Firma l’appello di Amnesty International per Teresa Lewis, donna statunitense che sta per essere assassinata mediante iniezione letale.
Consulta il sito SaveTeresa.org.
Quando si è contro la pena di morte non si fanno preferenze. Sono contento della mobilitazione internazionale per Sakineh Ashtiani, che forse le salverà la vita.
La fortuna di Sakineh è paradossalmente quella di vivere in uno Stato che l’occidente considera «canaglia». Uno Stato sul quale i nostri media tengono gli occhi puntati.
Teresa Lewis non è così fortunata: vive negli Stati uniti d’America, secondo alcuni «la più grande democrazia del mondo». Talmente grande che può permettersi di applicare impunemente la pena di morte nel disinteresse generale.
Sakineh e Teresa sono accusate dello stesso crimine e condannate alla stessa pena (in queste cose a fare la differenza non è certo lo strumento con il quale si esegue la condanna e l’«asettica» iniezione è letale quanto la «barbara» lapidazione).
Teresa Lewis è accusata di aver pianificato l’omicidio del marito e del figliastro. Si sarebbe servita di due sicari, già condannati all’ergastolo. Qui il punto non è stabilire se Teresa è colpevole o innocente. E importa solo fino a un certo punto che alla donna sia stata diagnosticata una «disabilità mentale borderline».
Ciò che importa è piuttosto che cosa si pensi della pena di morte, a più di 240 anni dall’uscita di Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Ciò che importa è l’ipocrisia (ancora!) del sistema e dei media, che scelgono chi condannare e a chi salvare la vita.
Nei confronti di Teresa, verso la quale la condanna capitale è stata confermata (dovrebbe avvenire domani 23 settembre alle ore 21) abbiamo il dovere di chiedere l’attenzione del mondo.
Chi ha lottato e lotta – giustamente – per Sakineh deve impegnarsi perché la vendetta di Stato sia bandita anche da quei Paesi che, proprio in virtù del loro presunto livello di civiltà si sentono al di sopra di ogni giudizio morale.
Chi ha lottato e lotta – giustamente – per Sakineh deve impegnarsi perché i media abbiano il coraggio di raccontare tutte le verità per essere, come dicono alcuni, «i cani da guardia della democrazia e dei diritti».
Sulla vicenda di Teresa Lewis un articolo molto completo dell’Ansa.
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>>> Nella foto, il patibolo nella fortezza-prigione nazista di Terezin. Davvero crediamo anche noi, come loro, nella pena di morte?