Forse non tutti sanno che il prossimo 18 novembre in Valle d’Aosta si terrà il primo referendum propositivo della storia d’Italia. Votando cinque semplici quesiti, i cittadini potranno trasformare in legge altrettante proposte (quattro rigurdano la riforma del sistema elettorale regionale, una la costruzione di un nuovo ospedale in sostituzione delle tre strutture oggi esistenti nel territorio). Per “trasformare il cittadino in legislatore”, sarà necessario un quorum del 45% degli aventi diritto al voto. Il testo delle proposte è consultabile nel dettaglio qui. Per ora mi limito a evidenziare l’aspetto di straordinaria novità dell’iniziativa: con il referendum, normalmente, è possibile abrogare in tutto o in parte norme già esistenti, non crearne di nuove. Quello propositivo è allora uno strumento davvero democratico, che va incontro al desiderio dei cittadini di vivere in prima persona la vita politica della loro comunità, aspirazione più volte evidenziata negli ultimi anni dall’attività di associazioni e movimenti e da fenomeni fra loro diversi (le primarie dell’Unione e quelle del Partito democratico, il V-Day, la manifestazione del 20 ottobre a Roma), ma tutti tendenti a coinvolgere direttamente cittadini stanchi, in vario modo, della distanza che intercorre tra i rappresentanti e i loro rappresentati. Trovo strano che la notizia della consultazione popolare ormai prossima non abbia suscitato l’interesse dei media (e dei partiti) nazionali, soprattutto dal momento che si tratta di una novità assoluta, cosa che dovrebbe far gola a un’informazione sempre più orientata verso (mi si perdoni l’italiano) il gossip e lo scoop.
Ogni giorno, aprendo la pagina principale della posta elettronica, m’imbatto in una serie di notizie importanti, giustapposte senza gerarchia: il governo in pericolo, le mutande della Gregoraci, le nuove sevizie praticate da qualche immigrato ai danni di italiani. Il formidabile elemento d’innovazione costituito dalla possibilità concessa al cittadino di votarsi da solo una legge non ha saputo conquistare neanche questo spazio. Che cosa c’è dietro? Perché la mia regione continua a essere la più isolata d’Italia? Perché nel resto del Paese non si sa nulla di quello che succede qui tra i monti, fatta eccezione per la cronaca (vedi la storia infinita del delitto di Cogne) o le catastrofi (l’incendio nel Traforo del Monte Bianco, l’alluvione del 2000)?
Per conto mio, m’impegno a fare il possibile per vincere il silenzio. Di qui al 18 novembre tornerò più volte sul referendum, sulle proposte di legge, su chi, invitando tutti ad astenersi, si sta prodigando per boicottarlo. Un invito a tutti: facciamoci sentire! Informiamoci, parliamone in giro, scriviamo ai giornali, raccontiamolo in rete.
A risentirci!
Sull’argomento leggi anche l’Appello dell’espace populaire e guarda chi ha lanciato la notizia.