Iniziano i Giochi mondiali militari

 Al momento in cui scrivo [le ore 16 di sabato 20 marzo], manca circa un’ora all’inizio della cerimonia di apertura dei Giochi mondiali militari ad Aosta. Sono previsti atleti di 42 Paesi diversi, che sfileranno da piazza della Repubblica a piazza Chanoux accopagnati da 500 bambini. Ci sarà la coreografia delle grandi occasioni (già oggi, nelle vie del centro si potevano vedere i poliziotti a cavallo): aerei col fumo tricolore, un paio di paracadutisti, il fuoco (olimpico??) che s’innalza da un braciere particolare, una grande grolla valdostana (una specie di coppa in legno tipica dell’artigianato locale, uno dei simboli della Valle d’Aosta).
 Io, evidentemente, non sarò in piazza perché non sopporto la retorica dei militari portatori di pace, quando gli eserciti (i bambini lo capiscono) servono a fare la guerra. L’Arci Valle d’Aosta, che oggi in strada per distribuire volantini contro la presenza alla manifestazione di Stati che non rispettano i diritti umani (la Cina e l’Iran, ma credo che l’elenco dovrebbe essere più lungo) ha espresso in un comunicato stampa «il proprio dissenso rispetto a questa ipocrita manifestazione».
 «Ci saremo», ha dichiarato, «con le immagini delle vittime della repressione dei “graditi ospiti” Iran e Cina. Ci saremo con le bandiere dei Popoli senza stato», in riferimento ai quali è stato rilevato l’interesse (oggi dimenticato) della classe politica valdostana: «Oggi la memoria di Chanoux è violata dall’accettazione dei diktat cinesi [la rimozione della bandiera tibetana dalla scuola di sci di Gressoney, ndr]».
 «Auspichiamo che il diritto ad esprimere le proprie idee sia garantito e che non si assista a inquietanti commistioni tra le funzioni di Prefetto e quelle di Presidente della Regione [la stessa persona, in virtù dell’autonomia valdostana, ndr], tra gli organizzatori della manifestazione».
 Dopo questa giornata, Arci Valle d’Aosta propone di continuare «il nostro percorso d’informazione»: «lunedì 29 marzo [la serata è stata posticipata, non si conosce ancora la data esatta, ndr] ospiteremo all’Espace Populaire di Aosta Hamid Ziarati, autore italo/iraniano di Il Meccanico delle rose (Einaudi). Con lui parleremo della vita di ieri e di oggi a Teheran, di libri e di politica. Insomma, di quelle cose di cui a Teheran non si può più parlare, senza rischiare la propria libertà e incolumità fisica». Continua a leggere

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Via la bandiera tibetana, decide la Cina

 Bandiera tibetana
 Quella che "espongo" virtualmente qui sopra è la bandiera tibetana.
 Dei rapporti difficili fra il Tibet e Pechino ho un’opinione precisa che in questa sede non deve interessare, perché ora la notizia è che la bandiera tibetana che sventolava sulla scuola di sci di Gressoney (Aosta) è stata fatta togliere su richiesta della delegazione sportiva dell’esercito cinese che partecipa ai primi Giochi mondiali militari invernali. Delle perplessità circa il "camuffamento" di chi fa la guerra con la retorica della pace (attraverso lo sport i militari contribuirebbero a «pace» e «tolleranza», secondo il comitato organizzatore) ho detto altrove. Ho anche parlato dell’ipocrisia di chi considera «Stati canaglia» la Cina e l’Iran e poi invita ai Giochi loro delegazioni militari (i commilitoni, insomma, di quei militari che nei loro Paesi reprimono il dissenso). Lo stesso discorso vale per la Turchia che perseguita i kurdi.
 La novità è che queste delegazioni sono in grado d’imporre il loro punto di vista su questioni che dovrebbero invece vederle sedute al banco degli imputati. Quale legge dello Stato italiano impone di accontentare Pechino chiedendo alla scuola di sci di un comune di montagna di togliere una bandiera sgradita? Perché la Valle d’Aosta, o il comune di Gressoney, o la scuola di sci di cui sopra devono accettare il punto di vista ufficiale cinese sulla questione del rispetto dei diritti umani in Tibet?
 Con il parere contrario del direttore della scuola, Mauro David, ma con l’assenso della maggioranza dei maestri, la bandiera è stata ammainata, evitando così l’incidente diplomatico. Certo, nessuno ha fisicamente obbligato i maestri di sci a rimuovere il vessillo, ma non è possibile ignorare le pressioni ricevute.
 Un bell’inizio, non c’è che dire, per Giochi che la retorica vorrebbe «di pace». Un po’ come per le «missioni» militari nel mondo.
 


 
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Lettera aperta sui Giochi mondiali militari


 
 Quella che segue è una mia lettera aperta sui Giochi mondiali militari che si svolgeranno in Valle d’Aosta tra il 20 e il 25 marzo 2010.

 
 Sabato 20 marzo, nella nostra regione [la Valle d’Aosta, nda], si inaugureranno i primi Giochi mondiali militari di sport invernali, manifestazione che vuole essere un «messaggio di tolleranza e di pace», secondo le parole del presidente del Consiglio internazionale dello sport militare (Cism), il generale Gianni Gola.

 Naturalmente non è mio obiettivo contestare la legittimità dell’avvenimento, perché sono consapevole del mondo in cui vivo e so che gli eserciti sono spesso indicati dai governi delle nazioni democratiche come necessari per la risoluzione delle controversie internazionali.

 Da pacifista so anche, tuttavia, che la guerra uccide e che migliaia sono le «vittime collaterali» delle cosiddette “missioni di pace” in Afghanistan e in Iraq.
 Da cittadino, so che non tutta l’opinione pubblica è disposta ad accettare la retorica degli eserciti costruttori di pace.

 Per accogliere il «messaggio di tolleranza» cui si alludeva qui sopra, ad esempio, si renderanno necessari 250 uomini appartenenti a polizia, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale, polizia locale ed esercito, oltre ad artificieri, unità cinofile in grado di individuare esplosivi, unità antiterrorismo ed elicotteri: uno strano biglietto da visita per chi si prepara ad apportare il proprio contributo al mantenimento della pace.

 Di tutto questo, tuttavia, non vale la pena parlare.

 Stupisce, piuttosto, la presenza ai Giochi delle delegazioni di Paesi che gli stessi governi e i media occidentali sono soliti etichettare come «Stati canaglia»: è il caso (come ricordato da Arci Valle d’Aosta in un comunicato stampa che trovo non abbia goduto della giusta diffusione presso i mezzi d’informazione locali) della Cina della repressione anti-tibetana e uigura e dell’Iran che arricchisce l’uranio e perseguita i contestatori della vittoria elettorale del presidente Ahmadinejad.
 È anche il caso della Turchia, il cui esercito ha più volte represso nel sangue le naturali ambizioni della popolazione kurda al rispetto dei propri diritti, come ha condannato recentemente proprio il Consiglio regionale della Valle d’Aosta.

 Resta da capire, infine, come reagirà l’imponente macchina della sicurezza quando qualche “pericoloso contestatore” dovesse esibire una bandiera arcobaleno (o magari quella del Tibet) durante le gare o al passaggio delle delegazioni sportive.

 
 Mario Badino

 Cittadino italiano
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Taglie medie

 


 Solo le taglie medie.


 La notizia del telegiornale aveva suscitato scalpore.


 Solo le taglie medie.


 
 In Parlamento, la maggioranza aveva votato e la legge era stata approvata.
 A nulla era servito il gesto estremo dell’opposizione, che aveva lasciato l’aula in un Aventino rumoroso e disordinato, accompagnato dai fischi dei falchi dei partiti di governo.

 «per cui», continuò il mezzobusto televisivo, «d’ora in poi le taglie inferiori alla 44 e superiori alla 46 saranno vietate, grazie a una legge volta a preservare la salute della popolazione, prevenendo tanto l’anoressia, quanto l’obesità, mali del nostro secolo».

 Solo le taglie medie. Per legge. Continua a leggere

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20-26 marzo: Giochi mondiali militari in Valle d’Aosta

 Aosta. Viale innevato.
 Quello che segue è un comunicato stampa di Arci Valle d’Aosta sui primi Giochi mondiali militari di sport invernali che si terranno in Valle d’Aosta a partire da questo sabato (20 marzo).
 Per quanto mi riguarda, trovo disgustoso il tentativo di "imbellettare" gli eserciti mettendone in mostra gli atleti, poiché non mi risulta che oggi le forze armate – italiane o estere – si distinguano per il proprio rifiuto della guerra se non come estrema risorsa difensiva (così vorrebbe l’articolo 11 della nostra Costituzione). Non mi risulta che le famose «missioni di pace» (che probabilmente hanno valso il nobel per la medesima al Presidente Obama) siano volte a stabilizzare altro se non gli interessi internazionali delle nazioni economicamente e militarmente più potenti e, in ogni caso, ho sotto gli occhi quasi ogni giorno le vittime innocenti di conflitti che sono quantomeno fallimentari rispetto agli obiettivi dichiarati.
 Gli eserciti servono a fare la pace: questo è il messaggio che in tanti cercano di far passare e il comitato organizzatore dei giochi parla di «
fare
comprendere il formidabile ruolo delle Forze Armate moderne al
mantenimento della pace nel mondo attraverso lo sport»
. Ma gli eserciti servono per fare la guerra, sottomettere e, in ultima analisi, uccidere.
 Per questo io contesto la decisione dell’amministrazione della regione in cui vivo di ospitare la kermesse sportiva e militare, investendo – al solito – soldi pubblici (i miei soldi, quei soldi che si potrebbero spendere meglio per garantire servizi).
 Il comunicato dell’Arci mette in evidenza un altro aspetto, anch’esso non secondario: la partecipazione ai giochi delle rappresentative di Paesi che la stessa retorica delle nazioni occidentali non esita a definire «Stati canaglia», come la Cina che censura internet e reprime nel sangue il dissenso tibetano e uiguro, oppure l’Iran della repressione delle proteste post-elettorali e dell’arricchimento dell’uranio.
 Dobbiamo ringraziare direttamente l’Altissimo, invece, se nella «Terra Promessa» non c’è abbastanza neve da permettere a Tsahal, l’esercito dello Stato d’Israele, responsabile dell’operazione «Piombo fuso» di un anno fa e dell’embargo che tuttora uccide Gaza, di cimentarsi con gli sci.
 

 Il testo del comunicato stampa dell’Arci Valle d’Aosta

 
 Dal 20 al 26 marzo, si terranno in Valle, i Giochi Invernali Militari, che vedranno la partecipazione degli atleti di diversi eserciti del mondo.
 Premettendo che, da pacifisti senza se e senza ma, sicuramente preferiamo dei militari che sciano o pattinano, anziché dei soldati che sparano e uccidono, esprimiamo tutti i nostri dubbi sull’opportunità di una manifestazione che assume come obiettivo «fare comprendere il formidabile ruolo delle Forze Armate moderne al mantenimento della pace nel mondo attraverso lo sport» (così il Comitato organizzatore) Continua a leggere

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No al «reato di solidarietà»
. Appello per padre Carlo D’Antoni

 
 Forse lui non vorrebbe, perché nel fare il proprio dovere è già presente una forma di ricompensa, ma se don Carlo D’Antoni, parroco della chiesa di Bosco Minniti (Siracusa), fosse un personaggio di Victor Hugo, lo additeremmo come un modello di santità, alla stregua di quel Monsieur Myriel, vescovo di D., che nei Miserabili è sempre pronto ad aprire la propria porta ai poveri, disposto a privarsi del suo, e a mentire, pur di salvare la libertà e permettere una nuova vita all’ex galeotto Jean Valjean (il quale, grazie al vescovo, torna sulla retta via e trasforma la propria esistenza in un continuo prodigarsi per gli altri, a tutto vantaggio di quella società che lo aveva rifiutato e bla, bla, bla).

 La letteratura “d’autore”, che per decenni ha contribuito a formare, per la sua esemplarità, generazioni di giovani europei, a casa come a scuola, pullula di personaggi come questi, pronti a violare qualche regola per consentire la salvezza, la fortuna o il successo di esseri umani – reietti, miserabili – che la provvidenza o il caso hanno messo sul loro cammino.

 Ma se dalla letteratura passiamo alla realtà, dobbiamo scontrarci con le leggi meschine di un’Italia sempre più in odore di razzismo, che ha degradato a colpevole di reato chi, semplicemente, non possiede documenti in regola, e considera suo complice chi, per un sentimento di umana misericordia, si rifiuta di voltare le spalle ai propri simili.

 Padre Carlo D’Antoni è stato posto agli arresti domiciliari insieme ad altre otto persone, accusato dal gip del tribunale di Catania di «associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a pubblico ufficiale» (il grassettato è mio). Al di là dell’accusa, ecco che cosa di imputa al sacerdote: l’aver ospitato, sfamato e accolto migranti, senza chiedere loro se avevano o meno il permesso di soggiorno.

 «Sappiamo che il soccorso e l’assistenza umanitaria senza scopo di lucro degli immigrati anche in situazioni di irregolarità non sono ancora reato in questo paese», hanno scritto i firmatari di un appello in favore di padre Carlo, fra i quali Moni Ovadia e padre Alex Zanotelli, «neppure dopo il pacchetto sicurezza». «Chiediamo quindi che padre Carlo sia liberato, che la sua situazione sia chiarita al più presto e che possa tornare a svolgere la sua preziosa opera di solidarietà presso la sua parrocchia».

 Per firmare l’appello è sufficiente inviare un’e-mail all’indirizzo senzaconfine[at]libero.it

 QUI il testo integrale dell’appello Continua a leggere

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. Appello per padre Carlo D’Antoni

Non passi lo straniero! (la Cassazione in difesa delle patrie frontiere)

 Lara Cavagnino, «Maternità»
 Circa
la sentenza della Cassazione
che ha aperto le porte all’espulsione
degli stranieri non in regola con i documenti, anche se genitori di
figli che frequentano la scuola italiana (e che magari sono
italiani
, in quanto nati e cresciuti nel nostro Paese
), oltre a
esprimere il mio sdegno più profondo (questo Paese assomiglia sempre
più all’Italia del 1938
), voglio citare l’ottimo articolo di Marco
Bascetta
, pubblicato sul manifesto di venerdì 12
marzo (leggi
l’articolo
).

 
 Desidero
rilanciare due punti chiave, non prima di aver ricordato che con questa
sentenza, la Cassazione contraddice se stessa, perché – giusto lo
scorso 19 gennaio – aveva accolto il ricorso di un di un genitore
straniero residente a Roma, con la motivazione che «non può
ragionevolmente dubitarsi che, per un minore, specie se in tenerissima
età, subire l’allontanamento di un genitore […] costituisce un sicuro
danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico armonico e
compiuto».
 
 «La precedente sentenza della Cassazione, oggi
sconfessata», afferma Bascetta nell’articolo citato, «sarebbe
stata colpevole, secondo i giudici della prima sezione civile, di
preoccuparsi della "sola salvaguardia dei diritti del minore" a scapito
dell’inviolabilità delle patrie frontiere, della sicurezza e di
quell’insieme di paure, pregiudizi e ricatti che sottendono la normativa
sull’immigrazione». Secondo la logica securitaria (così spesso
bipartisan!
), insomma, la sicurezza delle frontiere viene prima di
tutto: della persona, dei suoi diritti, dell’elementare considerazione
che non tutto ciò che non è autoctono costituisce un pericolo.
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