposta: Fascismi.


 La foto è mia.

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Manca soltanto la didattica

 
 Manca soltanto la didattica, mi pare.
 Come insegnante, ex studente, cittadino, trovo
sia questo l’aspetto più grave, tanto della "riforma" Gelmini, dove contano soprattutto motivazioni ideologiche ed economiche, quanto delle reazioni risentite di chi non accetta alcuna opposizione alle proprie decisioni. Al di là delle parole del premier sull’uso della polizia contro gli studenti (parole del resto prontamente negate dal Grande Smentitore: «Mai detto né pensato che la polizia debba entrare nelle scuole», ha spiegato dalla Cina, col solito espediente dei media che fraintendono ogni cosa), voler impedire a ogni costo l’espressione del dissenso non costituisce soltanto una prova tecnica di regime, ma anche la realizzazione dell’avviato progetto di lobotomizzazione di massa della società. Da che mondo è mondo, la formazione del pensiero critico, la capacità di lottare per ciò in cui si crede e la ricerca della propria autonomia di giudizio sono obiettivi desiderabili per il percorso di crescita di un alunno, non ostacoli da superare. Il buon "pedagogo" lo sa, l’economista chissà, ma certo non lo ignora il Grande Fratello, il quale capisce bene il valore della protesta e la giudica, coerentemente con i propri fini, pericolosissima. Mentre scrivo queste parole non posso non pensare al tentativo in atto di demonizzare il ’68 e quel Movimento studentesco che, trasformando la scuola, ha reso più libera la società (o almeno ci ha provato). Non posso non pensare alla maniera in cui i media affezionati alla destra stanno trattando la riforma Gelmini (si veda in proposito questo articolo di Vittorio Feltri). Non posso non pensare, e concludo, che questa sera Italia 1 trasmette La Talpa.

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Le Colonne d’Ercole (di Pont-Saint-Martin)

 
 1. Oltre le Colonne
 
 Quando facevo il servizio civile (poteva essere il 2001) ho partecipato alla Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi. Eravamo un piccolo gruppo e fra noi c’erano alcune ragazze con un cartello: «Studenti valdostani per la pace». È stato un va e vieni continuo di gente che si accostava e chiedeva se veramente venivamo dalla Valle d’Aosta. Dal tono impiegato, si capiva benissimo che la nostra presenza era considerata un’impresa, quasi fossimo venuti dall’altro capo del mondo. La nutrita delegazione siciliana non suscitava scalpore, eppure di strada ne aveva fatta di più. Continua a leggere

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