Tenete via i bambini dalla guerra

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L’immagine di questo articolo l’ho usata altre volte. Il disegno è di Danilo Cavallo, il fotomontaggio di Paolo Rey, l’idea è stata mia, e volevo sottolineare che per preparare la pace non si comprano mezzi di guerra, con riferimento ai famosi F-35 che l’Italia vuole a tutti i costi, indipendentemente dal governo in carica.

Si è appena concluso il 4 novembre, festa delle forze armate (non sprecherò una sola maiuscola), e come in altre occasioni tengo a sottolineare che cos’è la guerra, quella cosa che uccide, quella cosa che obbedisce a interessi, e che di giusto, da una parte e dall’altra, non ha proprio niente.

Negli ultimi anni ho visto immagini di bambini ammazzati. Dopo essere diventato papà, non ho potuto non immaginare che i corpi senza vita sarebbero potuti essere quelli dei miei figli. Nessuno deve toccare i miei figli, come nessuno deve toccare i figli degli altri. La guerra fa questo. La guerra occidentale, quella che fa piovere la morte dal cielo, da chilometri di altezza, più in alto delle montagne più alte, vigliaccamente al di sopra di qualsiasi contraerea. Quella che di chirurgico, di mirato, ha ben poco, perché quello che conta è evitare vittime proprie, per non irritare troppo la propria opinione pubblica.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’esercito italiano, che in base all’articolo 11 della Costituzione dovrebbe essere impiegato soltanto in caso di difesa, ha partecipato e partecipa alle principali guerre criminali degli ultimi anni, spesso condotte contro altri criminali – è vero – ma delle quali hanno fatto le spese sempre le popolazioni civili.

Io non festeggio il 4 novembre, data della «vittoria» in un conflitto mondiale che ha causato milioni di vittime e ha aperto la porta ai grandi totalitarismi novecenteschi, e alla seconda guerra mondiale.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’Italia ha partecipato e partecipa alle guerre d’Iraq.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’Italia ha partecipato e partecipa alla guerra in Afghanistan.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’Italia ha partecipato alla guerra in Libia contribuendo tra l’altro a creare il presente disastro.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’Italia ha aiutato e sostenuto i bombardamenti americani, collaborando nell’individuazione degli obiettivi.

Io non festeggio il 4 novembre, perché l’Italia ha partecipato e partecipa a programmi di collaborazione militare ed esercitazioni congiunte con l’esercito di Israele, responsabile di efferati crimini contro l’umanità in Palestina.

Io, soprattutto, non tollero che ai festeggiamenti ufficiali delle forze armate siano accompagnate le classi delle nostre scuole, i nostri bambini, in mezzo alle divise e alle armi, contribuendo a diffondere l’idea che quello del soldato sia un mestiere normale, e che le guerre siano «missioni umanitarie», quando non «di pace».

Fate le vostre guerre, se dovete, io non ve lo so impedire. Ma tenete via i bambini dalla guerra. Tenete lontane le vostre mani.

Ripubblico questa.

ACQUA GYM

E qualche volta neppure capisco
dov’è che vola, il cacciabombardiere:
il tuono pare ovunque per il cielo,
contemporaneamente.
Fosse a colpire, prenderei la bomba
sulla testa, senza poter sapere
a quale medicina sia dovuta
questa mia morte insulsa,
suggestivo effetto collaterale
di armi mai abbastanza umanitarie
per risparmiare i popoli soccorsi.

Ma non c’è rischio ancora:
nessuno lancia bombe sulla Puglia,
sui lidi e sugli scogli e sui consumi,
nessuno, finché la ruota non giri:
pace e vacanze al mare
a questa «portaerei naturale»
che, sulla Carta, ripudia la guerra;
volino ad altri la morte e il conflitto,
ché uccidere bisogna:
bisogna rinnovare gli arsenali
e mettere le mani sulla terra,
per fare nuove piste d’atterraggio.

L’altoparlante chiama:
la folla dei bagnanti si dispone
nell’acqua bassa della riva, pronte
al ballonzolio le pance e i glutei,
a ritmo di musica,
nel tonificante, consueto, rito.

[Mario Badino, «Barricate!», Edizioni END]

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