Emilio Fede miglior giornalista 2008?

 
 Sembra incredibile,
ma forse doveva succedere, visto lo stato dell’informazione del nostro Paese.
 Questa sera a Venezia alle ore 20 sarà assegnato il Leone d’oro alla Comunicazione al direttore del Tg4 Emilio Fede, nell’ambito della prima edizione del Gran Premio Internazionale di Venezia.
 Contro la decisione si sono mobilitati «liberi cittadini indignati», che hanno tappezzato
di cartelli di protesta il capoluogo veneto e il Lido. Ne pubblico uno (cliccateci sopra per ingrandire l’immagine).
 Tra poche ore (alle 18.30) i manifestanti si ritroveranno in piazzale Santa Maria Elisabetta per raggiungere il Palazzo del cinema e dare inizio alla contestazione.
 Invito a leggere il testo del volantino e magari a riguardare alcune perle del "Grande Comunicatore". Continua a leggere

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Scuola: ma quale accordo?

 
 Stasera mi è capitato di sentire, dopo tanto tempo, i titoli del Tg1. Non ci sono più abituato, non ho gli anticorpi e forse è per questo che sono rimasto scioccato. «Governo-sindacato accordo scuola», urla il televisore. Dice che la riforma delle superiori slitterà di un anno, mentre il maestro unico sarà “attivato” qua e là, solo su richiesta delle famiglie. Vado a vedere su internet e m’imbatto in Walter Veltroni che commenta, serafico: «Vedo che il Governo sulla scuola fa una completa marcia indietro. Vuol dire che aveva ragione chi ha protestato».
 Accordo. Situazione risolta. «Una completa marcia indietro».
 Ma di che cosa stiamo parlando?
 Del tentativo di archiviare una faccenda scomoda, il primo grande intoppo incontrato dal governo Berlusconi. Del tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto, come per i rifiuti campani.
 Andiamo con ordine:
 1. Quale sarebbe la marcia indietro del governo? Berlusconi s’è accorto che l’opposizione (quella nel Paese, nelle scuole) era più forte del previsto. Gli serve almeno un anno per mediare, ammiccare, per convincerci tutti che ciò che è stato previsto si farà. Nessuna retromarcia, giusto un piccolo temporeggiamento. Il maestro unico non è (ancora) obbligatorio. La riforma delle superiori è rinviata di un anno. Bella vittoria, Veltroni.
 2. Decideranno le famiglie. Io insegno alle medie, ma credo che poche cose al mondo siano difficili come formare le prime elementari, Continua a leggere

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Autistici/Inventati e il solstizio d’inverno

 
 Quello che segue NON È UN MESSAGGIO PUBBLICITARIO, bensì un appello in favore del collettivo Autistici/Inventati, che gestisce la piattaforma NoBlogs, sulla quale pubblico il blog (e come me tantissime persone). Proprio poiché si tratta di un progetto del tutto acommerciale, che anzi fa della critica al sistema dominante una delle proprie ragioni di esistenza, la sua importanza è enorme, soprattutto di questi tempi. Mi permetto allora di rilanciare l’appello del collettivo: la crisi c’è, come dappertutto, e c’è bisogno d’aiuto, perciò se proprio non ci sono due euro da spendere, per Natale fatevi regalare una piccola sottoscrizione a NoBlogs

 L’appello


 Bancarotte,
fallimenti, depressione e crolli in borsa: lo
scintillante mondo del capitale globale crolla prevedibilmente a pezzi, ma
nonostante le nostre previsioni siano chiaramente confermate, neanche noi,
diciamolo, ci sentiamo tanto bene.
 Il fatto è che se le nostre casse continuano a svuotarsi ai
ritmi di quest’anno, tra breve altro che Lehman Brothers e crisi dei subprime:
il rischio è sempre quello, che i nostri server cedano all’usura del tempo e
che i nostri fondi non bastino a sostenere l’infrastruttura che vi permette di
comunicare con il vostro account di posta, le mailing-list, i siti e i blog di
Autistici/Inventati.
 Eh sì, perché quest’anno, travolti dagli eventi, non ve lo
abbiamo mai ricordato e voi, smemorat*, mica ci avete tanto pensato: anche se
tutto quanto facciamo come collettivo A/I si svolge su base del tutto gratuita,
i costi ci sono e sono consistenti e senza il sostegno di tutta la comunità dei nostri utenti
la nostra esistenza è costantemente in pericolo e rischia di perdere
significato.
 Mentre il solstizio d’inverno si avvicina, quando i giorni
si accorciano e il maltempo incoraggia le riflessioni profonde, premunitevi per
la grossa crisi che ci attende finanziando i vostri mezzi di comunicazione.
 Mandateci la vostra sottoscrizione prima che quest’anno
finisca.

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Sinistra, la ricetta Lafontaine «Poche idee, poche alleanze» (dal manifesto)

 
 Premessa.
 Se oggi ci fossero le elezioni, voterei il partito più a sinistra fra quelli presenti nelle liste elettorali. Lo voterei senza crederci ma lo farei, perché votare è un dovere civico, oltre che un diritto, perché a non votare non hai voce in capitolo e soprattutto perché entrare in cabina e mettere una croce su un simbolo non mi costa nulla, appena un paio di minuti. L’importante è che la lotta non finisca presso il seggio ma continui per strada, sul lavoro, nei circoli culturali e nelle manifestazioni, a scuola, nei movimenti di cittadini, spesso trasversali agli schieramenti politici, che lottano per un mondo altro, non assoggettato a un liberismo appena scalfito, oggi, dalla crisi economica.
 Sì, se ci fossero le elezioni voterei. Per non lasciare nulla d’intentato. E voterei a sinistra: dove dovrei votare? Ma voterei schifato, Continua a leggere

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Alexis Grigoropoulos, 15 anni

 Non ho un’immagine per questo articolo. Niente che sia conveniente.
 Alexis Grigoropoulos, un ragazzo di 15 anni, è stato ucciso sabato scorso ad Atene dalla polizia greca, mentre protestava con altri ragazzi contro la riforma dell’università. A ucciderlo a colpi di pistola è stato un poliziotto. «Gli agenti sostengono», leggo sul sito di Repubblica, «che la banda abbia aggredito a sassate la loro auto durante il turno di pattuglia, ma testimoni oculari parlano soltanto di insulti dei manifestanti contro la polizia». [Approfondisci su Indymedia]
 A seguito dell’omicidio, Continua a leggere

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O mio Dio! Sta arrivando il Natale!

 
 Già varie volte ho citato il Movimento per la Decrescita felice, le sue finalità e le parole di Maurizio Pallante sull’impossibilità di affidare il nostro futuro (in quanto specie umana) al paradigma della crescita senza fine del Pil. Si tratta di qualcosa di ormai pacifico per me, ma anche (e purtroppo) di un’idea impossibile da digerire per chi ha il compito di decidere la politica economica dei comuni, delle regioni o delle nazioni. E questo vale per la destra come per molta sinistra. Citare esempi specifici mi sembra estremamente riduttivo, però nessuno può ignorare i cori di giubilo, bipartisan, per l’approvazione dell’ennesima grande opera inutile e impattante, in base al principio – tutto da dimostrare – che maggior cemento e maggiore Pil corrispondano a un maggior livello di benessere per tutti.
 Oggi, a quanto pare, l’economia globale è in crisi. Ma quand’è cominciata questa crisi? Ora che l’impianto liberista dell’economia sembra scricchiolare e i governi si affannano a mettere mano al portafogli dei cittadini per rifondere i creativi della finanza, oppure prima, quando si è investito tutto, ingegno tempo e capitali, in un modello economico capace di mercificare ogni cosa, indifferente alla natura di beni e servizi? Perché, oggi che le aziende hanno iniziato a licenziare, ci troviamo, forse dovremmo dire finalmente, a un bivio: possiamo imboccare il sentiero della decrescita economica e costruire un nuovo paradigma, rispettoso dei bisogni reali dell’essere umano, come anche dell’ambiente, o continuare imperterriti per la strada attuale, rischiando di finire a terra, trascinando i nostri passi in mezzo a campi desertificati, o magari osservando le nostre città costiere sommerse dall’innalzamento dei mari.
 Uscire dal modello della crescita non è una cosa ovvia.
 Servono esempi concreti e l’incombere del Natale – ridotto ormai alla festa consumistica per eccellenza – ci può fornire l’occasione per riflettere sul nostro modo di vivere, pensare, acquistare. L’articolo che pubblico di seguito, che contiene una riflessione molto lucida sulla frenesia per gli acquisti di Natale, è tratto dal sito del Movimento per la Decrescita felice, che mi ha gentilmente permesso di riprodurlo. Lo propongo perché mi sembra interessante, soprattutto per chi intenda intraprendere un percorso nuovo, lontano dalla schiavitù del consumo e dai pomeriggi di "svago" al centro commerciale.

 O mio Dio! Sta arrivando il Natale!
 di Andrea Bertaglio

 Già da un mese ci stiamo sorbendo le pubblicità delle promozioni natalizie, le quali, se ci avete fatto caso, vengono anticipate di anno in anno. Di questo passo, in futuro inizieremo a vedere lucine e babbi natale subito dopo Ferragosto (ovviamente lasciando il dovuto spazio ad un’importante festa d’importazione ed ai suoi gadget: Halloween). Inoltre, con la famigerata crisi economica mondiale, i tentativi di farci comprare qualcosa arriveranno a sfiorare il ridicolo, anche se non sarebbe la prima volta. Continua a leggere

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Vittorio Arrigoni sul manifesto

 
 «Vittorio Arrigoni
è stato bloccato con la forza dai soldati dello stato ebraico in acque
palestinesi, sbattuto in carcere per sei giorni e poi espulso
dall’aeroporto di Tel Aviv. Il tutto per aver manifestato a fianco dei
pescatori palestinesi contro il blocco che sta strangolando la Striscia
e gettando sul lastrico centinaia di famiglie». Così presenta la
vicenda il manifesto del 29 novembre, a introduzione di un articolo dello stesso Vittorio, di cui fornisco qui sotto l’incipit (cliccabile per leggere l’articolo intero). La versione integrale la trovate però sul blog Guerrilla Radio, perché quella cartacea è stata vittima di un paio di "sforbiciate" redazionali, ad esempio dove Vik
afferma: «Arrivati al porto di Ashkelon, io Darlene e Andrew, siamo
stati condotti fuori dalla nave da guerra israeliana, e lì ci è apparsa
dinnanzi una scena da olocausto. Qualcosa che a me a ricordato il film Schindler’s list,
o le prose intrise di orrore di Primo Levi. Tutti e quanti i pescatori
stavano inginocchiati ignudi, incatenati alle caviglie e coi polsi
ammanettati dietro la schiena, bendati. Loro il viaggio, di circa 50
chilometri nautici, se l’erano fatto così, all’aperto in quelle
condizioni». Naturalmente Vik non sta paragonando la politica israeliana a Gaza allo sterminio nazista degli ebrei: le generalizzazioni non servono a nessuno e la Shoah è stata una tragedia unica. Ma  descrivere certe «scene», certe atmosfere,
è importante per
evitare che il passato si ripeta. Fu proprio Primo Levi ad ammonire a
meditare su ciò che è stato. E non possiamo tacere, quando ne vediamo
le tracce altrove.
 Di fronte alla descrizione delle pistole puntate, del salto nel vuoto, delle scosse resto senza parole.
Penso a chi le ha vissute e mi dico che solo l’essere stato a Gaza, a
contatto con l’ingiustizia che uccide il popolo palestinese possa aver
dato a Vik la forza di reagire ai soprusi. Di provocare i soldati
israeliani. Ed è vero quello che dici alla fine: è «una questione
morale che significa libertà per i palestinesi». Ed è l’unica che possa
significare «pace e sicurezza per gli israeliani». Lo scrivo in un
commento al blog di Vittorio, che mi risponde così: «È la forza della
giustizia che ti fa reagire senza quasi timore, amico Mario. La
certezza, senza alcun dubbio, di essere dalla parte del giusto. La
parte che non punta le pistole, nel mio caso, ma che riceve i
proiettili dell’ingiustizia, nel silenzio complice di chi sapeva. stay
human. Vik».
 
 Leggi l’articolo di Vik sul manifesto
 Leggi la versione integrale sul blog Guerrilla Radio:
 Il mare era un coltre liquida impassibile, priva d’increspature, liscio come olio, martedì scorso quando io, Darlene e Andrew, (Continua)
 Disponibile, su Guerrilla Radio, anche l’articolo in traduzione inglese


 L’immagine di questo articolo è tratta dal blog Guerrilla Radio.

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