L’articolo che segue è una testimonianza diretta della manifestazione di sabato scorso a Roma, sulla quale si è scritto, detto e sentito di tutto. Viene dall’amico Alessandro Pascale, che fino a piazza S. Giovanni c’è arrivato, a differenza di tant* che parlano per sentito dire.
Il tempo mi manca, ma l’incredibile atmosfera di repressione incombente, con la nuova stretta contro le libertà d’espressione prossima ventura, impone di contribuire al dibattito, portando testimonianze e maledicendo chi approfitta delle violenze per chiedere a tutt* di starcene buoni in casa, di lasciar fare agli altri.
Quegli altri che la lettera della BCE non la rispediscono al mittente. Quelli che hanno già cominciato a tappezzare le città coi loro cartelloni elettorali («Iscriviti al Pdl, difendi la tua libertà!» – ma quale? quella di scrivere ciò che penso su un blog al quale voglion mettere un bavaglio o quella di manifestare in piazza nonostante tutto? O quella di sfilare a Roma con la Fiom in un corteo vergognosamente vietato dal sindaco Alemanno?).
Ma in parte divago. Spazio alla testimonianza.
Quei quattro straccioni han gridato più forte
di Alessandro Pascale.
Valeva la pena essere a Roma il 15 ottobre 2011 per assistere al solito meraviglioso spettacolo della fiumana di gente presente: centinaia di migliaia di persone tra cui associazioni, movimenti, sindacati e “vere” sinistre partitiche. Tra queste la quantità impressionante di compagni del PRC, che da solo ha organizzato oltre 200 pullman da tutta Italia. Anche per questo sono orgoglioso di sventolare la mia falce e martello, non con l’intento di mettere “il cappello” alla manifestazione, ma di indignarmi anche verso chi dice che tutti i partiti sono uguali… Avanziamo rapidi verso la testa del corteo: troviamo macchine carbonizzate, vetrine di banche sfondate, bancomat devastati. In via Merulana siamo quasi in testa, e ce ne accorgiamo dalle auto appena messe a fuoco, e dalle violenze cui adesso assistiamo in diretta. Per il corteo ormai confuso e frammentato è un calvario: si arriva in piazza San Giovanni dove le scaramucce diventano guerriglia aperta. La gente che arriva in piazza è priva di vie d’uscita. Elicotteri sempre in cielo. Ogni tanto un’esplosione. Odore di lacrimogeni. Nessuno sa bene che succede… Intanto gli scontri si avvicinano sempre di più. Siamo vicini quando un blindato va a fuoco e tutta la piazza (diverse migliaia di persone) esulta per la piccola vittoria. Arrivano da un ingresso secondario dieci blindati con 200 poliziotti a regolare i conti. Gli sfiliamo di fianco cercando di fuggire dall’aria ormai nera e irrespirabile. Qualche lacrimogeno ci piove a pochi metri mentre lasciamo la piazza. Corriamo. È ormai notte. Ci penso: ha ragione chi dice che era meglio non ci fossero state violenze. Ma visto il Paese Italia del 2011 era inevitabile ci fossero. Poi ripenso al “libro-scudo” di una studentessa del corteo dedicato al romanzo «Q». Un capolavoro in cui si trovano queste frasi: «Non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto. La sconfitta non rende ingiusta una causa. Ricordalo sempre». Oggi forse abbiamo perso, ma la coscienza resta forte.
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