Parliamo di società, parliamo di integrazione

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Riflessioni in libertà.

Premetto che non c’è nulla che mi faccia schifo come un attentato terroristico. Premetto anzi che per me il succo della questione è proprio questo: uccidere è sbagliato, e la sola idea di poterlo fare va respinta in tutti i modi, perché la vita umana è sacra.

Ma un occidente che da sempre sfrutta le risorse del sud del mondo, scatena guerre per i propri fini, arma gruppi di guerriglieri che poi gli si ritorcono contro, impedisce alle vittime delle sue stesse guerre di mettersi in salvo dove la guerra non c’è non solo non è credibile quando parla di pace o di diritti; esso costituisce innanzitutto un pessimo esempio da seguire.

Voglio dire che per un mediorientale o un africano non c’è ragione al mondo di non provare fastidio, irritazione e odio per l’occidente e, di conseguenza, per i suoi abitanti.

E voglio dire che il fare continuamente esperienza della morte, violenta o per fame, o per malattie che non sono curabili unicamente per mancanza di soldi, porta ad avere una concezione diversa della vita e del suo valore, o al desiderio di cercare in qualche modo una rivalsa.

Il terrorismo, l’ho detto, mi fa schifo. Contro il terrorismo, ovviamente, vanno utilizzate l’intelligence, le forze dell’ordine, i controlli. Tutte cose sacrosante, ma assolutamente insufficienti se il terrore si parcellizza sul territorio e i guerriglieri addestrati nei campi vengono sostituiti da “cani sciolti”, personaggi che agiscono più o meno da soli, sognando il paradiso dei martiri o l’umanissima vendetta per il trattamento che hanno subito, o che ritengono di aver subito, all’interno della società.

Da un lato c’è l’esempio, dunque: la violenza che nella “politica” estera, come in quella interna, è diventata troppo spesso protagonista. La violenza e insieme l’ipocrisia di chi usa due pesi e due misure quando a morire sono nove tedeschi in un centro commerciale o ottanta afgani nel centro di Kabul. E ancora l’indifferenza di fronte all’ennesima strage di umani nel Mediterraneo. Dall’altro lato, la completa sottomissione delle istituzioni alla logica dell’economia liberista, che impone tagli imponenti alla spesa pubblica, fingendo di dimenticare che soltanto attraverso la costruzione di uno Stato sociale è possibile investire sulla dignità e il benessere, anche morale, dei cittadini.

La notizia, infatti, a ben vedere è che in Europa esistono cittadini, che qui sono nati e cresciuti, disposti a farsi ammazzare pur di compiere una strage. Il terrorismo c’è sempre stato e, al di là delle finalità che si proponeva, è sempre stato cattivo. L’elemento nuovo è la disponibilità a farsi uccidere pur di ammazzare, per seguire la presunta volontà divina, ma anche per vendicare – su qualcuno che non c’entra niente – le ingiustizie subite. Ora, come dice un’amica, non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte alle ingiustizie, e quindi i terroristi sono «merde» punto e basta. Ma credo sia utile notare come, in Europa, esistano persone disposte a sacrificare la loro stessa esistenza pur di esprimere il loro desiderio di rivalsa, o uscire di scena in maniera eclatante.

L’attentatore di Monaco, a quanto dicono, era stato vittima di bullismo. Che questa sia o meno la chiave di lettura della vicenda, trovo inimmaginabile, in una società sana, che di fronte a trattamenti lesivi della propria dignità una persona decida di imbracciare il fucile. La rifessione dovrebbe essere su quanti disadattati esistono in Europa, ma anche e soprattutto sulle ragioni del disagio, e non per buonismo, ma perché potrebbe essere l’unica strada percorribile per restituire alle persone – tutte, non solo quelle potenzialmente violente – l’idea della dignità della persona umana, dell’importanza della vita.

Se non si interverrà per dare un posto agli ultimi arrivati, una legittimazione sociale a persone che portano cognomi insoliti e hanno la pelle di un colore un po’ più scuro, se non si metterà a tacere – confutando i suoi “ragionamenti” – chi da anni prospera politicamente sulla propaganda contro «lo straniero», se non si forniranno alla popolazione tutta – senza contrapposizione tra un «noi» e un «loro» – i servizi necessari per un’esistenza dignitosa, deviando le risorse economiche dalla guerra permanente allo stato sociale, se non si farà tutto questo, inevitabilmente aumenterà il numero dei disadattati, convinti che se a nessuno frega niente della vita umana, la vita umana, in fondo, non può essere così importante.

Il discorso è più lungo e complesso. Non riuscivo a stare zitto, e per ora ho detto questo. Ma bisognerà ritornarci. Si sollecitano riflessioni, critiche, commenti.

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