Invasione, invasione!

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Succede di leggere di 239 persone disperse dopo il naufragio di un barcone al largo delle coste libiche (3 novembre) e di faticare a trovare la notizia nei siti di “informazione”.

Succede che l’ordine delle notizie importanti sia dettato da altre considerazioni, tipo l’incidenza di un convegno sulla tenuta del governo o sul voto del 4 dicembre.

Succede che ci stiamo abituando al naufragio, tanto dei «migranti» (immigrati, stranieri, rifugiati… loro, insomma: gli altri da noi) quanto di quei valori che avevano fatto dell’occidente un bel posto in cui vivere.

Per ragioni personali, chi scrive si muove sulla diagonale d’Italia sud-est/nord-ovest, tra la Puglia e la Valle d’Aosta. Questo sabato, 5 novembre, il giornale di notizie online MesagneSera ha pubblicato una breve di tre (tre!) righe nella quale si annuncia il possibile arrivo di migranti a Mesagne (Brindisi).

Secondo il sito, che però usa il condizionale, «ne dovrebbero arrivare 37». Titolo dell’articolo: «Migranti in arrivo, cresce la tensione», quasi che per le vie della città fossero in preparazione le barricate, come a Goro e Gorino. E immediatamente su Facebook, sotto il link all’articolo, spunta un commento in cui proprio le barricate si invocano, «come hanno fatto in diversi paesi in Italia».

In Valle d’Aosta, invece, la mattina di domenica 6 è arrivata una trentina di richiedenti asilo proveniente dall’Iraq. Il sito di informazione AostaSera, in un articolo assolutamente equilibrato, rileva come per la prima volta (la prima per la Valle) il gruppo sia «composto anche da nuclei famigliari, includendo quindi donne e bambini».

Anche in questo caso la notizia viene accolta su Facebook da commenti di tenore opposto, con messaggi di benvenuto, ma anche di insofferenza, egoismo, rifiuto. E anche in questo caso si punta il dito con chi non viene per lavorare, ma per rubare o vivere a spese dello Stato, e si guarda con favore alle barricate della provincia di Ferrara.

Insomma, da un lato il battere ossessivo su loro che non lavorano e restano tutto il giorno senza far niente, a differenza degli italiani che sono emigrati ed emigrano per lavorare, ignorando probabilmente che è la legge italiana a impedire ai richiedenti asilo di svolgere attività lavorative per i primi sei mesi di permanenza, in attesa che la richiesta sia esaminata.

Dall’altro lato, l’assoluta incapacità da parte di persone che si sentono più fragili e impoverite rispetto a qualche anno fa di individuare i veri responsabili della situazione, fino a proporre le barricate per fermare, nel nome della nazionalità, gente ancora più disgraziata e bisognosa di loro. Il tutto senza smettere di credere alle ricette miracolose dei soliti noti, quelli, per intenderci, che hanno causato la crisi economica, tutte le ultime guerre, l’Isis e chi più ne ha più ne metta.

Di fronte a un sistema che non garantisce felicità, pace e benessere agli abitanti del pianeta, né quelli dei Paesi ricchi, né tantomeno quelli dei Paesi poveri, invece di invocare il filo spinato e i muri dovremmo provare a immaginare un nuovo modello economico e sociale. E poi applicarlo, in barba all’economia ufficiale che mette gli esseri umani gli uni contro gli altri, nel nome del profitto.

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